RIA, la sentenza della Corte Costituzionale ha generato un mostro giuridico

30 Luglio 2014   10:36  

In questi giorni la Corte Costituzionale si è espressa sulla Legge regionale n. 6 del 2005 definendola parzialmente incostituzionale. Dopo la sentenza del terzo potere dello Stato abbiamo purtroppo registrato una ridda di dichiarazioni a mezzo stampa di favorevoli e contrari al riconoscimento della perequazione della RIA dei dipendenti regionali a dir poco sconcertanti da parte anche di autorevoli figure istituzionali e anche da politici che hanno ricoperto importanti cariche nella passata legislatura.

La CISL FP Abruzzo, pur rispettando la sentenza della Consulta, ritiene che la stessa ha generato tra i lavoratori della Regione una forte indignazione: dipendenti che lavorano con la stessa anzianità e con lo stesso inquadramento giuridico avranno un trattamento economico fortemente differenziato. Una sentenza che genera demotivazione tra i lavoratori e sancisce una definitiva sperequazione tra i dipendenti e i dirigenti regionali, che già da tempo si sono fatti riconoscere, anche d’ufficio, la perequazione della RIA percepita individualmente.

La Regione Abruzzo ha dapprima legiferato in maniera da equiparare, almeno sulla carta, la retribuzione di anzianità dei propri dipendenti e successivamente, quando la vicenda ha riguardato la generalità dei dipendenti, ha sollevato la questione di illegittimità della propria normativa, sostenendo una sconcertante quanto preordinata disparità di trattamento.

Riteniamo, dunque, gravissimo l’atteggiamento accondiscendente mostrato da parte dell’Ente Regione alle richieste perequative di buona parte dei dirigenti regionali, atteggiamento sottolineato dalla volontà di non proporre appello alle sentenze di I grado agli stessi favorevoli, e che, invece, nei confronti dei dipendenti regionali di categorie inferiori si è rivelato diametralmente opposto, laddove l‘Ente ha assunto un atteggiamento “resistente” proponendo appello alle sentenze di I grado e ricorso in cassazione avverso le sentenze di II grado favorevoli ai lavoratori.

Pertanto, la CISL FP denuncia un’anomalia aberrante: le sentenze di I grado in favore di alcuni lavoratori e di alcuni dirigenti non sono state appellate, nonostante la questione di illegittimità costituzionale fosse stata sollevata in ogni memoria difensiva, creando di fatto una discriminazione che rasenta l’illecito.

La Regione Abruzzo ha usato nei confronti dei dipendenti e dei dirigenti due pesi e due misure. La CISL FP è fiera di aver promosso più di 200 ricorsi di dipendenti della Regione per il riconoscimento del diritto sancito dalla Legge regionale n. 6 del 2005, dopo aver inutilmente cercato, con caparbietà e forte senso civico, congiuntamente ad altre Organizzazioni sindacali, una soluzione concordata con la Regione.

Il nostro stupore di fronte alle dichiarazioni in libera uscita di Rappresentanti Istituzionali e di dirigenti autorevoli della Regione si trasforma in disappunto e rabbia quando da parte di alcuni si tende a mistificare la realtà dei fatti.

Le OO.SS., in particolare la CISL FP, hanno cercato di sensibilizzare l’amministrazione regionale al fine di trovare un’ipotesi d’accordo, tanto che quest’ultima aveva istituito un tavolo tecnico per verificare la fattibilità dell’accordo.

Contestualmente, l’ex direttore regionale del personale aveva chiesto, per il tramite dell’Avvocatura, ai giudici del lavoro a non pronunciarsi nelle udienze non concluse perché era in atto un confronto per raggiungere una soluzione extragiudiziale.

Di fronte a ciò lo stupore e il disappunto espresso dalla CISL si trasformano in una stigmatizzazione in questi atteggiamenti ipocriti. Ma come Organizzazione sindacale a difesa dei diritti dei lavoratori, porteremo avanti la nostra battaglia già intrapresa, anche con atti formali, battaglia volta a riequilibrare competenze e dignità del personale della Regione Abruzzo.


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