Sono le lauree
specialistiche seguite da quelle a
ciclo unico ad agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro, al contrario delle
triennali o
lauree di primo livello che non sembrano garantire, a parte le dovute eccezioni, livelli occupazionali stabili, remunerativi e adeguati al percorso di studi intrapreso. Ancora rilevante il
divario tra mercato del lavoro
settentrionale e
meridionale nella
capacità di assorbimento dei laureati, mentre si assottiglia progressivamente quello di genere. Lo dicono i dati diffusi dal
Rapporto Stella 2008, presentato ieri a Palazzo Steri, sede del rettorato dell’ Università di Palermo, dal rettore locale Giuseppe Silvestri, dal presidente del Cilea e rettore di Milano Bicocca Marcello Fontanesi, e dai membri del comitato scientifico Stella, Maurizio Carpita, Nello Scarabottolo, e Ornella Giambalvo.
Il dossier. L’indagine occupazionale Stella è stata realizzata mediante la somministrazione di interviste telefoniche ai laureati nell’anno solare
2006 presso
14 Università i
taliane. La popolazione oggetto del campione studiato è costituita da
39.276 dottori in corsi di studio appartenenti al
nuovo ordinamento, pari a
1/5 del numero totale di laureati in Italia. L’analisi, coordinata dal
Consorzio Interuniversitario Cilea, ha coinvolto gli Atenei di Bergamo, Brescia, dell’Insubria, Milano, Milano Bicocca, Pavia, Pisa statale, Pisa Sant’Anna, Napoli ( Federico II), Palermo, e le Università Cattolica, Bocconi, Iulm, e Politecnico di Milano.
La laurea di primo livello. A poco più di anno dal conseguimento della laurea triennale o di base, il
42,2% dei laureati sceglie di proseguire gli studi, il
44% trova lavoro mentre l’
11,3% dei soggetti cerca un’occupazione. Tra quanti non continuano gli studi
8 su 10 trovano lavoro , ma se al
Nord 6 laureati su
10 lo trovano subito, la percentuale scende drasticamente al
30,9% a
Palermo e al
22,7% per quanto riguarda
Napoli. Secondo il rapporto Stella il percorso di primo livello sembra non riuscire a garantire sbocchi professionali consistenti, a parte il settore sanitario (lavora ben l’
87,7%) e quello relativo all’insegnamento, persino i laureati in ingegneria si vedono costretti a continuare gli studi (
70,2% dei casi). La triennale pertanto, viene percepita dal mercato del lavoro come
un primo importante passo verso una formazione più specifica.
Gli "specialistici". L’
88,7% dei laureati di secondo livello si propone sul mercato del lavoro, la stragrande maggioranza dei quali nel settore privato, guadagnando tra i
1.000 e i
1.500 euro netti al mese, con un maggiore facilità esperita dai maschi rispetto alle femmine (
96 maschi occupati ogni 100 forza lavoro vs
90 femmine). Al
Sud lavorano soprattutto gli
ingegneri, mentre
biologi e
avvocati continuano a studiare. I tempi relativi all’ingresso nel mondo del lavoro sono i più lunghi: in media
più di sette mesi. In tal caso risulta chiara la preponderanza della componente dei dipendenti pubblici, soprattutto nel caso del gruppo medico. Purtroppo, ma si sapeva,
solo il 16,4% dei laureati specialistici risulta dipendente a tempo indeterminato.
Il vecchio ordinamento. Gli occupati a un anno dalla laurea sono circa il
66%, mentre il
7,4% cerca ancora lavoro e
oltre il 18% continua a studiare. Brillante il tasso di occupazione del gruppo
chimico-farmaceutico (86%), a seguire il
settore medico (61%) dove il
23,2% continua gli studi per ottenere la specializzazione. Tra i laureati a ciclo unico i lavoratori regolarmente assunti sono soltanto il
55%.
Specialistica batte quinquennio. Dopo anni di tentennamenti e malumori eccoci di fronte al riscatto del nuovo ordinamento sul vecchio: se è vero che la maggior parte dei laureati a ciclo unico – circa il
73,9% – tende a proporsi sul mercato del lavoro (con una maggioranza di femmine), gli stessi soggetti mostrano di continuare gli studi in maggior numero rispetto ai laureati specialistici. Sembra che, percorso fino in fondo, il nuovo ordinamento offra
tempi più brevi e maggiore professionalizzazione rispetto alla vecchia impostazione generalista, spesso vincolata alla necessità di frequentare un
Master per aumentare il proprio grado di visibilità agli occhi del mondo lavorativo.
Le Università abruzzesi. Anche la nostra Regione mostra di avvertire la necessità di riformare e
ampliare i percorsi di laurea, tra l’ Università degli studi dell’ Aquila, di Teramo e di Chieti-Pescara si contano, allo stato attuale,
120 tirocini di inserimento lavorativo conclusi,
224 avviati e ben
720 i laureati iscritti alla
banca dati, per avere la possibilità della tanto agognata prima esperienza lavorativa all’interno di un’azienda. Tramite l’applicazione del programma
FixO (Formazione e Innovazione per l’Occupazione) promosso dal
Ministero del Lavoro, gli Atenei abruzzesi risultano impegnati nello sviluppo e nel potenziamento dei servizi di
placement e di
incrocio tra domanda e offerta, cominciando ad assolvere quel
ruolo essenziale ( non ancora assolto a dovere) di
mediazione tra studenti e mercato del lavoro.
Giovanna Di Carlo