Nel 2019, quasi 1 italiano su 2 (44% della popolazione), a prescindere dal proprio reddito, si è 'rassegnato' a pagare personalmente di tasca propria per ottenere una prestazione sanitaria. Il quadro che emerge dal IX Rapporto Rbm-Censis, presentato oggi al Welfare Day 2019, non è rassicurante per la sanità pubblica. Sono 19,6 milioni gli italiani che nell’ultimo anno, per almeno una prestazione sanitaria, hanno provato a prenotare nel Ssn poi, constatati i lunghi tempi d’attesa, hanno dovuto rivolgersi alla sanità a pagamento, privata o intramoenia.
Di conseguenza la spesa privata sale a 37,3 miliardi di euro: +7,2% dal 2014 (-0,3% quella pubblica). Tra il 2013 ed il 2018 a fronte di una crescita del + 9,9% della spesa sanitaria privata, la spesa sanitaria 'intermediata' dalla sanità integrativa è cresciuta del + 0,5%. La spesa sanitaria privata media per famiglia ha raggiunto quota 1.437 euro. Importanti anche i dati sulla capacità di rimborso della spesa sanitaria privata da parte della sanità integrativa: se in media infatti un cittadino finanzia l’85% delle cure private, aderendo ad una forma sanitaria integrativa l’ammontare da pagare di tasca propria per le medesime cure scende al 33%, perché quasi 2/3 della spesa sono rimborsati dalla polizza sanitaria.
Molti italiani si sono rassegnati, convinti che comunque nel pubblico i tempi d’attesa sono troppo lunghi. È capitato al 38% delle persone con redditi bassi e al 50,7% di chi ha redditi alti. Emerge quindi la necessità, da parte dei cittadini, di 'surfare' tra pubblico e privato per completare, in tempi certi, un iter clinico o diagnostico, prescritto dal proprio medico. Il 62% di chi ha effettuato almeno una prestazione sanitaria nel sistema pubblico ne ha effettuata almeno un’altra nella sanità a pagamento: il 56,7% delle persone con redditi bassi, il 68,9% di chi ha redditi alti. Sono inoltre 13,3 milioni le persone che a causa di una patologia hanno fatto visite specialistiche e accertamenti diagnostici sia nel pubblico che nel privato, per verificare la diagnosi ricevuta (una caccia alla 'second opinion').
Secondo il IX Rapporto Rbm-Censis, inoltre, tra le prestazioni sanitarie effettuate direttamente nel privato, hanno una prescrizione medica il 92,5% delle visite oncologiche, l’88,3% di quelle di chirurgia vascolare, l’83,6% degli accertamenti diagnostici, l’82,4% delle prime visite cardiologiche con Ecg. Non si tratta, sostengono gli autori del report, di un ingiustificato consumismo sanitario.