Nando, morto sul lavoro. Il sangue e la statistica

di Samanta di Persio

10 Dicembre 2008   13:38  

Il capoluogo abruzzese nuovamente torna ad essere nelle cronache nere del lavoro. La morte di Nando Pettinaro non può passare in secondo piano questa volta. Non può essere un numero che si aggiunge accanto a Misljim Memetal, Daniel Gabriel Placinta, Umberto Centofanti, Pasquale Pietrantonio sono solo alcuni di color che hanno perso la vita nella provincia dell'Aquila nel 2008. Bisogna indignarsi quando muore un lavoratore perché con lui muore un uomo, una famiglia, vengono spazzati via tutti i sogni, i progetti per il futuro.

Questa sarà l’ennesima “tragica fatalità” dove se ne parlerà al massimo due giorni, e poi tutto finirà nel dimenticatoio, ma ci sarà il processo e la burocrazia e soprattutto non era una fatalità. Su circa 1300 morti ogni anno, troppi potevano essere evitati con un minimo di buon senso e rispetto delle regole. In prima pagina tutti gli spacciatori, con tanto di foto. Dei processi sul lavoro non se ne parla.  Parlando con chi resta si può sapere che la maggior parte non finiscono come quello della Thyssen Krupp, cioè con rinvio a giudizio per omicidio volontario. Nella migliore delle ipotesi si concludono con qualche mese di reclusione per omicidio colposo e nella peggiore con prescrizioni. C’è un vuoto di informazione.

Di soluzioni ed alternative all’insicurezza nei luoghi di lavoro, se ne parla nelle conferenze destinate ad una nicchia di interessati. Ma se muoiono 4 lavoratori al giorno, significa che ogni giorno, ogni lavoratore è candidato a non tornare più a casa. Il dolore per i familiari è incolmabile. I loro sguardi ed i sentimenti saranno induriti per sempre.

Questa città è un cantiere aperto. Ho visto lavoratori operare sulle impalcature senza nemmeno un elmetto. Ho parlato con gli operai e sono due gli scenari che hanno descritto. Nel primo l’azienda non provvede a fornire i dispositivi di sicurezza, nel secondo l’azienda è scrupolosa provvede alla messa in sicurezza dei dipendenti ma sono quest’ultimi a non utilizzare protezioni perché impacciano i movimenti, perché a loro non può accadere nulla conoscendo bene il mestiere.

Se i problemi sono questi, perché non si prendono provvedimenti? Possono arrivare dal locale, non devono essere sempre presi dall’alto. Ad esempio la provincia di Roma sta formando una polizia provinciale da affiancare  agli di ispettori asl e del lavoro e che possa fare formazione nelle aziende.   Se manca una cultura della sicurezza sul lavoro, sia per i datori che per i lavoratori, anche un governo locale dovrebbe tutelare l’incolumità di ogni cittadino. Il concetto da cui bisogna partire è che non c’è produzione, economia, macchinario che possa valere la vita di qualsiasi lavoratore.

Samanta di Persio è autrice del libro “Morti bianche”

La morte di Nando

Aveva 44 anni Nando Pettinaro, di Montereale, in provincia dell'Aquila, l'operaio morto nell'incidente sul lavoro avvenuto nella frazione di Patarico, ad Amatrice, nel reatino. Gli altri due feriti sono il titolare dell'impresa che stava svolgendo i lavori, Alessio Rosati, 42 anni, di Amatrice, ed un altro operaio, Fredi Kanami, 32 anni, albanese ma residente ad Amatrice. Secondo le prime ricostruzioni fatte dai carabinieri di Cittaducale e di Rieti, Rosati era insieme ai due operai nello scavo di un'abitazione privata per la ristrutturazione di una fognatura, quando le pareti dello scavo sono crollate seppellendo i tre uomini. Rosati e Kanami sono stati ricoverati in gravi condizioni nell'ospedale provinciale San Camillo dé Lellis di Rieti. Ora i carabinieri sono a lavoro per ricostruire la dinamica dell'incidente.
 
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