LItalia è un punto di riferimento nel mondo per le sue splendide città darte, le bellezze paesaggistiche e il più alto numero al mondo di beni artistici e culturali, ma anche per la moda, la letteratura, il design, lo sport e, soprattutto, per la buona cucina. E la vasta tradizione enogastromica nazionale, infatti, che porta ogni anno nel nostro paese milioni di turisti, attirati dalla consapevolezza di trovare, nei piatti tipici di ogni regione, la qualità, il buon gusto e la tradizione che incarnano i valori più significativi dello stile di vita italiano. Uno stile che tutto il mondo cerca di imitare, il più delle volte commercializzando prodotti che, pur avendo nomi italiani, non provengono dallItalia. E il dilagante fenomeno della contraffazione, che investe diversi settori del Made in Italy, dalla moda ai prodotti e alle ricette alimentari che, in una ricerca condotta dallAccademia italiana di cucina (Aic), risultano essere spesso ben diverse dalle originali italiane.
Le 73 delegazioni dellAccademia, che operano in 40 paesi stranieri, sono impegnate da 50 anni nella lotta al falso alimentare, una manomissione che ormai, come emerge dalla ricerca, è dilagata ovunque. Negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, ma anche in Irlanda, Portogallo, Finlandia e Germania, si è diffusa, infatti, una rete di ristoranti dallinsegna italiana ma dal menù atipico e poco rispettoso delle nostre tradizioni, come labuso di condimenti che non appartengono alla nostra cucina o labitudine, davvero poco italiana, di accompagnare un primo e un secondo con il cappuccino.
Inizialmente il ristorante italiano rappresentava un punto di ritrovo per gli emigranti italiani allestero, che lì mitigavano la nostalgia della terra natìa con i sapori tipici e autentici di una cucina spesso molto diversa da quella locale. In poco tempo questi luoghi di ritrovo sono diventati veri e propri templi del mangiar bene e di qualità, portando per contro alla diffusione di quella rete di ristoranti così sfacciatamente poco italiani, attirati dal percorso sviluppatosi in tutto il mondo sulla base di tre percezioni forti: la valenza salutistica della dieta mediterranea, la qualità riconosciuta ad alcuni prodotti (vino, pasta, olio extravergine doliva, salumi, formaggi), la capacità di trasformare il pasto in un vero e proprio rito collettivo. Secondo lindagine Aic, solo il 40% dei 60mila ristoranti italiani nel mondo, ha conservato la tradizione e il legame forte con il paese dorigine. In molti casi, questo è dovuto alla mancanza di chef italiani (il 47% sono di altri paesi), con una vera cultura gastronomica del nostro paese e che propongono quindi, una sorta di cucina ibrida, frutto del connubio con la cucina tipica del posto. Su questo argomento la delegazione Aic di New York si è espressa in modo categorico: "Bisogna formare una nuova generazione di chef italiani che ripristino le tradizioni della vera cucina italiana e che siano disposti a viaggiare per diventare ambasciatori della nostra arte culinaria". (segue)
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