Singolare Anedotto di D'Annunzio Burlone: Giovinetto

24 Settembre 2015   10:00  

Gabriele d’Annunzio e la sua sorellina Annina da giovinetti erano molto belli e rassomigliavano molto alla madre anch’ella dai tratti dolci e amorevoli.

Gabriele era spiritoso, eccessivo negli scherzi e cavilloso nei giochi ed anche un po’ superbo specie la domenica quando Donna Luisa gli metteva il vestito nuovo, l’orologio e la catena d’oro per portarlo a messa ed a passeggio insieme al domestico Gennaro.

Nel 1874 all’età di undici anni entrò nel collegio Cicognini di Prato per volere del padre che aveva intuito le eccezionali potenzialità del figlio.

A questo proposito il poeta disse «La providenza di mio padre che mi vietava la barbara terra d'Abruzzi finché non fossi intoscanito incorruttibilmente».

Dal suo luogo di studio scriveva spesso ai compagni ricordando loro le violente battaglie con sciabole e fucili di legno che ogni sera facevano sui bastioni della Fortezza.

Scriveva continuamente ai genitori e ogni mese mandava una lettera al maestro delle elementari Giovanni Sisti, il quale le leggeva in classe e diceva “Questo è un alunno che mi fa onore voialtri dovreste prenere lo zufolo ed andare a pascolare le pecore”.

Nel giugno del 1875, dopo aver superato gli esami della seconda ginnasiale, Gabriellino tornò in vacanza nella sua città.

Arrivò a Pescara vestito da convittore: sembrava un ufficialetto degli ussari ungheresi: giubba nera con due file di cinque bottoni di stoffa nera e, tra un bottone e l’altro in senso orizzontale tanti cordoni di seta nera.

La madre commossa, nel vederlo così bello scese velocemente giù per le scale per abbracciarlo e baciarlo cento, mille volte.   

Prima che si cambiasse d’abito che gli stava molto bene, Donna Luisa mandò a chiamare tutti i suoi amici ed in un momento la casa si riempì.

Vennero Vittorio, Ciccillo e Achille Pepe, Pasquino, Alfredo, Levino, Fermina e la bionda Diletta Menna, Nicolla De Marinis che sposò la sorella di Gabriele Annina e altri amici.

Mancava solo la bella Mariannina Cortes, dal bel viso e due grandi occhi che la facevano rassomigliare alla Fornarina, che il poeta amava molto sin da bambino.

Ad un tratto, mentre Donna Luisa offriva paste e liquori come in una festa, a Gabriele venne in mente una delle sue diavolerie solite.

Si assentò dalla conversazione senza farsi scorgere, chiamò la cameriera e con lei andò in cantina per trovare, tra legna e botti, dei grossi scorpioni, poi pregò la donna d’infarinarli subito e di friggerli.

Appena pronti Gabriele li mise in un piatto ed andò ad offrirli alle signorine che credettero a qualcosa di buono, i suoi compagni, invece, conoscendolo capirono subito che si trattava di un “brutto tiro”, li rifiutarono e si misero a ridere, le ragazze allora si resero conto del tremendo scherzo e, terrorizzate, buttarono a terra quel… buon fritto di scorpioni.

Ricostruzione storiografica di Elisabetta Mancinelli
email mancinella elisabetta@gmail.com


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