Lettera al re del Bhutan sul voto in Abruzzo

Aspettando il responso delle urne

15 Dicembre 2008   09:15  

Sua Maestà Jigme Khesar Wangchuck,

incarnazione di Matreya, Sovrano  Serenissimo del Bhutan.

Perdoni l'incipit un po’ improvvisato e goffo, ma è la prima volta che scriviamo ad un re.

Lei, deve sapere, gode presso di noi di grande fama e di sincera simpatia. Anche noi viviamo in una piccola regione, chiamata Abruzzo, dove ci sono tante montagne. Su di esse, è vero, non pascolano gli yak e i sacri takin, ma mucche e  pecore, che non sono sacre, ma dovrebbe comunque assaggiare il formaggio e gli arrosticini.

L'età media dei componenti del vostro parlamento è di trent'anni. Lei, Soave Sovrano, è stato incoronato a soli ventotto anni. Da noi a quell’età non si diventa nemmeno amministratore di condominio, o vice-presidente di un circolo ricreativo.

Lei, soprattutto, è impegnato a materializzare due sogni di suo Padre, il Glorioso Sovrano Jigme Singye Wangchuck: trasformare il Buthan in una democrazia e cambiare il metro di misura della ricchezza del suo popolo, sostituendo la Felicità interna lorda al Prodotto interno lordo. Il Pil, comprese suo padre, non tiene conto della luminosa e intatta bellezza dei paesaggi del Regno del drago d’oro, della purezza dell’acqua che sgorga dalle sorgenti e dell’aria che respirate. Ignora i bambini che disegnano mandala  con polvere di fiori che sarà spazzata via dal primo vento, e così facendo apprendono la fugacità delle cose e la felicità del creare disinteressato. Il Pil non contempla la vita semplice e dignitosa che scorre lenta come un mantra  nei villaggi e negli dzong. Ignora il fatto che il volume degli scambi  e il numero dei centri commerciali è molto basso perchè la maggioranza della popolazione auto-produce ciò di cui ha bisogno per vivere.

Il Pil, al contrario, cresce se si vendono e comprano  più merci, ma non interessa sapere quali; se si consumano più risorse, ma  non interessa sapere perché; se si corre veloci, ma non importa sapere dove. Cresce se si vendono tante pillole di nirvana in scatola, da noi chiamate psicofarmaci. Vede però, ora qui da noi, anche in Abruzzo, il Pil sta crollando. Bene, penserà lei. E invece no, per noi è un male, è una tragedia. ll nostro karma maledetto è quello di produrre, vendere e consumare  a ritmi sempre più frenetici. Altrimenti andiamo in crisi. In Abruzzo ad esempio, a causa del basso Pil, ci sono sempre più poveri, persone senza lavoro, e ci sono sempre meno soldi per fare investimenti e garantire i servizi essenziali.

Ma veniamo alla seconda ragione della Sua gloria, e di quella di suo Padre.Coerentemente al concetto di Felicità interna lorda avete deciso di indire libere elezioni, e di passare gradualmente alla democrazia. Giusto: il benessere spirituale del popolo significa anche scegliere responsabilmente da chi essere governati. Il popolo, avete pensato, mai voterebbe persone disoneste, incapaci o veri e propri  buffoni di corte, che metterebbero a rischio la felicità interna lorda del paese.

Vede…proprio per questo abbiamo deciso di scriverle.

Anche da noi c'è la democrazia ed è stata una grande conquista. Tiranni e re hanno fatto parecchi danni e li abbiamo mandati via. In questi giorni si vota proprio in Abruzzo, per scegliere le persone che risolveranno i  problemi e faranno funzionare le cose. Da noi si chiamano candidati, termine che non deriva da “candido come un fiore di loto”. In realtà il popolo non sceglie direttamente i candidati, deve solo fare una crocetta sul suo nome e su uno dei tanti simbolo colorati, con una matita. I candidati però li scelgono in realtà, in un modo o nell'altro, i partiti, congreghe specializzate nel risolvere i problemi del popolo.

Per antica tradizione diventano candidati gli uomini forti dei partiti, ovvio, ma anche le persone ricche e potenti, perché possono da subito cominciare a rendere felice il popolo. Per convincere a farsi votare è importante   trovare  lavoro ai propri sostenitori, distribuire  regali da noi molto graditi chiamati appalti , poltrone, consulenze, finanziamenti, sanatorie. Oppure, in cambio del voto, è bastevole offrire semplicemente un buon piatto di lenticchie, in rituali chiamati cene elettorali.

Ci sono molti candidati di professione. E' il loro lavoro e non hanno mai fatto altro nella vita. Per costoro le elezioni sono l'equivalente di un concorso, di una trafila burocratica all'ufficio di collocamento. I candidati appendono sui muri di città e villaggi le loro foto molto sorridenti.  Così per il popolo è più facile scegliere dove mettere la crocetta.Ci sono foto anche di persone molto anziane e fanno un po' tenerezza. Altre foto suscitano invece qualche perplessità. “Con quella faccia...ci sarà da fidarsi?” è un pensiero ricorrente dei passanti. 

I candidati fanno a gara nel promettere le cose più incredibili. Ripetono come un mantra parole come cambiamento, sviluppo, turismo, sostegno alle imprese, aiutare gli ultimi, basta sprechi, meritocrazia, competenza, serietà, nuova fase, voltare pagina, mai più. Ci tengono in particolare a presentarsi come volti nuovi della politica, come persone appena materializzatesi in questo mondo provenienti da altri universi, come una delle tante reincarnazioni di Shiva. 

Tutti poi rimarcano in continuazione di essere persone pulite, oneste e senza precedenti penali. Dovrebbe essere ovvio, penserà Lei, a che serve sottolinearlo? Vede, da noi non è affatto ovvio. In Abruzzo ad esempio si vota perchè il presidente che c'era prima lo hanno arrestato, insieme a suoi stretti collaboratori. Lo accusano di aver preso soldi da un potente uomo di medicina, il corrispettivo dei vostri sciamani,  accusato però di praticare magia nera: riusciva infatti a mettere anche tre pazienti in uno stesso letto senza che nessuno dei tre se ne accorgesse, moltiplicava le malattie immaginarie da lui curate e i relativi i compensi per cure altrettanto immaginarie.Nel governo nazionale, sono stati poi eletti molti candidati che hanno commesso reati, e non in qualità di esperti in tema di giustizia e criminalità. Da noi infatti i posti più sicuri dove rifugiarsi per non farsi arrestare sono proprio i palazzi del governo nazionale.

Contate le crocette e proclamato il nuovo presidente le cose cambiano. Nel senso che a differenza di quanto promesso, di solito cambia poco o nulla. Il nirvana da noi è un miraggio, tutti rimaniamo imprigionati, di votazione in votazione nel circolo delle reincarnazioni  dei candidati e delle esistenze, o per meglio dire del tirare a campare.

Molti solenni impegni vengono riposti nel cassetto, buoni per le prossime elezioni. Un impegno in particolare: la riduzione dei costi della politica. Vede, deve sapere che qui da noi, chi viene eletto è trattato come il più viziato dei suoi nobili, gode di privilegi degni di un baba o di un mandarino. Dirà lei: “Devono provare in prima persona cosa significa la felicità interna lorda”. Può darsi... ma  così facendo non rendono felice il popolo, che è anzi sempre più  arrabbiato, va sempre meno a votare,  e sono sempre di più quelli che vorrebbero il ritorno del tiranno.

Prima del voto sembrava tutto possibile, tutto di facile e immediata soluzione. Dopo il voto il nuovo presidente comincia a prendere tempo istituendo tavoli, osservatori, percorsi di concertazione per studiare più a fondo i problemi. Ma le soluzioni non arrivano mai. Molte promesse, si scopre dopo il voto, non si possono mantenere, ma questo, è solito spiegare il nuovo presidente al popolo deluso, “per colpa di chi ci ha preceduto, della pesante eredità che ci ha lasciato”.

Lei meritoriamente vuole trasformare il suo regno in una democrazia. Un umile suggerimento: per il momento non prenda come esempio  il nostro verde e bellissimo Abruzzo. Ci sono modelli migliori a cui ispirarsi.  

Che il luminoso  monte Jhomolhari, dimora degli dei, renda sagge le Sue scelte. 

Cordiali  saluti

Filippo Tronca

 

 


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