Ricostruire, ricostruire, ricostruire

30 Gennaio 2011   18:37  

Una riflessione sulla ricostruzione aquilana a firma di Raniero Pizzi.

''Se il 2009 è stato l'anno della tragedia, del terrore, della disperazione, dell'emergenza e delle scelte ad essa legate, della solidarietà... se il 2010 è stato l'anno delle polemiche e anche, è bene ammetterlo, delle riparazioni, il 2011 non potrà non essere che l'anno della ricostruzione. E su questo, badate bene, non c'è scelta, non è possibile scendere a compromessi.

Ricostruire la città e le case.

Le riparazioni sono cominciate, anzi, in molti casi sono già finite, ma nessuno potrà pensare che una volta mandati gli aquilani nel progetto CASE o nei map si possa in qualche modo soprassedere nell'avvio della ricostruzione pesante. Ci sono tanti motivi che impongono la ricostruzione del centro storico. Il primo è che le case che vi sono dentro sono comunque degli aquilani, che non possono permettersi di perdere quel valore.

Secondo motivo è che la città è baricentrica rispetto al comprensorio che la alimenta. Da città-territorio L'Aquila si è trasformata in territorio-città, una struttura urbanistica estremamente costosa da sostenere, in cui le distanze spaventosamente dilatate influiscono negativamente in ogni aspetto della vita di ogni giorno, dai trasporti, alla raccolta dei rifiuti, alla semplice gestione del piano neve.

Ho cercato di capire perché sia accaduto questo. Quando è nato il progetto CASE mi trovai a parlare con uno dei suoi ideatori. Gli avevo chiesto come mai le CASE erano state lasciate così lontano alla città, se era una scelta per lasciare libere porzioni di territorio dove potervi insediare nuovi quartieri o traslare quelli del centro storico che non era possibile ricostruire in situ.

La sua risposta fu negativa, mi disse che le localizzazioni le aveva fatte il Comune a cui avevano consigliato di tenersi lontani perché, analizzando le dinamiche degli altri terremoti, si era capito che i quartieri ricostruiti a ridosso del vecchio centro storico tendevano, a distanza di anni, a diventare il nuovo centro della città. In pratica, nessuno tornava nel vecchio centro ormai riparato.

Se questa strategia farà davvero tornare a vivere il centro storico dell’Aquila in non posso saperlo, ma, anche a costo di qualche sforzo, si può e si deve cominciare a fare qualcosa almeno per mantenerlo in vita, ad esempio riportandovi gli uffici pubblici (pallino del sindaco Cialente). 

Ricostruire il tessuto sociale ed economico.

Su questo aspetto si deve fare un ragionamento serio, al di là della questione "tasse sì, tasse no". Rispetto alle altre zone terremotate, L'Aquila presenta l'evidente vantaggio di avere una economia tendenzialmente incentrata su un numero molto elevato di dipendenti pubblici.

Anche queste persone hanno sofferto il terremoto, hanno perso case e affetti, ma bisogna ammettere con calma che in questo momento a soffrire problemi serissimi sia soprattutto il sistema imprenditoriale privato. Sulla questione economica però, ognuno ha il suo compito da portare a termine. Deve farlo lo Stato, innestando in maniera coerente la zona franca sullo sconto fiscale e sui meccanismi di rateizzazione dei debiti fiscali.

Deve farlo il Comune, aiutando per quanto possibile ogni attività, perché un imprenditore costretto a chiudere i battenti si trasforma in un ulteriore buco nero per un territorio già martoriato. Ma in questo anche il singolo aquilano può e deve fare la sua parte, privilegiando ad esempio le attività del territorio quando va a fare la spesa. E anche l'aquilano che si è trasferito può aiutare.

Comprendo che ogni capofamiglia si sia trovato di fronte a problemi giganteschi. Ma se il valore della casa che ha lasciato all’Aquila è dato dalla somma delle sue dimensioni, della qualità costruttiva, dalla distanza dal centro città e qualità delle attività che si trovano nelle immediate vicinanze, una casa ricostruita in mezzo al deserto economico perderà inevitabilmente di valore. E per mantenere questo valore c'è bisogno dell'apporto di tutti, nessuno escluso. Anche tornare a prendere un caffè al solito bar, quindi, può aiutare la città nella ricostruzione.

Ricostruire partendo anche dall’informazione.

Penso che per i terremotati sia necessaria una informazione non solo corretta (e su questo non ho dubbi) ma che sia capace di guardare oltre la cronaca giornaliera. Ad esempio, avremmo bisogno di tabelle che ci facciano capire in modo chiaro zona per zona l’andamento dei lavori nelle case o nelle tubature. Ognuno di noi è chiamato a scelte importanti, senza questo tipo di informazione l’errore è dietro l’angolo.

In un territorio dove il problema è la stessa quotidianità, bisogna capire cosa sta succedendo, nel male ma anche nel bene. Per aprire un negozio, cedere un’attività, scegliere casa, accendere un mutuo, è necessario che ogni scelta sia supportata da una informazione che non si faccia trascinare da quella polemica del tutti contro tutti che ha caratterizzato il panorama aquilano negli ultimi mesi.

(da Città magazine)


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