'Ndrangheta nella ricostruzione: l'imprenditore Biasini si difende

23 Dicembre 2011   13:53  

Il giudice per le indagini preliminari del tribunale dell'Aquila, Marco Billi, ha concesso gli arresti domiciliari a Massimo Maria Valenti, uno dei quattro arrestati nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla procura della Repubblica del capoluogo sui presunti rapporti tra 'ndrangheta e imprenditoria locale per la ricostruzione post-sisma.

Ieri prima giornata di interrogatori condotti dal Gip Billi e dal pubblico ministero Fabio Picuti, davanti ai quali, oltre a Valenti, è comparso anche un altro degli indagati, l'imprenditore aquilano Stefano Biasini, interrogato per tre ore. Secondo gli avvocati di fiducia, Attilio Cecchini e Vincenzo Salvi, Biasini ha riposto alle domande formulate dai due magistrati, dimostrando i rapporti di conoscenza con i presunti affiliati alla cosca mafiosa Caridi Zindato si sono interrotti da oltre un anno.

Parlando dei lavori di ristrutturazione degli immobili danneggiati dal sisma, su cui la procura vuole vederci chiaro, Biasini ha affermato che sono stati eseguiti solo dalla sua società e che ai presunti soci in affari affiliati alla 'ndrangheta, l'indagato avrebbe riservato solo la realizzazione di un marciapiede della propria abitazione. 

La decisione di alleggerire la misura cautelare di Valenti è stata presa soprattutto a causa delle sue condizioni di salute.

Ha un'invalidità del 100 per cento e oggi è stato accompagnato in Tribunale con un'autoambulanza scortata da una macchina della polizia Penitenziaria. Il pm Picuti ha insistito nella misura cautelare in carcere per Biasini anche per verificare la corrispondenza con quanto dichiarato oggi dallo stesso indagato. Il Gip si è riservato di decidere entro pochi giorni. Gli avvocati hanno presentato istanza di revoca della misura con la richiesta, in subordine, degli arresti domiciliari.

Gli altri indagati nell'ambito della stessa operazione antimafia sono Antonino Vincenzo Valenti, 45 anni, originario di Reggio Calabria, e Francesco Ielo, 58, anch'egli reggino ma residente ad Albenga (Savona).

Coordinate dal procuratore capo Alfredo Rossini, le indagini sono durate circa due anni e hanno evidenziato il forte interessamento degli esponenti della cosca reggina ai lavori di ricostruzione degli immobili da parte dei privati, nel cui ambito non è prevista alcuna procedura a evidenza pubblica né alcuna certificazione antimafia per l'impresa individuata per l'esecuzione dei lavori.


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