Sicurezza. Web sotto accusa, ritornano le ipotesi di censura

La legge Carlucci e i pirati francesi

18 Marzo 2009   18:35  

Sono passati pochi giorni da quando Reporters sans frontierés ha diffuso l'elenco dei Paesi "nemici di Internet". Arabia Saudita, Birmania, Cina, Cuba, Egitto, Iran, Corea del Nord, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam sono i 12 Stati che gestiscono, frenano e monitorano, con il massimo rigore possibile, l'accesso dei cittadini alla complesso quanto caotico mondo della Rete. Dittature feroci, pseudo-democrazie e regimi estremi combattono la libertà di espressione del popolo, isolandolo con sempre meno successo dall'immenso cervello digitale che anima il nuovo Millennio.

Fortunatamente il nostro Paese non compare nella spiacevole lista redatta dall'organizzazione internazionale per la difesa della libertà di stampa. Ma questo, affermano alcuni esperti di giornalismo online, non deve trarci in inganno: l'elaborazione di una legislazione miope o repressiva che violi la libertà di espressione e informazione, non trae origine unicamente dalla violenza e dagli anacronismi di un governo totalitario. Basta che vi sia ignoranza, scarsa consapevolezza sociologica dei tecnicismi e delle funzioni che caratterizzano Internet, un pizzico di malizia o malafede riguardo certe informazioni che molti vorrebbero veder oscurate o comunque protette dagli occhi del cittadino sempre più vigile, perchè qualcuno dei nostri governanti improvvisi -anche in una realtà democratica come la nostra- una legge in grado di limitare e controllare il libero uso del Web di cui oggi ci vantiamo.

Si proprio oggi, nel 2009, nell'era dell'accesso. L'epoca in cui anche il figlio del pastore si connette alla rete, cliccando tra una pecora e l'altra le news che preferisce, con un orecchio attaccato all'iPod e l'altro che tenta di decifrare i guaiti del cane  -anche lui pastore- che giustamente si rifiuta di svolgere tutto il lavoro da solo mentre il padrone se la spassa allegramente su internet. La politica nostrana, così beatamente ignara delle istanze che lo Spirito del tempo esprime, e così palesemente allergica alle nuove tecnologie, potrebbe dunque bloccare l'Italia negli ingranaggi oscurantisti di una riforma atta gestire l’utilizzo della rete. Vediamo come.

In primis occorre dire che, anche rimanendo nella situazione che ad oggi contraddistingue l'uso che gli italiani fanno del Web e la possibilità di accedervi, la realtà presenta aspetti tutt'altro che rosei: sono molte le aree dello Stivale ancora prive di connessione veloce, mentre quanti dispongono di Adsl si ritrovano a pagare abbonamenti tra i più alti d'Europa. Non solo. Recenti dati  elaborati dall' Eurostat indicano come il nostro sia l'unico Paese dell'Ue dove la diffusione di Internet arretri piuttosto che aumentare.

E se da svariati anni i nostri governanti si interrogano sui confini giuridici e la natura sociale del fenomeno, ora assimilato agli organi di stampa ora alla realtà ben più dimensionata delle bacheche universitarie, alcuni passi sembra siano già stati fatti, con risvolti che fanno discutere. Ha suscitato non poche polemiche ad esempio, la proposta del senatore dell'Unione Giampiero D'Alia, il quale ha steso un emendamento al dl sulla sicurezza(peraltro già approvato in Senato) finalizzato a dare al Ministro dell'Interno il compito di ordinare filtraggi e censure per tutti quei siti che presentino "apologie di reato o istigazioni a delinquere". Facebook o Youtube verrebbero pertanto completamente oscurati considerando i video d'istigazione alla violenza o incitamento alla mafia su di essi usualmente riprodotti. Il problema è che, stando alla disposizione formulata da G. D'Alia, assieme al video incriminato verrebbe brutalmente censurato anche l'enorme capitale informativo che tali siti offrono ai navigatori.  In seguito al polverone di commenti ironici e allarmistici diffusi all'Estero riguardo a tale proposta, il deputato del Popolo delle Libertà, Roberto Cassinelli, ha infatti optato per una modifica contraria al principio dell'oscuramento, e a favore della più sensata "istituzione di un tavolo tecnico" per una legislazione organica e oggettiva che renda merito alla complessità e all'impatto sociale della rete.

Il dl Carlucci: chi la fa l'aspetti. Anche Gabriella Carlucci, deputato del Pdl, ha pensato bene di intervenire in materia. Il disegno di legge da lei proposto ha provocato nello scenario impersonale del Web roventi diatribe, portando gli internauti a proporre raccolte di firme e azioni simboliche volte a scongiurare l'approvazione di un dl che solo in apparenza si propone di arginare il fenomeno della pedofilia, nascondendo -pare- ben altre mire. Presentato in qualità di proposta contro l'abuso sessuale sui minori, il testo si scaglia contro l'anonimato tipico dell'utente internettiano. Quando il dl Carlucci è stato diffuso sul web tuttavia, qualcuno, tra coloro che l'hanno scaricato, si è divertito a scoprire il vero autore del testo di legge, alias Davide Rossi, nonchè Presidente di Univideo, celebre e potente lobby del tessuto editoriale italiano. "Evidentemente- scrive ironicamente un giornalista dell'unità- la Carlucci non sapeva che ogni file conserva memoria di colui che l'ha redatto, e che questo 'ricordo' riemerge nel momento in cui il file viene aperto".

Pirati francesi. Davide Rossi, che ultimamente ha espresso come a suo modesto avviso "Internet non serva all'umanità"( negando fior di eccellenti e fondate teorie sulla rivoluzione psico-socio-economica generata nel mondo dalla rete), potrebbe in effetti essersi ispirato al recente e controverso progetto di legge "per la difesa dei diritti d'autore e internet" proposto dal Ministero della cultura francese. La normativa contenuta nel dl prevede, in sostanza, la sospensione della connessione al web per chi scarica illegalmente file di musica e film: una mail di avvertimento viene spedita all'utente "pirata", il quale, se non modifica le sue abitudini, dopo 6 mesi viene raggiunto da una seconda missiva questa volta sottoforma di raccomandata a domicilio.

Trascorso un anno allo Stato francese non resta che tagliare i viveri digitali al recidivo duro d'orecchi e smanettone, che vedrà così la propria utenza sconnessa ed estromessa dal web per diversi anni a venire. Incaricato di monitorare e gestire l'intera faccenda sarebbe un nuovo ente, una sorta di Authority creata ad hoc al fine di far valere e proteggere i diritti delle opere diffuse in rete. Ovviamente, pur con il plauso di una cinquantina di artisti, la legge non è affatto piaciuta al popolo della rete: "Siamo milioni e fanno di noi dei pirati" recita lo slogan del collettivo di blogger Reseau des pirates, il quale sembra abbia già raggiunto milioni di internauti,chiamati alla mobilitazione virtuale e alla firma del "Patto per le libertà digitali", un testo già divenuto documento di culto tra gli amanti della connessione e delle dispense musicali e filmiche che la rete offre, incondizionatamente, al navigatore del terzo Millennio.  



gdc     


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