Il Comitato vittime punta il dito contro il prefetto Provolo. Chieste nuove valutazioni sulle responsabilità per la tragedia dell'hotel Rigopiano.
“La requisitoria del procuratore generale in Cassazione conferma ciò che abbiamo sempre sostenuto: il prefetto Provolo avrebbe potuto agire per evitare la tragedia e non lo ha fatto”. Sono le parole di Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime di Rigopiano, che torna a esprimere amarezza e determinazione riguardo al processo per la strage del 18 gennaio 2017, in cui persero la vita 29 persone, travolte da una valanga che distrusse l’hotel Rigopiano a Farindola, in Abruzzo.
Ieri il sostituto procuratore generale della Cassazione, Giuseppe Riccardi, ha richiesto un appello bis per l’ex prefetto di Pescara, accusato inizialmente di rifiuto di atti d’ufficio e falso e condannato a un anno e otto mesi. Ora, il procuratore generale chiede che venga riesaminato anche il concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio, accuse da cui Provolo era stato assolto in Appello.
La requisitoria si è svolta davanti ai giudici della Sesta sezione della Cassazione, presieduta da Giorgio Fidelbo. Il procuratore ha inoltre richiesto l’annullamento delle assoluzioni per sei dirigenti della Regione Abruzzo, originariamente imputati per la mancata prevenzione della tragedia e per presunti errori nella gestione dell’emergenza.
Gianluca Tanda ha sottolineato come l'ombra della prescrizione rappresenti una minaccia concreta per ottenere giustizia. “Stiamo cercando di salvare il salvabile, ma il tempo gioca contro di noi. È essenziale che le responsabilità siano chiarite fino in fondo”, ha dichiarato.
Le famiglie delle vittime continuano a chiedere risposte e giustizia per una tragedia che ritengono frutto di una catena di errori e omissioni, da parte di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza e intervenire tempestivamente.
Oggi è in programma la seconda e ultima giornata di udienza in Cassazione, che potrebbe segnare un punto di svolta nel complesso iter giudiziario legato a Rigopiano. I riflettori restano puntati sull’esito di questa fase, che determinerà se le richieste di un nuovo processo saranno accolte o meno.
La vicenda continua a scuotere l’opinione pubblica e a rappresentare un caso emblematico di gestione delle emergenze in Italia, con un intreccio tra responsabilità istituzionali e dolore collettivo.