Stagione teatrale Atam, a Pratola Peligna "Il caso Dorian Gray"

16 Febbraio 2011   10:40  

Appuntamento dell'Atam al teatro D'Andrea di Pratola Peligna venerdì 18 alle 21.00 con "Il caso Dorian Gray" di Giuseppe Manfridi, per la regia di Pino Micol e con Manuele Morgese.T

Tre personaggi e una sola storia che, per ragioni diverse, riguarda ciascuno di loro. Henry, Basil e Dorian. Sofisticato e fatuo il primo; morboso e solitario, il secondo; vanitoso e perfido il terzo, Dorian Gray, che nel romanzo di Oscar Wilde assurge a protagonista assoluto. La trama è ripensata nei termini di un’indagine processuale. Al centro dell’inchiesta, un mistero dall’intreccio tanto articolato da non essere noto, nella sua interezza, a nessuno dei tre protagonisti. Henry, Basil e Dorian si avvicenderanno, così, in una serie di deposizioni corrispondenti ad altrettante visioni dei fatti. Tre punti di vista che, congiunti, daranno allo spettatore la chiave di questo formidabile enigma che offre i connotati di un noir senza precedenti. “Il genio di Wilde – spiega il regista, Pino Micol - tenta di raccontare i diabolici eventi; Manfridi, impavido, cerca di andare oltre e di scavare nell'anima dei protagonisti dell'evento inimmaginabile; Manuele ed io tentiamo di esorcizzare le paure legate all'evento spaventoso, giocando a riproporlo in teatro, unico luogo in cui un attore, impasto di realtà e sogno, diventa uno e tre personaggi, confrontandoli, diventando ora l'uno ora l'altro, senza aver paura di presentare la verità di ognuno come la verità assoluta; sempre e comunque in bilico fra lucidità e follia”. L’allestimento de “Il caso Dorian Gray” è una delle tangibili dimostrazioni di come il teatro sia davvero “unico luogo in grado di reggere l’impossibile” e quindi il luogo ideale per rinarrare un capolavoro dalle atmosfere inquietanti come il romanzo di Oscar Wilde. Un pittore di discreta fama, Basil Hallward, incantato dalla candida avvenenza di questo Adone, “fatto d’avorio e petali di rosa”, lo ritrae nel fiore degli anni e il meraviglioso quadro suscita l’odio del capriccioso modello, reso ancora più consapevole della sua bellezza dalle teorie del cinico amico Lord Henry Wotton. L’ostentazione, in un momento di rabbia, del folle desiderio che il quadro invecchi al suo posto, preservando il suo aspetto dagli insulti del tempo, produce un misterioso sortilegio: da quel giorno gli anni trascorrono senza lasciare traccia sul bellissimo volto del ragazzo, mentre i segni dell’età e del vizio più smodato deturpano il ritratto.
Ed è lui, Dorian, il protagonista del romanzo di Wilde, mentre la riscrittura scenica di Giuseppe Manfridi lo pone invece sullo stesso piano dei due amici, Basil ed Henry. Tutti e tre si avvicenderanno sul palcoscenico rivestito interamente di suggestivi drappi neri, raccontando ognuno la propria parte di storia, dal proprio punto di vista. L’attore Manuele Morgese sa essere uno e trino come solo il teatro consente agli esseri umani: capace di cambiare tono e voce, espressione e colore, sembianze e movenze, ora è il cinismo personificato in Hanry Wotton, ora il morboso pittore Basil, ora il capriccioso Dorian Gray. Quest’ultimo, un po’ bambino viziato, un po’ isterico dandy, conclude il processo, scandito da lugubri rintocchi di campane e da sinistri effetti sonori.


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