Muore dopo trapianto di cuore, i medici del San Camillo: "L'organo impiantato era sano"

27 Settembre 2017   13:36  

"Ciò che è scritto sui giornali è un falso". Il cuore impiantato al San Camillo di Roma lo scorso anno "era sano. Tra l'altro non apparteneva a un 60enne come riportato da alcuni media, ma a un 46enne morto dopo un tuffo in piscina". Lo ha spiegato il direttore del Centro trapianti del San Camillo di Roma, Francesco Musumeci, che, nel corso di una conferenza stampa in ospedale, si è detto "rammaricato e stupito" per quanto appreso dai giornali.

Oltre all'età del donatore, risulta infondata anche il presunto cattivo stato dell'organo impiantato, sottolinea Musumeci ricordando che il cuore del donatore era stato sottoposto a coronarografia, ecocardiogramma e non aveva avuto necessità nemmeno di farmaci, considerato il suo buono stato.

Ad assicurare che il cuore trapiantato era idoneo è il direttore del Centro nazionale trapianti Alessandro Nanni Costa: "E' stata eseguita una valutazione" attraverso "un elettrocardiogramma e una ecocardiografia, che esamina l'organo a livello strutturale e funzionale, oltre a una coronarografia. I test sono risultati negativi. Per la nostra rete trapiantologica - spiega all'AdnKronos Salute - questo cuore rispettava i criteri di idoneità. Poi la valutazione passa al gruppo chirurgico che lo prende in carico, in questo caso il S.Camillo".

"L'équipe chirurgica - prosegue - è quella che va a prendere l'organo e ne verifica il funzionamento. Ho appena parlato con il chirurgo che ha operato, mi ha detto che era tutto a posto e la funzionalità cardiaca è stata verificata in vivo. I familiari hanno citato problemi nel trasporto dell'organo, ma noi abbiamo rilevato tempi corretti fra il prelievo del cuore e il trapianto. In ogni caso, anche il Cnt ha eseguito un audit e lo ha consegnato all'autorità giudiziaria. Qui noi ci fermiamo. Tutti i dati a nostra disposizione sono stati consegnati in totale trasparenza all'autorità giudiziaria, ma è chiaro che non possiamo vedere il referto anatomo-patologico dell'organo".

"Su questo caso - tiene a precisare Nanni Costa - sono state dette alcune imprecisioni" sull'età del paziente che ha donato il cuore e sulle sue condizioni. "Si è buttato in piscina da uno stato di pieno benessere. Si è sentito male, i soccorritori hanno fatto ripartire il cuore ma il cervello risultava già compromesso. Dopo 24 ore è stata dichiarata la morte encefalica. Ma non abbiamo potuto vedere il referto anatomo-patologico del ricevente poi deceduto, e immagino che sia da lì che si potranno evincere eventuali problemi".

"Ma bisogna pur ricordare che in un trapianto i rischi e le problematiche ci sono, anche agendo perfettamente - puntualizza l'esperto - perché fanno parte dell'attività trapiantologica. Se un chirurgo promette un successo del 100%, dice una bugia. Per il trapianto al cuore vantiamo una sopravvivenza sopra l'80% a un anno dall'intervento, ma c'è sempre quella quota di 20%" che purtroppo non ce la fa".


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