Nucleare in Italia? Non è ragionevole. Parola di Jeremy Rifkin

Il noto studioso incontra gli studenti italiani

02 Aprile 2009   17:24  
Sono numerose le dichiarazioni a favore del nucleare espresse dalla politica nostrana. Al di là di schieramenti, fazioni e ideologie molti parlamentari si sono espressi favorevolmente alla costruzione di centrali nucleari all'interno della Penisola, spiegando come tale tipo di energia inquini meno di quella ottenuta dalle altre fonti fossili come petrolio, carbone e gas naturale. Oltre ad assicurare minori danni atmosferici e climatici, alcuni dei nostri governanti hanno spinto l'idea della centrale anche attraverso l'affermazione che garantire almeno il 25% dei consumi energetici attraverso i suddetti impianti comporterebbe un sensibile risparmio economico rispetto alle altri fonti, comprese le rinnovabili.

Una tesi velocemente smontata dall'economista Jeremy Rifkin, che di fronte ad una corposa platea di giovani romani in occasione dei 10 anni compiuti da Banca Etica, ha spiegato come trasformare la crisi economica in atto in un'opportunità di rinnovamento sociale e culturale. "Scommetto che in Italia non ci sarà nessuna centrale nucleare", ha detto il noto pensatore americano rivolgendosi agli studenti della Sapienza presenti all'incontro. Secondo Rifkin infatti, la quantità di energia prodotta dalle centrali nucleari è insufficiente rispetto alla domanda dei consumatori: "In tutto il mondo sono presenti 439 centrali che realizzano solo il 5% dell'energia - ha spiegato l'autore dell'Era dell'accesso - quindi per poter arrivare ad avere un impatto sul clima (e ridurre le emissioni di anidride carbonica) dovrebbero produrre il 20% dell'energia totale, ma questo significherebbe costruire tre centrali ogni trenta giorni per 10 anni, visto che ne sarebbero necessarie 2.000".

Nella visione espressa da Rifkin, a fronte dei cambiamenti climatici e della crescente domanda di energia espressa dai Paesi in via di sviluppo, il nucleare non può in alcun modo rappresentare una soluzione ragionevole. Inoltre, ha ricordato lo studioso, "nel 2025 le scorte di uranio si esauriranno", mentre le riserve idriche utilizzate per il raffreddamento dei reattori iniziano già a scarseggiare, "basti pensare che solo la Francia utilizza il 40% delle risorse idriche a questo scopo".

Il guru della Green economy ha illustrato, sollecitato dalla domanda di uno dei giovani partecipanti al convegno, alcune delle ragioni che rendono impraticabile la via dell'atomo tanto sponsorizzata dai politici nostrani: " Nel prossimo ventennio molte delle centrali nucleari ad oggi funzionanti dovranno essere rimpiazzate. E nessuno dei top manager del settore energetico- ha aggiunto- crede che lo saranno in una misura maggiore della metà. Ma anche se lo fossero tutte, si tratterebbe sempre di un risparmio del 5%. Ora, per avere un qualche impatto sull'ambiente, si dovrebbero ridurre del 20% le emissioni di Co2, un risultato che certo non può venire da qui".

E il problema scorie? "Non sappiamo ancora come trasportarle e stoccarle- ha ammesso lo studioso- Gli Stati Uniti hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui all'interno di montagne dove avrebbero dovuto restare al sicuro per quasi 10 mila anni. Bene, hanno già cominciato a contaminare l'area. Pensate che l'Italia sia in grado di fare meglio di noi?".  Anche da un punto di vista strettamente economico la visione di Jeremy Rifkin appare più che mai fondata: recenti studi dell' Agenzia internazionale per l'energia atomica dimostrano che l'uranio comincerà a scarseggiare dal 2025-2035, con tutto ciò che ne consegue circa il probabile aumento dei prezzi. Puntare sulle fonti rinnovabili, costruire case ecologiche e diffondere la cultura del risparmio energetico rappresentano pertanto le uniche strade possibili affinchè ecosistema ed essere umano continuino a convivere, senza che l'uno distrugga l'altro. 

 

 

gdc   

 

 


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