Nero petrolio o verde d'Abruzzo?

16 Novembre 2009   14:16  

Scrive il Comitato Emergenzambiente:

'' Sentire l'Assessore Regionale all'Ambiente Daniela Stati parlare del petrolio in Abruzzo è senz'altro un avvenimento eccezionale per tutti coloro che, comitati,associazioni, semplici cittadini, dall'atto del suo insediamento, non hanno fatto altro che chiederle di dire qualcosa sull'argomento che preoccupa la popolazione abruzzese, ma che sembra esulare dalle sue competenze e perfino dai suoi pensieri.

I riflettori della stampa nazionale sono puntati sul progetto di petrolizzare metà della regione Abruzzo.
Ieri, sia il Corriere della Sera che La Repubblica hanno dedicato ampio spazio al tema, trasformando quella che sembrava una questione ortonese/abruzzese in un caso nazionale.

Il Corriere titola: "Battaglia biparistan contro le trivelle" e spiega al resto d'Italia che la popolazione è stata straordinariamente compatta ed attiva nel denunciare, nell'esigere risposte, e nello spronare il Ministero dell'Ambiente a bocciare progetti petroliferi presenti e futuri.

Di fronte a questa enorme partecipazione popolare, Emergenza Ambiente Abruzzo, rete di sessanta associazioni civili, ambientali e culturali, rinnova la propria richiesta a Gianni Chiodi ed a Daniela Stati di pronunciarsi in maniera chiara riguardo le iniziative concrete che la Giunta regionale vorrà intraprendere, quando mancano solo 46 giorni alla scadenza della moratoria regionale, fissata per il 31 dicembre 2009.
Emergenza Ambiente Abruzzo ricorda di aver richiesto al Presidente Chiodi un incontro da mesi senza mai essere ricevuta. È scandaloso che un Presidente eletto dai cittadini e pagato dai cittadini non trovi il tempo di confrontarsi con loro!


Daniela Stati riferisce al Corriere della Sera - ma non ai cittadini che invano la interrogano da dieci mesi – che: "Stiamo mettendo in piedi una serie di
iniziative per portare avanti quello che il presidente Chiodi ha promesso in campagna elettorale". Ed aggiunge: "Ad oggi io le posso parlare di una volontà politica. E non mi sembra poco".

È invece molto poco! Emergenza Ambiente Abruzzo ritiene che sia antidemocratico non rendere partecipe la popolazione di queste iniziative e considera del tutto insufficiente una non meglio specificata volontà politica, peraltro disgiunta dai fatti.

Emergenza Ambiente Abruzzo rinnova la richiesta di incontro e chiede che venga immediatamente approvata una moratoria di trenta anni sulle operazioni di trivellamento e di estrazione di idrocarburi sul suolo regionale che, come ricorda l’Assessore, dovrebbe essere la terra dei parchi.

Ricordiamo la legge Marzano, la 239 del 2004, stabilisce all’articolo 1 che “Lo Stato e le Regioni … garantiscono … l’ adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni... nonché la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, e del paesaggio, in conformità alla normativa nazionale, comunitaria e agli accordi internazionali”. Dove per equilibrio territoriale si intende una distribuzione “equa” su tutto il territorio nazionale. La Regione Piemonte, invece di esprimere semplici giudizi politici, agisce anche in virtù di quella legge.''

 

L'articolo del Corriere della sera



NERO PETROLIO O VERDE D'ABRUZZO?
Battaglia bipartisan contro le trivelle. I sindaci della costa: «Referendum». Gli ambientalisti: «Moratoria». L'assessore Stati: «Un falso problema»



MILANO - Raccontano che anche il "santo eremita" amasse quel tratto di mare. Pietro da Morrone, futuro Celestino V, saliva sui colli di Fossacesia per godersi da lassù l'Adriatico "punteggiato di trabocchi". Le tipiche piattaforme di legno dei pescatori sono ancora lì, simbolo di una delle coste più belle d'Abruzzo: i dépliant di promozione turistica della "Regione dei Parchi" descrivono con enfasi le «dolci colline coltivate che fanno da scenografia a questo mare». Ma da quelle parti, davanti alla spiaggia di Ortona, potrebbe presto sorgere una nuova piattaforma. Di un genere ben diverso dalle antiche macchine da pesca. Si tratta del progetto Elsa2 della Vega Oil: un pozzo per la ricerca di idrocarburi da trivellare a 7 km dalla costa.

IL RAPPORTO - La prospettiva non piace per niente al movimento trasversale di cittadini, associazioni, sindaci e produttori che si è saldato sul territorio (e in Rete) contro quella che è stata definita una «deriva petrolifera». Anche perché il pozzo della Vega Oil – società controllata dalla canadese Cygam - non è un caso isolato. Anzi. Sono diverse le compagnie che negli ultimi anni si sono interessate all'Abruzzo: Eni, Petroceltic, Medoilgas... Secondo quanto si legge in un dossier pubblicato a febbraio da WWF e Legambiente, e ricavato dall'elaborazione dei dati del Ministero dello Sviluppo Economico, circa il 50% del territorio abruzzese è interessato da istanze, permessi e concessioni riguardanti la ricerca e l'estrazione di idrocarburi (qui il documento in pdf). In pratica, circa i tre quarti dei Comuni (221) e l'80% della popolazione regionale. Non solo: l'Abruzzo è la seconda regione in Italia per «superficie complessivamente occupata da permessi di ricerca e concessioni di coltivazione»: il 34% del territorio è già stato assegnato. Anche perché, come spiega il Rapporto Annuale 2008 del Dipartimento dell'Energia, l'area di un titolo minerario (che, va precisato, non è sempre legato al petrolio) risulta molto superiore a quella effettivamente occupata dagli impianti. Il "cuore verde d'Europa", che ospita tre parchi nazionali e decine di riserve naturali, ha scoperto insomma di avere un'inaspettata vocazione mineraria.

LE OSSERVAZIONI - Dopo gli appelli, le manifestazioni e i volantini, la mossa di comitati e ambientalisti è stata quella di raccogliere e inviare al ministero dell'Ambiente una serie di osservazioni contrarie alla costruzione della piattaforma Elsa2. Semplici cittadini, associazioni di categoria, operatori turistici e professori universitari (come Maria Rita D'Orsogna, che lavora alla California State University di Los Angeles e che da tempo si batte per fermare le trivelle) hanno preso carta e penna e hanno stilato le loro relazioni tecniche, cercando di smontare punto per punto le rassicurazioni della Vega Oil. Una campagna appoggiata dalla provincia di Chieti: il presidente, Enrico Di Giuseppantonio, ha espresso da tempo la sua ferma contrarietà al progetto puntando il dito contro «la mancanza quasi totale di collegamento tra istituzioni nazionali e locali». Confcommercio ed "Emergenza Ambiente Abruzzo", una rete che raccoglie decine di associazioni, hanno invece deciso di distribuire locandine colorate: "No all'Abruzzo petrolizzato".

LA POLITICA - L'ultima idea, lanciata nei giorni scorsi in modo bipartisan dai sindaci di Pineto e Silvi Marina, è quella di organizzare un referendum. «Facciamo decidere agli abruzzesi, padroni del loro territorio, se vogliono un Abruzzo nero o un Abruzzo verde» ha affermato Gaetano Vallescura, primo cittadino di Silvi (Pdl), durante un convegno. Una proposta subito accolta dal collega di Pineto, Luciano Monticelli (Pd): «Per la difesa del territorio non conta l'appartenenza politica, contano soprattutto i valori e la battaglia comune. L'Abruzzo non può permettersi di perdere altro tempo». Nel frattempo si è mossa anche l'Italia dei Valori: i consiglieri regionali Paolo Palomba e Lucrezio Paolini hanno appena presentato una risoluzione urgente chiedendo al Presidente, Gianni Chiodi, di attivarsi presso il governo nazionale: l'obiettivo è un provvedimento di moratoria decennale. «Le grandi compagnie multinazionali impegnate nell'estrazione di idrocarburi - hanno motivato i due consiglieri IdV - vedono nell'Abruzzo, in terra e in mare, una sorta di 'paese di Bengodi' in grado di soddisfare i propri interessi economici».

IL WWF - Ma quali sono i motivi della protesta? Il primo è ambientale. «Il petrolio abruzzese è denso, di bassa qualità - spiega Dante Caserta, consigliere nazionale del WWF, a Corriere.it - Deve essere raffinato sul posto. Con tutti i rischi legati alla desolforizzazione: tra i prodotti di scarto c'è infatti l'idrogeno solforato, che può essere pericoloso». Non è così secondo lo studio di impatto ambientale presentato dalla Vega Oil, giusto per citare uno dei casi all'ordine del giorno: nella relazione si legge infatti che le interferenze derivanti da future attività di perforazione sono «nulle» in quanto non pregiudicano «l'attuale assetto del territorio». E per quanto riguarda il panorama, assicurano, la sagoma della piattaforma potrà costituire «un evento di curiosità di breve durata piuttosto che un'alterazione del paesaggio». C'è poi l'aspetto economico: siamo sicuri che una «svolta petrolifera» non porterebbe ricchezza e lavoro? «Noi non viviamo nel deserto – dichiara Caserta. – La nostra regione produce vino e olio di alta qualità: tutto questo non è compatibile con il petrolio. E non lo è nemmeno con il turismo. A qualcosa bisogna rinunciare». Però le compagnie petrolifere dovranno versare agli enti locali una parte dei loro ricavi: non si tratta di un'adeguata compensazione? «La legislazione nazionale prevede royalties molto basse rispetto agli altri Paesi: 10% per le estrazioni sulla terraferma e ancora meno per quelle in mare. Di queste percentuali, solo una piccola parte arriva agli enti locali».


MORATORIA - La data cruciale che ambientalisti e associazioni varie hanno cerchiato sul calendario è il prossimo 31 dicembre: quel giorno scadrà infatti la moratoria approvata durante la precedente legislatura regionale e che è soprattutto servita a bloccare la costruzione del Centro Oli di Ortona («nient'altro che una raffineria», spiegano al WWF). Per il momento il progetto dell'Eni sembra congelato, ma le trivelle potrebbero entrare in azione da qualche altra parte. «Noi chiediamo una nuova moratoria – ribadisce Caserta – che serva a fermare una situazione insostenibile. Ci sono situazione già avviate che sarà difficile bloccare. Ma bisogna difendere gli interessi della popolazione, non solo quelli delle compagnie».

L'ASSESSORE STATI - E la Regione? Qual è la posizione della giunta? «Si tratta di un falso problema» scandisce a Corriere.it l'assessore all'Ambiente, Daniela Stati. «Siamo la Regione verde d'Europa - spiega - e quindi non corriamo questo rischio. Il presidente Chiodi e lo stesso Berlusconi sono stati chiari: non ci sarà nessuna petrolizzazione dell'Abruzzo». La promessa del premier vi rassicura, insomma. «Sì». Eppure molte procedure ministeriali sono già state avviate: come pensate di stopparle? «Stiamo mettendo in piedi una serie di iniziative per portare avanti quello che il presidente Chiodi ha promesso in campagna elettorale» annuncia l'assessore, senza però entrare nel dettaglio. «Io non voglio pensare a fermare le trivelle - spiega - io voglio pensare che non ci sarà bisogno di fermarle perché in una regione verde non si deve correre questo rischio». Comitati e ambientalisti sostengono che senza misure concrete da parte vostra si inizierà a scavare. «Ad oggi io le posso parlare di una volontà politica. E non mi sembra poco». Sarà così anche dopo il 31 dicembre? «Anche dopo il 31 dicembre».


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