Con il pensiero rivolto ai tre morti ogni giorno sul lavoro in Italia e ai drammi quotidiani legati all'emergenza immigrazione, la comunità italiana del Belgio si è stretta oggi attorno alle famiglie dei 262 minatori morti asfissiati come topi a 975 metri di profondità, l'8 agosto del 1956, nelle miniere di Marcinelle, nella regione francofona belga. Centotrentasei erano italiani. Una commemorazione che ogni anno riporta sui luoghi della memoria - il Bois du Cazier, oggi trasformato in museo - centinaia di italiani, figli di emigrati e di ex minatori, che arrivano anche dalle regioni italiane più colpite dalla tragedia, come il Molise, l'Abruzzo, la Puglia. Dal sud dell'Italia furono migliaia a rispondere all'appello lanciato in virtù dell'accordo economico firmato tra il Belgio e l'Italia nel dopoguerra: manodopera in cambio di carbone. E il contributo umano di quella migrazione fu altissimo: dal 1946 al 1963 furono 867 i minatori italiani morti nelle miniere del regno belga. "Marcinelle rappresenta un pezzo di storia dell'immigrazione italiana e della costruzione dell'Europa sociale, ma rappresenta anche un grande monito per oggi", ha detto il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, giunto da Roma con l'ex ministro per gli italiani nel Mondo Mirko Tramaglia. "Marcinelle ci ricorda le morti bianche, gli incidenti e gli infortuni sul lavoro che sono un problema prioritario per una comunità che vuole vivere con equilibrio. Marcinelle è una lezione per chi deve affrontare responsabilmente questo problema", ha ammonito, rilevando che da Marcinelle arriva anche la lezione di riservare "un occhio più responsabile" al fenomeno dell'immigrazione in Italia. "Tanti morti sul lavoro hanno un nome straniero", ha ricordato Mantica. "E se è giusto combattere la clandestinità, dobbiamo anche saper comprendere il bisogno di lavoro e di progresso sociale che porta tanti immigrati nel nostro Paese". Analogo il messaggio dell'ambasciatore italiano in Belgio, Sandro Maria Siggia. "Il ricordo dei minatori morti deve essere tramandato alle nuove generazioni in memoria dell'epopea dell'immigrazione e di ciò che ha significato per il nostro Paese", ha sottolineato l'ambasciatore. "Senza le rimesse di questi immigrati, il miracolo economico italiano non ci sarebbe stato o sarebbe stato rimandato di molto". In un'atmosfera carica di commozione, alle 8.10 sono cominciati i 262 rintocchi della campana di Bois du Cazier: uno per ogni morto. Cinque rintocchi per la famiglia Iezzi, che nel pozzo maledetto ha lasciato due fratelli e tre altri familiari. La vittima più giovane, Antonio Sacco, aveva solo 16 anni ed era la prima volta che scendeva in profondità. A ricordare il sacrificio di ognuno di loro, decine di vecchi minatori, con l'elmetto e la lampada accesa in testa. Testimoni di un mondo ormai scomparso, ma che rappresenta un monito per l'oggi. "Sono passati 52 anni, ma la sicurezza nei posti del lavoro non è ancora garantita, come ci dimostrano le tragedie della Thyssen e le troppe morti bianche", ha commentato Antonio Panzeri, vice presidente della Commissione affari sociali e occupazione del parlamento europeo
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