Lettera aperta di Carlo Troilo ad Ottaviano Del Turco

18 Luglio 2008   14:40  
Sono legato ad Ottaviano Del Turco da un trentennale rapporto di comune militanza politica nel PSI: lo stesso partito di cui per tutta la vita fu militante ed autorevole esponente mio padre Ettore Troilo, fondatore e comandante della Brigata Maiella. Mai, in tutti questi lunghi anni, ho saputo o sentito di sospetti sulla sua onestà personale, ed anzi ho seguito il suo costante impegno, nel sindacato e nel partito, per cause politiche di alto valore morale, compreso il tentativo di salvare in extremis, con metodi trasparenti, il Partito Socialista, travolto dalla vicenda di “mani pulite”. Inoltre, come presidente della Regione, Del Turco si è impegnato in una serie di iniziative volte a tener vivo, soprattutto tra i giovani, il ricordo della Brigata Maiella. Per queste ragioni voglio esprimergli pubblicamente la mia piena solidarietà personale e politica, con l’augurio che le accuse contro di lui si rivelino infondate.Avrei dovuto, come si usa un po’ ritualmente, esordire con una dichiarazione di fiducia nella Magistratura. Mi riesce difficile farlo perché non vedo nella azione della Procura di Pescara nemmeno l’ombra di quella serenità di comportamento e di giudizio che dovrebbe sempre accompagnare la giusta severità delle procedure. Non solo, infatti, il dottor Trifuoggi ha scelto la traduzione in carcere benché non vi fosse alcuna delle ragioni che normalmente giustificano questa misura estrema (possibilità di fuga, o di reiterazione del reato, o di inquinamento delle prove), ma dopo essersi notevolmente sbilanciato (“una barca di soldi……una valanga di prove”) ha ammesso nella ordinanza che quei soldi non sono stati trovati. La cosa più grave sono però le parole, piene di livore e di inaudita violenza, certamente più adatte per parlare di un boss mafioso, che egli ha usato nei confronti di Del Turco, già unanimemente stimato da tutte le forze politiche proprio come presidente della Commissione Parlamentare Antimafia: “Un profilo delinquenziale non comune – si dice nella ordinanza - che lascia ritenere pressoché certa, indipendentemente da dimissioni da incarichi pubblici, la reiterazione degli stessi reati per i quali si procede”. Un giudizio – quasi lombrosiano nello spirito e nella lettera - che è già una condanna, e addirittura esclude anche quella possibilità di futura “redenzione”che dovrebbe essere lo scopo primario della pena. Questi comportamenti e queste dichiarazioni hanno indotto - per citare solo alcuni dei molti attestati di solidarietà - Marco Pannella ad una preoccupata e preoccupante dichiarazione (“Non mi piace che Del Turco sia in isolamento nel carcere di Sulmona……..Non mi piacciono carceri nei quali ci sono suicidi”) e Giuliano Amato ad essere meno “sottile” del solito (“Non riesco a trovare credibile una accusa del genere contro di lui”). Ma perfino il massimo esperto delle vicende politiche ed economiche dell’Abruzzo, Remo Gaspari, sempre cauto nelle sue prese di posizione, ha dichiarato, con l’abilità dialettica del vecchio doroteo, che “Il dottor Trifuogli forse ha esagerato, forse è un poco amante della scena”.

Ora che si è correttamente dimesso dalla presidenza della Regione – una regione che si è sempre distinta per l’onestà dei suoi cittadini e la capacità di respingere le infiltrazioni mafiose – Del Turco e tutti gli abruzzesi hanno il diritto di conoscere dai giudici, in tempi brevissimi, tutta la verità, quale che sia.

di Carlo Troilo


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