Rigopiano, I legali del sindaco Lacchetta ricorrono alla Procura generale

20 Giugno 2017   21:04  

I legali del sindaco di Farindola (Pescara), Ilario Lacchetta, e del tecnico comunale, Enrico Colangeli, hanno presentato ricorso alla Procura generale contro il rigetto da parte della procura di Pescara della richiesta di trasferire l'inchiesta sulla tragedia dell'Hotel Rigopiano a L'Aquila.

Oltre a Lacchetta e Colangeli, nella vicenda sono indagati il presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, Bruno Di Tommaso, gestore dell'albergo e amministratore e legale responsabile della societa' "Gran Sasso Resort & SPA", Paolo D'Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilita' della Provincia di Pescara.

Le ipotesi di reato sono omicidio e lesioni colpose e di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.

La procura pescarese ha respinto l'istanza di trasferimento in quanto "non essendo mai stati ipotizzati e non apparendo in alcun modo ipotizzabili i delitti di disastro valanghivo o di crollo di edificio nella forma dolosa, il delitto piu' grave va individuato in quello, posto in essere nel circondario pescarese, di rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro".

Secondo gli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, che assistono Lacchetta, Colangeli e il Comune di Farindola, invece "deve ritenersi che non risulti sostenibile, in diritto, l'ipotesi di omissione dolosa di cautele antinfortunistiche ventilata dalla Procura di Pescara" e sostengono che "risulta in realta' impensabile non sottoporre ad apposita indagine l'ipotesi di disastro doloso, a carico di organi regionali, e cio' tanto piu' alla luce delle acquisizioni investigative maturate in epoca successiva al deposito della denuncia".

Secondo i difensori di Lacchetta e Colangeli, sussiste una responsabilita' dolosa da parte di chi, negli uffici aquilani della Regione, non ha redatto, nonostante una legge e una delibera di Giunta lo imponessero, la Carta di localizzazione dei pericoli valanghivi (Clpv).

"L'ipotesi delittuosa del disastro - sottolineano i tre legali - nasce da una constatazione assolutamente piana, fattibile da qualsivoglia esperto si voglia consultare in materia.

Non e' pensabile prevenzione, cautela o vincolo urbanistico in area montuosa, in assenza della Carta di Localizzazione di Pericoli da Valanga, obbligatoria ex lege regionale 47/92, in Abruzzo come nelle altre sette regioni valanghive italiane". 


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