Ri-costruzione - Opere d'arte - La qualità prima di tutto

di Sergio Nannicola

19 Aprile 2010   13:14  

Le città, i territori, possono essere modificati o cessare di esistere in un attimo oppure prolungare il loro destino nel tempo in altro modo, questa è la legge naturale delle cose. La prima esperienza purtroppo noi l'abbiamo subita e oggi stiamo qui a raccontarne gli effetti ad essa collegati.

Il ritorno alla normalità è un valore irrinunciabile che diventa verbo davanti alla tragedia e imperativo davanti al futuro dei nostri figli, senza dimenticare che abbiamo un obbligo non solo morale nei confronti della storia della nostra città, ma anche oggettivo. Cosa che dovrebbe essere chiara dopo aver perso ciò di cui forse anche inconsapevolmente ne godevamo i frutti. Di conseguenza, dovremmo aver chiaro anche il concetto di valore intrinseco delle cose perdute.


Persone, affetti, monumenti, palazzi, piazze, luoghi comuni, quartieri, borghi, atmosfere, odori, sapori, abitudini, erano la città, la nostra città. Oggi quella realtà non esiste più, o forse è conveniente dire che quella realtà dovrebbe essere ripristinata. Per fare questo la città deve essere "semplicemente" ricostituita. La sua ri-costruzione, l'ennesima, sarà un compito arduo che spetterà in primis ai suoi abitanti (come del resto è sempre stato) coadiuvati dalle istituzioni governative.
Se la ri-costruzione della città è ora una vertigine più che un'incognita, l'unica certezza sono i suoi abitanti che continueranno a viverla e amarla, standogli vicino, vigilando e agendo da garanti di un sistema condivisibile e trasparente (a suo tempo scrivemmo anche un decalogo su questo argomento - vedi "Un manifesto per l'Aquila").


Se la questione economica della ri-costruzione sarà la nostra spina nel fianco nei prossimi decenni, lo sarà altrettanto la nuova identità che avremo modo di elaborare; entrambe non potranno che essere il nostro compito e divenire un valore sostanziale per le nostre future generazioni. La nuova matrice urbana della città e del territorio circostante, l'architettura, la matrice artistica e culturale degli interventi che si apporteranno sono e saranno i punti chiave della rinascita. Le decisioni prese in queste direzioni determineranno la nuova identità estetico/funzionale della città stessa. Se saremo complessivamente illuminati avremo una città più bella e funzionale, se saremo miopi e ci perderemo nella mediocrità delle scelte non avremo appelli e saremo condannati a vivere nella inettitudine.


La nuova e la vecchia città non possono essere ri-progettate senza tenere conto delle forze espresse dal territorio e dalla gente che la abita; sarebbe un errore grave continuare ad osteggiare tale spinta propulsiva, sarebbe inoltre strategicamente incomprensibile ricostruire una città senza il contributo dei suoi abitanti.
"Non c'è città senza un suo uso <urbano> da parte dei cittadini, come non c'è lingua senza qualcuno che la parli"... (Paolo Castelnovi)


Questa è la realtà in cui siamo finiti, prima ce ne renderemo conto prima inizieremo la rinascita. Se non sarà possibile pianificare tutto e subito è chiaro che dovremo darci nel tempo dei parametri di riferimento. Una cosa è comunque certa: non possiamo continuare a procedere a ruota libera.

Il destino di questo processo è fallimentare alla base. Per poter procedere è quindi indispensabile stabilire delle regole certe sulle quali sviluppare i progetti, un unicum in cui ritrovare le idee migliori, le varianti urbanistiche/architettoniche/artistiche, dai progetti della viabilità, agli edifici, all'arredo urbano. Gli standards di questi riferimenti non possono che contemplare la qualità combattendo in ogni occasione la mediocrità delle scelte, qualsiasi sia l'ambito in cui andremo a mettere le mani. La qualità deve essere posta al primo posto, deve diventare la nostra linea guida a cui fare riferimento. Sia esso progetto architettonico, restauro degli edifici, arredo urbano, opere d'arte da installare nei pubblici spazi. Se la qualità sarà alta e garantita, alto sarà anche il risultato che ne trarremo, se la qualità sarà scadente di sicuro vivremo il nostro futuro in una città costellata dalla mediocrità.


Sarei felicissimo oltre che onorato se qualche illustre collega realizzasse opere di qualità in grado di restituire dignità, rispettabilità e orgoglio a questi luoghi, cederei volentieri il passo a colui o coloro che si proiettino con grande slancio umano e professionale sui nostri territori lasciando segni che tornino utili all'intera comunità. Non sono quindi contrario a condividere questo compito con coloro che metteranno al primo posto tale servigio. Ma ostacolerei al tempo stesso con grande determinazione la mediocrità e tutti coloro che in nome di pseudo donazioni artistiche varie cogliessero l'occasione per inserirsi in contesti di cui nulla conoscono e di cui nulla interessa se non gli utili che ne potrebbero trarre.


Un salto di qualità è quindi necessario anche sul fronte etico del "porsi" e del "proporsi", non è accettabile l'idea di chi entra in casa tua con la furbizia del venditore di fumo senza chiederti permesso, né tantomeno presentarsi all'occorrenza. Non è questione di ostilità, ma di educazione e rispetto reciproco, che da queste parti oggi significa futuro e condivisione del bene comune, visto che proprio il modello di ri-costruzione o di arredo urbano o di arte ambientale che saremo in grado di realizzare connoterà la nostra nuova identità.

Il linguaggio artistico come quello architettonico sono capaci da soli a determinare la scelta identitaria di un popolo, di conseguenza queste pratiche non possono essere lasciate al caso, o a colui o coloro che ne decidono arbitrariamente o per partito preso il destino con la realizzazione edificata o la collocazione in pubblici spazi di opere che finirebbero per intristire ulteriormente l'orizzonte dal quale ora abbiamo la necessità di uscire. Senza una opportuna selezione questi interventi sarebbero solo deleteri.


La questione come vedete è complessa perché ci sono strade diverse da percorrere, ma tutte con uno stesso comune denominatore, raggiungere obbiettivi nell'interesse della città, che solo un confronto costruttivo leale e aperto può portare, diversamente saremo trascinati di nuovo nella logica della spartizione politico/amministrativa che è, e continuerà ad essere la piaga della nostra società civile.

Sergio Nannicola, artista e docente presso l'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano http://www.unmanifestoperlaquila.it/


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