Per ora niente fondi per la ricostruzione, è l'Europa che ce lo chiede...

08 Ottobre 2013   10:19  

Per ora altri soldi non ve li possiamo dare. E' L'Europa ce lo chiede. Questo volendo ironizzare, ma fino ad un certo punto, la risposta del vice ministro dell’Economia Stefano Fassina al sindaco dell'Aquila Massimo Cialente e ad altri sindaci andati ieri a Roma a chiedere certezze sul rifinanziamento della ricostruzione sismica aquilana.

Ovvero ad avere garanzie sui 1,2 miliardi di euro l'anno necessari per rispettare il crono-programma relativo al centro storico dell'Aquila, le sue frazioni, le decine di comuni terremotati dove ancora a quattro anni e mezzo dal sisma in molti casi ancora non s vede ombra di un cantiere.

Il governo ha assicurato solo una prima trance di 200 milioni, quelli provenienti dall'aumento delle marche da bollo.

Del tutto insufficienti, perché che ci sono già progetti pronti a diventare cantieri per una cifra almeno doppia.

La partita si giocherà sulla legge di Stabilità, che sarà presentata in parlamento il 15 ottobre.

Il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti aveva assicurato a margine del Festival dell'Acqua: "L'Aquila troverà' sistemazione nella legge di stabilita' alla luce delle norme che abbiamo già varato nei mesi scorsi a sostegno della ricostruzione".

Frasi di circostanza e cortesia, si teme: il problema non sono solo le casse disastrate dell'Italia e una coperta davvero troppo corta per far fronte a tutte le emergenze, ma anche è soprattutto il diktat degli eurocrati che in nessun caso consentono di sforare il patto di stabilità.

Neanche per investimenti espansivi come una ricostruzione post-sismica della portata di quella aquilana che da sola potrebbe risollevare l'agonizzante e strategico settore dell'edilizia di tutto il Paese.

E sarebbe sempre l'Europa ad avere dubbi sulla proposta del factoring, cioè una sorta di maxi-prestito quarantennale con un pool di banche che consentirebbe di vedere anticipati subito il 1,2 miliardi di euro senza gravare sull'attuale esercizio finanziario.

Insomma appare chiaro che oggi le manovre finanziare non si fanno più a Roma, bensì a Bruxelles.

Il governo nazionale, hanno dunque ribadito i sindaci a Fassina, deve una volta per tutte porre con forza la questione con l’Europa al fine di ottenere che i costi per le calamità naturali non gravino sul rapporto deficit/pil e non vadano contro i vincoli del patto di stabilità.

FT


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