Petrolio in Abruzzo: il ddl Febbo non è un deterrente

Regione nero-verde?

27 Febbraio 2009   13:44  

Continua il dibattito aspro ma imprescindibile sul rischio di deriva petrolifera in Abruzzo. Nei giorni scorsi avevamo ascoltato tra gli altri l'assessore Febbo che difende  il disegni di legge regionale  "Disciplina della localizzazione di nuove infrastrutture energetiche", presentato pochi giorni fa come un efficace strumento per contenere e regolamentare l'insediamento di pozzi petroliferi e centri oli nella nostra Regione, che da verde rischia seriamente di diventare nera. Per rendersene conto basta scaricare qui sotto la mappa delle concessioni petrolifere. Oggi si registra la replica di Wwf e Legambiente che contestano l'efficacia del provvedimento, perché esso si limita a regolamentare futuri insediamenti di pozzi petroliferi, ma non lo esclude nei fatti, si limita a coinvolgere gli enti locali nelle scelte e alzare le royalties, che però a conti fatti sono da Wwf e Legambiente definite "irrisorie" rispetto a quello che le compagnie guadagnano con l'estrazione del greggio. 

Queste le  argomentazioni e le sollecitazioni di Wwf e Legambiente

"Il disegno di legge sulla Disciplina della localizzazione di nuove infrastrutture energetiche, con primo firmatario il Consigliere Regionale Mauro Febbo, ha il merito di riportare al centro della discussione politica la vicenda idrocarburi, ma non coglie appieno l’allarme lanciato dalle associazioni ambientaliste Legambiente e WWF sulla deriva abruzzese.

La proposta, che rinvia alla Giunta Regionale la definizione di linee guida su criteri, modalità e termini della procedura per il rilascio dell’autorizzazione all’installazione ed all’esercizio di nuovi stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali, non esclude nei fatti l’installazione e l’esercizio di tali stabilimenti ad Ortona o in altri luoghi.

Tale strumento di regolamentazione non assume, pertanto, un valore tale da poter gestire la vicenda idrocarburi abruzzese che, senza un serio confronto politico con il Governo Centrale, continua a rimanere nel totale interesse “legittimo” delle compagnie petrolifere, le quali nelle maglie della disciplina troveranno luoghi idonei per la realizzazione degli impianti.

Legambiente e WWF ribadiscono, a tal riguardo, la necessità di uscire dal petrolio e non la semplice, ma comunque utile, “opposizione” al Centro Oli di Ortona.

Il disegno di legge può essere, pertanto, considerato un preambolo agli impegni assunti dal neo-governatore Chiodi nel discorso di insediamento in Consiglio Regionale, ricordando allo stesso che sono già trascorsi trenta giorni dei quarantacinque a disposizione per l’elaborazione di una nuova proposta di legge finalizzata al superamento dell’impugnativa del Governo centrale rispetto alla vigente normativa regionale.

Il disegno di legge, inoltre, necessita di ulteriori chiarimenti, circa la definizione del contributo compensativo (royalties) per le attività di coltivazione, fissato al 15% delle aliquote spettanti alla regione ed ai comuni.
Anche in questo caso, la proposta rimanda ad un accordo tra regione, comuni nel cui territorio è prevista la coltivazione, comuni contermini e titolare della concessione.
Se positivo risulta essere il coinvolgimento degli enti locali, resta di difficile interpretazione la modalità dell’accordo stesso: cosa accade nel caso in cui non si raggiunga l’unanimità dei consensi? Qual è il reale potere di un singolo comune o della stessa regione di opporsi in caso di non condivisione?
A titolo esplicativo basta richiamare la situazione della tanto contestata Concessione Miglianico, sulla quale insiste la proposta del Centro Oli di Ortona.
Essa coinvolgerebbe oltre alla regione ed all’Eni, 5 comuni direttamente interessati (Francavilla al Mare, Miglianico, Ortona, Ripa Teatina e Tollo) e 11 comuni contermini (Ari, Bucchianico, Canosa Sannita, Chieti, Crecchio, Frisa, Giuliano Teatino, Pescara, San Vito Chetino, Torrevecchia Teatina e Villamagna) .
Va chiarita inoltre, la percentuale del 15% destinata al contributo compensativo del danno ambientale che, rapportato alle aliquote stabilite dalla legge nazionale, si traduce nei fatti in percentuali reali pari a:

- 0,15% alla regione;

- 0,44% al comune o ai comuni nei cui territori è prevista la coltivazione;

- 0,15% ai comuni contermini da ripartire proporzionalmente alla popolazione residente.

Il 15%, infatti, va calcolato sul 70% (quota spettante a regione e comuni) del 7% (aliquota stabilita dalla legge nazionale) della quantità di idrocarburi estratti.
E’ del tutto chiaro che si tratterebbe di compensazioni irrisorie rispetto alla reale e consolidata economia dei territori interessati.
E resta poi valido, anche in questo caso, il concetto, già ampiamente espresso in passato, che la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini non è rapportabile agli importi delle royalties.

In conclusione, pertanto, Legambiente e WWF ribadiscono la necessità che la Regione si faccia promotrice di un tavolo di confronto tecnico per affrontare nel suo quadro generale la situazione abruzzese.
La vastità del territorio interessato ed il numero degli enti locali coinvolti non consentono più di affrontare la problematica semplicemente a livello di singola istanza o concessione, ma impongono una gestione complessiva, capace di rispondere con competenza ed autorevolezza agli interessi delle compagnie petrolifere ed alla volontà del Governo centrale, che ha prefigurato per la nostra regione un futuro petrolifero.

 

SCARICA LA MAPPA DELLE CONCESSIONI PETROLIFERE IN ABRUZZO

 

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