Mario e Barbara Alinovi raccontano a Rai Uno la storia di Paolo, neonato morto al Santo Spirito

08 Aprile 2011   16:37  

Tornano in tv per chiedere giustizia per il loro piccolo Paolo, morto il 28 luglio 2009 al Santo Spirito di Pescara dopo una operazione.

Mario Alinovi e Barbara Maragna hanno raccontato quella che considerano una vicenda di malasanità oggi pomeriggio a Rai Uno, nella trasmissione di Paola Perego.

Aveva meno di tre mesi di vita, il piccolo Paolo Alinovi, che il prossimo sei maggio avrebbe compiuto due anni di vita.

"Chi sbaglia deve pagare", hanno ribadito Mario e Barbara, raccontando la loro storia: "Il 6 maggio 2009 il bimbo è nato a Vasto. Aveva dei piccoli problemi respiratori. All'ospedale di Pescara gli è stato riscontrato un megacolon, una occlusione intestinale, che i medici hanno definito 'meno di un'appendicite'".
L'estate seguente, ha proseguito, "torniamo a Pescara e il medico mi dice che il bimbo è cresciuto e si può operare. Rimango perplessa perché l'intervento era previsto a fine anno. Il ricovero avviene il 26 luglio, il 28 l'operazione. Mi dicono che durerà due ore e mezza. Ma il bimbo entra in sala operatoria alle 8.30 ed esce alle 17.45, dopo 9 ore e un quarto. Alle 15 esce il medico dicendo che il bambino sta bene. Subito dopo, però, tre infermieri lo invitano a rientrare. Poi un altro dottore dice che al bimbo è stato applicato un catetere per alimentarlo. Quando Paolo esce dalla sala operatoria, non lo portano in rianimazione, ma in reparto, sostenendo che sta bene e non ce n'è bisogno".

Col trascorrere delle ore, però, le condizioni del piccolo Paolo peggiorano, "smette di urinare -racconta ancora la madre - esce il sangue. Chiedo l'intervento dei sanitari e vengo sempre rassicurata" aggiunge. Fino a quando, "dopo tre arresti cardiaci, il bambino muore". 

Mario e Barbara hanno più volte manifestato nel corso di questi quasi due anni, davanti l'ospedale pescarese - dove il padre si è anche incatenato - e davanti la Procura della Repubblica del capoluogo adriatico.

"Continuiamo la nostra battaglia - dicono - per chiedere giustizia e verita' per la morte del piccolo Paolo, avvenuta per responsabilita' medica. Il nostro percorso per fare giustizia non finira' fino a quando non vedremo i medici condannati. Vogliamo credere ancora alle istituzioni e pensare che la nostra battaglia possa essere di ausilio per altri casi insabbiati dai poteri forti".


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