Davanti al gip di Pescara, il 69enne accusato di aver ucciso l’ex moglie si avvale del silenzio, mentre emergono dettagli inquietanti e nuovi interrogativi.
Nel carcere di Pescara, si è tenuta questa mattina l’udienza di convalida per Antonio Mancini, 69 anni, accusato dell’omicidio della ex moglie Cleria Mancini (66 anni) e del tentato omicidio del nipote di 12 anni. Con il gip Francesco Marino di fronte, Mancini ha scelto di non rispondere, avvalendosi della facoltà riconosciutagli dalla legge.
Era inizialmente assistito dall’avvocato d’ufficio Marcello Cordoma, che al termine dell’udienza ha annunciato: «Su mio consiglio, si è avvalso del silenzio per non compromettere la strategia difensiva». Subito dopo Mancini ha nominato come suo difensore di fiducia l’avvocato Luca Pellegrini.
Nel corso del colloquio in carcere con Cordoma, Mancini avrebbe dichiarato che «i colpi sono partiti per **sbaglio»» e di non avere alcun ricordo di quanto accaduto. È imputato per omicidio volontario, tentato omicidio aggravato, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale, reati aggravati anche per il vincolo familiare.
Secondo fonti giudiziarie, l’autopsia eseguita sulla salma di Cleria ha accertato che un colpo d’arma da fuoco ha raggiunto il suo cuore, provocando un decesso immediato. Nell’atto di convalida, il giudice ha preso atto del silenzio dell’imputato senza spingere all’immediata assunzione di responsabilità in aula.
La vicenda – scatenata il 9 ottobre nel pomeriggio, quando Cleria fu colpita in strada all’ingresso del paese – ha già suscitato reazioni forti nella comunità locale, che attende chiarimenti netti su motivazioni e dinamiche.
Le indagini proseguiranno con interrogatori, accertamenti balistici e perizie psichiatriche, come suggerito dalla difesa, che potrebbe puntare a ridimensionare la volontarietà dell’atto. Nel frattempo, il silenzio di Mancini accentua il mistero attorno a un duplice fatto tragico di sangue, interrogando la giustizia e il senso di protezione per le vittime innocenti.