Dopo aver trovato indumenti sospetti nell'armadio della figlia, una madre scopre un inquietante sfruttamento minorile e denuncia tre giovani. La ragazza, con ritardo cognitivo, veniva costretta a prostituirsi.
Una storia tragica di prostituzione minorile è emersa in Abruzzo grazie al coraggio di una madre che ha deciso di agire dopo aver fatto una sconvolgente scoperta nel guardaroba della figlia sedicenne. La ragazza, affetta da un ritardo cognitivo, è stata costretta a prostituirsi in cambio di pochi euro, cibo e sigarette. La denuncia di questa madre ha portato all'individuazione di tre giovani, ora indagati per sfruttamento sessuale minorile e pornografia infantile.
Il tutto è cominciato quando la madre ha trovato nel guardaroba della figlia alcuni capi di abbigliamento inappropriati, tra cui tacchi a spillo, leggings di pelle e calze a rete. Confusa e preoccupata, la donna ha cercato di ottenere una spiegazione dalla figlia, ma quest’ultima ha minimizzato dicendo che quegli abiti le erano stati regalati da un compagno di scuola più grande. Non soddisfatta della risposta, la madre ha deciso di prendere il telefono della ragazza, conoscendo il codice di sblocco, e ha cominciato a esaminare le conversazioni sui social media e su WhatsApp.
Ciò che ha trovato l’ha lasciata sconvolta: tra i messaggi, c’era una conversazione con un ragazzo di 28 anni che le proponeva prestazioni sessuali in cambio di cibo, sigarette e alcool. Inoltre, le aveva inviato un link per partecipare a una videochat erotica, dove avrebbe potuto guadagnare denaro spogliandosi. Proseguendo nelle sue indagini, la madre ha scoperto altre conversazioni compromettenti che coinvolgevano anche il consumo di droga.
Fermamente convinta della necessità di denunciare quanto stava scoprendo, la donna ha raccolto numerosi screenshot delle conversazioni compromettenti e ha consegnato il materiale alle autorità. Gli investigatori della squadra mobile di Chieti hanno avviato un'indagine, sequestrando i dispositivi elettronici coinvolti e avviando le perquisizioni. In seguito a questi accertamenti, sono emersi dettagli inquietanti che confermavano lo sfruttamento della giovane, costretta a prostituirsi per somme tra i 10 e i 15 euro.
Tre giovani sono stati identificati come responsabili: un trentenne di Ripa Teatina, un ventunenne di Alanno e una ventenne di Chieti. I reati contestati a loro sono gravi: sfruttamento sessuale minorile e pornografia infantile, con pene che vanno da sei a dodici anni di carcere per ciascun reato. Questo caso ha sollevato una serie di preoccupazioni in tutta la regione, riportando l'attenzione su un fenomeno che, purtroppo, è in crescita, in particolare sui social media e nelle videochat online.
Il caso ha scosso profondamente la comunità locale, evidenziando ancora una volta la vulnerabilità dei minori e la necessità di interventi più incisivi nella prevenzione e nel contrasto dello sfruttamento sessuale. Le autorità hanno messo in luce l’importanza di un maggiore monitoraggio dei canali digitali frequentati dai giovani e di un supporto costante alle famiglie per contrastare fenomeni di adescamento e sfruttamento online.