La Procura di Catania blocca una vendetta studiata nei minimi dettagli: dieci arresti e uso di divise false in un agguato sventato.
La Procura etnea ha ordinato fermi nei confronti di dieci esponenti della cosca Scalisi di Adrano, sospettati di aver progettato un gran colpo: l’assassinio dei responsabili della morte del figlio del reggente, che venne ucciso a coltellate la notte del 20 aprile a Francofonte, in provincia di Siracusa.
Stando agli atti, il mandante del piano omicidio sarebbe stato Pietro Lucifora, reggente della cosca, intenzionato a vendicare il figlio Nicolò Alfio, rimasto vittima di una rissa tra giovani nel Siracusano. Tra i promotori del progetto figurerebbero anche lo zio del boss, Pietro Schilirò, e altri membri del suo nucleo familiare residenti a Chieti, con un complice da Pescara coinvolto nella logistica dell’operazione.
Le indagini — supportate da intercettazioni e accertamenti tecnici — evidenziano che il gruppo aveva pianificato l’azione in ogni dettaglio: una finta divisa da carabiniere sarebbe servita a mimetizzare i sicari, e un furgone senza GPS avrebbe dovuto evitare di essere tracciato durante il tragitto tra l’Abruzzo e la Sicilia. Il delitto, secondo le ricostruzioni, era previsto per fine settembre, a Francofonte.
Per rendere credibile la copertura del piano, Lucifora avrebbe studiato un alibi perfetto: recarsi nel capoluogo teatino per le nozze dello zio il 20 settembre, poi tornare in Sicilia per l’azione e fare ritorno in Abruzzo subito dopo l’assassinio.
Durante le perquisizioni coordinate dagli investigatori, sono state sequestrate due uniformi simili a quelle dei carabinieri, detenute in un garage riconducibile a Schilirò. Non è chiaro, fino a questo momento, chi fossero i target precisi dell’agguato: gli obiettivi non sono ancora stati definiti dagli inquirenti.
L’operazione ha coinvolto polizia e DDA di Catania, con supporti investigativi su scala nazionale, confermando quanto le organizzazioni mafiose possano spingersi in atti eversivi pur di ristabilire l’onore del proprio nome.
La vicenda pone nuova luce sulle dinamiche interne del clan Scalisi e sulle modalità con cui si tenta di esercitare vendetta al di fuori delle vie legali. Nei prossimi giorni, gli sviluppi dell’indagine potrebbero rivelare i nomi di tutti i potenziali esecutori e il coinvolgimento – diretto o marginale – di reti criminali con ramificazioni territoriali.