Roma dice no all'omofobia. Ma la politica italiana resta indietro

Una questione di cultura

03 Settembre 2009   17:15  

Erano in 500 al presidio antiomofobia organizzato il 2 settembre scorso in via San Giovanni in Laterano, la nota "Gay Street" romana simbolo della lotta alla discriminazione sessuale e scenario delle ultime intimidazioni(bombe carta lanciate sulla folla) a sfondo omofobo giunte in questi giorni alla cronaca.

La piccola ma sentita manifestazione ha visto la partecipazione di personaggi pubblici ed esponenti del mondo della politica, come il delegato del sindaco al centro storico Dino Gasperini, l’assessore comunale alla Cultura, Umberto Croppi, l’esponente del Pd nonché unica parlamentare dichiaratamente omosessuale, Paola Concia, l’ex parlamentare Vladimir Luxuria, il segretario di rifondazione comunista, Paolo Ferrero, l’assessore al Turismo della Regione Lazio, Claudio Mancini, e il leader del Pd Dario Franceschini, presente all’incontro non solo per esprimere la vicinanza del partito, ma anche per esplicitare l’urgenza di una legge antiomofoba che equipari l’Italia alle direttive europee già espresse in materia.

Il 17 maggio del 1990, e ossia –è bene ricordarlo- quasi vent’anni fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità cancellava l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, definendola come una “variante normale della sessualità”. Oggi la stessa data apre ogni anno la giornata mondiale contro l’omofobia, considerata come “paura,  avversione o discriminazione nei confronti di persone omosessuali”.  Ma il cambiamento umano è lento e sofferto, e sono ancora numerose le persone che in tutto il mondo vengono oltraggiate e perseguitate perché attratte da individui dello stesso sesso.

IL RAPPORTO UE 2009

Secondo il rapporto 2009 dell’Agenzia Ue per i diritti fondamentali (ex Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia), le violenze e le discriminazioni operate nei confronti degli omosessuali non starebbero diminuendo come gran parte della società civile placidamente ritiene. Dai dati contenuti nello studio, sembra che atteggiamenti a sfondo omofobo stiano mano mano riemergendo in tutti i Paesi Europei, con particolare riferimento al bullismo nelle scuole, ai comportamenti discriminatori nei luoghi di lavoro, e più in generale alla difficoltà subita dall’omosessuale di vivere serenamente la propria “quotidianità”, senza ossia sentirsi trattato e definito come “diverso”, “malato” o peggio ancora “immorale” dalla stessa società cui appartiene.

L'IMPORTANZA DI UNA CORRETTA EDUCAZIONE

Anche se un aumento degli atti discriminatori a sfondo sessuale nelle classifiche statali dei Paesi Ue, può- almeno in parte- rappresentare una maggiore fiducia del cittadino nel denunciare tali atti alla luce del sole, rimane lo sconfortante sospetto che non si stia facendo abbastanza per ridurre tali barbarie. Sono pochi i Paesi che includono nel percorso educativo una sana educazione sessuale che informi e tranquillizzi sulla “variante normale della sessualità umana” altrimenti detta omosessualità.
Accrescere la consapevolezza dell’individuo in formazione sulle molteplici forme che una relazione sentimentale tra adulti può assumere, condurrebbe non solo ad una riduzione degli atti di violenza a sfondo discriminatorio, ma anche ad un significativo abbassamento dei suicidi connessi all’incapacità di accettare la propria natura omosessuale, spesso taciuta e mutilata a causa del timore angosciante di sentirsi rifiutati, sbagliati, diversi.

ASPETTANDO L’ITALIA …

Sono 13 gli Stati Europei(Germania, Danimarca, Estonia, Spagna, Francia, Irlanda, Lituania, Olanda, Portogallo, Romania, Svezia, Regno Unito) che puniscono penalmente la discriminazione per motivi di orientamento sessuale. Nel maggio del 2008 il Governo inglese ha varato il Criminal Justice and Immigration Bill, attraverso il quale la fattispecie penale inerente l’istigazione all’odio per motivi religiosi  introdotta nel 2006 è stata estesa anche a quella basata sulle differenze sessuali.

Al contrario, nel nostro e in altri 11 Paesi Ue(Austria, Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Finlandia, Ungheria, Polonia, Lettonia, Lussemburgo, Slovacchia)il cosiddetto “hate speech” contro soggetti Lgbt(persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) non risulta penalizzato.  All’interno di alcuni ordinamenti tuttavia, le disposizioni penali in materia sono formulate in modo tale(frequentemente si utilizzano le espressioni  “o un altro gruppo di persone” “o un gruppo comparabile”) da assicurare protezione legale anche ai cittadini Lgbt, come accade per il codice penale di Cipro, della Finlandia, della Repubblica Ceca, dell'Ungheria, del Lussemburgo e della Slovacchia. Gruppo di Paesi in cui- come si vede- è assente l’Italia. Non solo. Secondo il rapporto Ue la lacuna più grave riscontrata all’interno del nostro sistema sarebbe la mancanza di dati statistici utili alla valutazione dell’efficacia delle politiche legislative antidiscriminatorie sulla popolazione, pecca originata non solo dalla soppressione che l’attuale Governo ha operato sui fondi che il precedente aveva stanziato in favore di un’indagine Istat sulle discriminazioni sessuali, ma anche dalla scarsa consapevolezza di un argomento ancora sostanzialmente ignorato dal dibattito pubblico, teso -oggi come non mai- a spettacolarizzare,  piuttosto che approfondire responsabilmente.


I FILM CONSIGLIATI

Una giornata particolare (1977, di Ettore Scola)



 

Milk (2008, di Gus Van Sant)




Giovanna Di Carlo

 

 

 

 

 


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