Macerie post terremoto, a L'Aquila atti alla Corte dei Conti. E in Emilia 15 indagati

17 Gennaio 2014   10:48  

Non è un cancro aquilano, non è la città dei corrotti. E' che lì dove ci sono i soldi, in un sistema dove i controlli scarseggiano, si rischia di perdere la testa. E a fare chiarezza ci pensa, a cose fatte, la magistratura.

Come spiegava giorni fa il giornalista Antonello Caporale “i soldi affamano”.

Ed è così che mentre l'Aquila è profondamente scossa dal caso delle tangenti sulla ricostruzione, con un sindaco dimesso che viene tirato da tutti per cambi idea o confermi la scelta, che sotto le macerie della politica altre macerie quelle vere, spuntano in un nuovo filone di inchiesta che potrebbe far saltare qualcuno.

C’è un nuovo capitolo nell’ambito dei complessi accertamenti giudiziari sul post-terremoto attivati dalla Procura distrettuale antimafia, e riguarda macerie che sarebbero state pagate ad un costo superiore da quello di legge.

I carabinieri del Nucleo operativo ecologico, partiti dal sequestro di un cassone di macerie del Duomo, che stavano per finire nella discarica di un privato, hanno ricostruito la rete delle ditte incaricate e degli enti autorizzatori. Le indagini avviate hanno permesso di accertare che il lavoro di smaltimento di macerie era stato correttamente affidato ai soggetti preposti. Questo nella maggiornaza dei casi, tranne in una decina di casi. Titolati ad operare nel centro storico erano vigili del fuoco ed esercito ma nei casi suddetti spuntano dei privati chiamati direttamente alla rimozione delle macerie, e liquidati con decine di migliaia di euro.

In realtà questo fatto, rispetto allo stato delle cose, è davvero piccola cosa.

Nella nuova indagine si ipotizza una responsabilità contabile per danno erariale risalente alla gestione dell’ex vicecommissario Luciano Marchetti. Le rimozioni finite nel mirino dell'inchiesta riguarderebbero chiese della città e del suo circondario: due appalti per la Cattedrale di San Massimo e altri lavori per Santa Giusta all’Aquila, San Michele di Villa Sant’Angelo, Sant’Eusanio Forconese, San Donato di Fagnano Alto, Santi Stefano e Silvestro di Castelnuovo di San Pio delle Camere. Lavori affidati anche a grosse imprese dell’Aquilano.

Tutto questo accadeva a L'Aquila, e, ad eccezione di un caso, per il quale è in corso il processo, non sono stati ravvisati danni ambientali. Gli atti alla Procura evidenziando un possibile danno erariale. A quel punto il pm, su autorizzazione del gip, ha trasmesso il fascicolo alla Corte dei Conti per le eventuali determinazioni.

Intanto con il tempo una nuova tragedia si abbattè sull'Italia, il terremoto dell'Emilia ed escono nuove drammatiche rivelazioni su come anche in Emilia i “soldi hanno affamato”.

In Emilia il fatto è ben più pesante.

Come riporta il Fatto Quotidino si tratta di gestione illecita di rifiuti e cessione di opere in subappalto senza autorizzazione.

Si è conclusa con una quindicina di avvisi di fine indagine recapitati ad altrettante ditte, la maxi inchiesta condotta dalla Procura di Modena sullo smaltimento delle macerie del post terremoto del 2012 in Emilia. Un’inchiesta, avviata a pochi mesi dai fenomeni sismici e conclusa lo scorso dicembre, che riguarderebbe, secondo la Procura, circa 200.000 tonnellate di materiale gestito in maniera irregolare, trasportato e smaltito in quattro discariche –Mirandola, Medolla, Fossoli e Modena – da ditte che non disponevano delle necessarie autorizzazioni a procedere. E con la possibilità, non esclusa dal procuratore Modena Vito Zincani, che tra quei resti di case, edifici pubblici e aziende gestiti irregolarmente, ci fosse anche l’amianto.

L’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Marco Niccolini, oggi vede una quindicina di imprenditori e legali rappresentanti di altrettante ditte modenesi, reggiane, mantovane e del Sud Italia destinatari di avvisi di fine indagine, a cui potrebbero seguire richieste di rinvio a giudizio.

“Gli ultimi fatti giudiziari, dalla vicenda delle tangenti legate alla ricostruzione dell’Aquila che coinvolgono la Steda Spa, nel contempo impegnata su quattro grandi cantieri nella Bassa modenese per lavori di 13 milioni di euro, alla chiusura delle indagini preliminari presso la Procura di Modena, con una quindicina di indagati tra imprenditori e legali di ditte coinvolte in subappalti abusivi nello smaltimento delle macerie del nostro sisma – spiega al Fatto Quotidiano Franco Zavatti, coordinatore legalità e sicurezza della Cgil Emilia Romagna – non vanno sottovalutati perché testimoniano la situazione della realtà modenese per quanto riguarda il sistema degli appalti pubblici.

Una situazione oggetto di evidenti criticità che da tempo si segnalano e che richiedono urgenti interventi correttivi”. Secondo i dati raccolti dalla Cgil territoriale, infatti, “il criterio di aggiudicazione dei lavori è basato, per circa l’88% delle assegnazioni, sul sistema del massimo ribasso, con offerte in molti casi eccessivamente deprezzate – continua Zavatti – in un terzo dei lavori, poi, i ribassi superano il 20%, con numerosi casi che sforano il 30% e perfino il 40%. E ciò nonostante, in ogni dichiarazione pubblica sulla legalità, trasparenza ed anticorruzione, si sentono formulare impegni di segno opposto”


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