"Steve Jobs? Arrivista e disonesto" documento shock dell'FBI

Pubblicata un'inchesta sul papà della 'Apple'

10 Febbraio 2012   12:18  

Alcune riviste, tra le quali c'è anche 'Wired', ha chiesto all'FBI di diffondere il dossier riguardante Steve Jobs. Per due volte nella sua vita il papà della Apple ebbe a che fare con l'agenzia investigativa americana. La prima risale al 1985, quando l'imprenditore denunciò una chiamata minacciosa di un uomo: “Ci sono tre bombe nella tua casa. Consegnami un milione di dollari o le farò esplodere". La segnalazione si risolse con le rassicurazioni dell'ufficio federale: "Nessuna bomba".


Il secondo 'incontro' con l'FBI avvenne nel 1991, quando Steve Jobs fu chiamato alla Casa Bianca per un appuntamento con l'allora presidente degli Stati Uniti, George H. W. Bush. Come da prassi, i federali indagarono nella vita privata dell'informatico intervistando una trentina di persone tra parenti ed amici. Tutti risultarono essere d'accordo sulle qualità imprenditoriali dell'uomo, decisamente meno, invece, su quelle umane. 


Secondo alcuni, infatti, "[Jobs] trattava le persone giustamente e aveva a cuore i problemi e i bisogni degli altri". Molti, invece, hanno dipinto il papà del Mac come un'arrivista che aveva perso lungo il cammino qualsiasi concetto di moralità. Un intervistato ha addirittura rivelato all'FBI che Steve Jobs non riteneva che l'integrità e l'onestà fossero delle qualità che un uomo politico dovesse avere.


Piccoli accenni vennero fatti anche sull'uso di droghe da parte di Steve Jobs in età giovanile, riconducibile ad una passione adolescenziale per LSD e la marijuana. Nulla di nuovo sotto questo punto di vista, perchè fu lui stesso ad amettere l'uso di sostanze stupefacenti in gioventù e non negò mai la ribellione che contraddistinse i suoi primi anni di vita.


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