Malasanità? Malcostume? Rassegnazione...

L'AIC sta a guardare.

21 Luglio 2010   11:58  

In Abruzzo sono più di 4.000 i pazienti affetti da intolleranza al glutine (in Italia si stimano in più di 150mila), molti dei quali associati all'AIC (Associazione Italiana Celiachia).

Il glutine è una sostanza lipoproteica presente principalmente nell'endosperma delle cariossidi dei cereali quali frumento, farro, segale, kamut e orzo. Il paziente affetto da questa intolleranza ha come unica "cura" la non assunzione della sostanza e, quindi, negli anni si è sviluppata una cucina, anche industriale, specifica definita gluten free o senza glutine.

Dal 2005 dopo 4 anni di discussione in parlamento anche il Ministero della Sanità ha riconosciuto questo tipo di intolleranza aiutando i pazienti con l'ausilio di speciali buoni "da spendere" per l'acquisto di prodotti in negozi/farmacie convenzionate. (fino a 130 euro mensili per gli uomini adulti, 100 euro per le donne e una sessantina per i bambini da poter spendere solo nella propria regione di residenza, quindi se siete studenti fuori sede o militari... ve ne tornate a casa a fare la spesa)

Il boom del gluten free.

L'industria che stava nascendo alle spalle di questa intolleranza a questo punto fa il suo "boom" e molti iniziano la produzione di linee speciali senza glutine, come molti altri si specializzano abbandonando completamente "il normale".

Aumentano anche i casi di pazienti celiaci, dovuti anche a tutta la letteratura scientifica che vi si sviluppa attorno e alla "scoperta" anche dei medici di famiglia dell'intolleranza da glutine.

L'AIC prende "vigore" ed inizia una serie di trattative con alcuni giganti dell'alimentazione per dare la possibilità ai pazienti affetti dall'intolleranza di poter mangiare in pizzeria, al ristorante, di fare vacanze tranquille, di andare in crociera. Organizza anche corsi di cucina specifici per prodotti senza glutine e campagne di sensibilizzazione con personaggi famosi che si sono scoperti celiaci anche loro.

Tutto rose e fiori?

Entrando in una farmacia e guardando con attenzione lo scaffale pieno di prodotti senza glutine la prima cosa che salta all'occhio è però il costo esagerato di qualsiasi cosa che arriva a superare il triplo dell'equivalente "normale". Inoltre i prodotti sono sempre pochi (perchè le farmacie o i negozi hanno paura dell'invenduto). I buoni, nati per questo, non riescono a pareggiare il costo con i prodotti "normali" e ci si ritrova sempre a comprare ad esempio una barretta di cioccolata dal costo "normale" di 1 euro al costo gluten free di 3 euro.

Come giustifica l'industria del gluten free questa cosa?

Costi di produzione maggiori li chiamano, in realtà una linea che produce il pane senza glutine è identica ad una normale, l'importante è utilizzarla solo per quello scopo e proprio non si capisce come un'azienda che fa solo senza glutine o uno stabilimento adibito a quello possa spendere più del "normale".

L'AIC ed il suo piano per "l'Alimentazione Fuori Casa"

I dolori vengono, però, quando il celiaco vuol mangiare fuori casa.

I locali certificati sono pochi, quelli che si attrezzano un  po' di più ma mai tantissimi, se pensiamo che nella capitale ce ne sono una quarantina capiamo la proporzione.

Con questa campagna l'associazione celiachia ha voluto sensibilizzare i ristoratori a "fare il senza glutine", ma chiaramente il piano sta fallendo nelle sue intenzioni iniziali.

Si pensi che molti ristoratori impongono un sovrapprezzo al senza glutine, altri non danno la disponibilità che di pochi piatti su menù e quasi tutti devono essere avvertiti almeno 2 o 3 ore prima "per organizzarsi".

L'Associazione su questo fa spallucce, interpellati un addetto ci dice, "guardi ringraziamo che lo fanno...", forse l'AIC non ricorda che l'intolleranza da glutine è riconsciuta dal ministero e una pizza margherita senza glutine non è un privilegio, ma una necessità terapeutica.

Senza glutine o con glutine non si può far pagare un sovrapprezzo su questo, altrimenti i ristoratori dovrebbero far pagare un plus anche ai disabili per il bagno loro riservato e gli scivoli o le donne incinta perchè occupano più spazio o i fumatori per gli aeratori obbligatori!

L'AIC non mendichi i propri diritti.

Il celiaco non è un disabile, ma è malato, ha un'intolleranza grave che va curata con la dieta e questo è stato certificato anche dal Ministero della Sanità, l'AIC ha il dovere di controllare i prezzi degli esercenti e dell'industria che devono essere identici (o giù di lì) per i prodotti con glutine e senza glutine e comunque sempre "giustificabili" e non di cartello.

L'AIC deve controllare che i locali convenzionati diano lo stesso menù a tutti o, almeno, per buona parte di esso, altrimenti il ristoratore non dovrà avere diritto alla convenzione.

Il celiaco come business.

Oggi il celiaco è più un pollo da spennare che deve ringraziare se trova un cracker o se il ristoratore gli fa una bistecca. Questo oggi è intollerabile.

La sproporzione dei prezzi degli alimenti, la sproporzione dei prezzi della ristorazione e la disuguaglianza nella scelta sono un malcostume che l'associazione non può avvallare in alcun modo.

Appreziamo gli sforzi, ma è giunto il momento di chiedere di più all'industria alimentare, alla ristorazione ed alla ricettività turistica.

Un celiaco ha diritto di vivere come tutti gli altri e la sua associazione deve tutelarlo in questo.

LO STATUTO DELL'ASSOCIAZIONE ITALIANA CELICHIA

 


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