Omicidio Ceci: vendetta della banda Battestini o eliminazione di un testimone?

30 Gennaio 2012   10:54  

Importanti sviluppi nelle indagini sull'omicidio di Italo Ceci, pentito della banda Battestini. La pistola calibro 38 con forte probabilità l'arma del delitto è stata rubata dalla Canci Preziosi, grossista di gioielli, a pochi metri dal negozio dove Ceci la vororava e dove è stato assassinato.

Una pistola rubata a seguito di una rapita del 28 dicembre 2011 messa a segno da tre banditi con passamontagna. Con accento pescarese, conferma un testimone.

Il colpo ha fruttato 500 mila euro in lingotti d'oro.

Saranno le analisi sui due proiettili che hanno ucciso Ceci a dire se la pistola è davvero la stessa. In questo caso potrebbe vacillare la prima ipotesi del movente, ovvero quella di una vendetta dei componenti della banda Battestini traditi da Ceci, e in attesa di sentenza. Un componente della banda Nino Mancinelli, morto l'estate scorsa in un conflitto a fuoco a Francavilla, rivelò del resto dell'intenzione di farla pagare cara al traditore Italo Ceci.

L'uccisione di Ceci potrebbe però avere anche a che fare con la rapina al grossista di gioielli. L'uomo era solito stazionare davanti al negozio di vernici del cognato, fuori il suo negozio da cui la gioielleria era ben visibile. E potrebbe aver visto qualcosa che non doveva. Ceci potrebbe essere stato ucciso insomma perché testimone , e non in quanto traditore.

La banda Battestini, un romanzo criminale

La Banda Battestini, così chiamata per il cognome di due fratelli che ne facevano parte, seminò terrore dalla fine degli anni 70 all’inizio degli anni 80. Una scia di rapine e non solo che alimentò il mito di una gang imprendibile.

A costituirla Rolando Battestini, il Vallanzasca d'Abruzzo, morto suicida a marzo del 1992 nel carcere di Campobasso, insieme al fratello Pasquale, ucciso nell'88 a Giulianova mentre tentava di forzare un posto di blocco.

La banda fu composta da una trentina di ragazzi di Pescara e in Abruzzo e nelle Marche ha messo a segno 114 rapine e due omicidi.

Durante una rapina in una farmacia in provincia di Chieti i banditi uccisero un passante. Nel corso di un colpo in una banca della provincia di Ascoli Piceno freddarono una guardia giurata.

Clamorosa l'evasione armata dal carcere di San Donato, nel 1985, di sei componenti, due dei quali uccisi dalla polizia a Roma. E Italo Ceci anche lui in carcere decise allora di parlare, di raccontare tutti i segreti della banda che aveva terrorizzato l'Abruzzo.

Nell'aprile 1988 la Corte di Appello dell'Aquila condannò Battestini e alcuni complici a pene variabili dai 30 anni a un anno e mezzo di carcere. Nel 1990 in Corte d'assise di Macerata, un processo contro la banda si concluse con la condanna di Battestini a 15 anni per omicidio volontario e a 16 mesi per tentata rapina a mano armata; nella stessa sede Italo Ceci fu condannato a 16 mesi per tentata rapina.

Tra i boss emblematica la carriera criminale di Massimo Ballone di Pescara condannato a oltre trent'anni di carcere per numerose rapine a banche e portavalori a cavallo degli anni Settanta e Ottanta.

In una clamorosa evasione armata dal carcere di Pescara, nel 1985, morirono due suoi compagni di fuga. Catturato dopo pochi giorni a Roma, sconta sette anni di carcere duro in diversi penitenziari tra cui Isola di Pianosa, Isola Asinara, Casa di Reclusione Badu 'e Carros di Nuoro.

Evade nuovamente da Rebibbia e durante la sua latitanza, durata quasi tre anni, viene casualmente fermato e arrestato in Belgio.

Riesce ad evadere di nuovo dopo soli tre giorni dal carcere di San Gil di Bruxelles e si rifugia in Venezuela, dove finirà la sua latitanza arrestato nel 1998 dall'Interpol italiana in collaborazione con quella Venezuelana.

Passa tre mesi nel carcere di Tocuyto, è coinvolto in una protesta per la scarsità del cibo. La protesta - pacifica - viene fatta passare come tentativo di fuga in massa e sarà con questo pretesto violentemente repressa dalle guardie del carcere. Tre detenuti saranno ritrovati morti nella sezione dove era ristretto. Viene estradato in Italia.

Nel carcere di Sulmona scrive un libro autobiografico, "Al di sotto del cuore", con prefazione di Francesco Sidoti.

Si laurea in Scienze della Educazione con il voto di centodieci e lode presso l'Università de L'Aquila ottenendo anche la dignità di stampa per la originalità della tesi di criminologia sociale dal titolo "Responsabilizzazione e presa di coscienza nella pena".

Umberto Galimberti nel dicembre del 2002 particolarmente colpito dal suo libro autobiografico ne consiglia la lettura in una recensione dedicatagli sull'intera pagina culturale de "La Repubblica". Sulla sua vicenda il regista Massimo D'Anolfi realizza nel 2003 un film-documentario, Si torna a casa - appunti per un film.

Dopo ventiquattro anni di pena scontata ottiene la semilibertà. Lavora presso "La Cometa", una cooperativa di manutenzione di parchi pubblici.

Nel 2006 mette a segno una rapina milionaria ad un furgone blindato e, divenuto "il più noto esponente della malavita abruzzese", viene clamorosamente riarrestato (nel corso dell'operazione dei carabinieri denominata "Ultimo minuto") mentre prepara un colpo al caveau dell'Ivri di Sambuceto contenente 20 milioni di euro.

Nell'aprile 2008 riceve una prima condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione al termine di un processo con rito abbreviato nel quale è stato riconosciuto come capo della banda criminale autrice di una serie di rapine. Decorsi i termini di carcerazione preventiva viene rimesso in libertà e sottoposto alla vigilanza speciale. Sposato con Diana, la sua compagna moldava, è diventato padre di una bimba. (fonte wikipedia)


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