Sussidio. I dubbi degli economisti sul decreto anticrisi

Vera indennità o semplice indennizzo?

23 Marzo 2009   17:02  
Risale a qualche giorno fa l'annuncio del governo sul raddoppio dell'indennità ai co.co.pro che perdono il lavoro. Giornali e televisioni hanno veicolato la notizia con fare solenne, dando per scontato che tale misura possa, almeno in parte, risollevare le sorti di quella categoria di lavoratori di fatto ai margini del sistema economico, alle prese con realtà contrattuali che molto lasciano a desiderare, e ben poco a sperare una volta concluse.

Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano Sacchi commentano, su Lavoce.info, l'iniziativa del governo, illustrandone principi e inadeguatezze, regole e punti d'ombra, dimensioni statistiche e interrogativi sociali, in un articolo sobrio e autorevole che ha il grande merito di esporre i fatti e non soltanto le opinioni.

UN SUSSIDIO "LASCIA E RADDOPPIA"

Secondo i tre economisti il problema sussidio è lungi dall'essere risolto. "Con i collaboratori- scrivono i tre ricercatori- il governo sta giocando a un nuovo gioco, “Lascia e raddoppia”: li lascia senza tutele e raddoppia una misura che poco ha a che vedere con i sussidi di disoccupazione, e che riguarderà un numero esiguo di lavoratori".

Nonostante le critiche e le analisi scoraggianti circa le misure contenute nel decreto anticrisi attualmente in discussione, le modifiche apportate in sede di conversione del dl non hanno di fatto modificato la platea di beneficiari coinvolti dalla prestazione: i co.co.co della pubblica amministrazione iscritti alla gestione separata dell'Inps, con un solo committente, ne risultano infatti ancora estromessi.  Non che i co.co.pro abbiano molto da gioire:

"La principale differenza con la proposta iniziale è che adesso quella che il governo chiama “indennità di reinserimento” viene data “nei casi di fine lavoro”, qualunque cosa questa espressione significhi. Insomma, per avere l'indennità, i co.co.pro con un unico committente devono aver lavorato e guadagnato qualcosa, ma non troppo nel 2008: il requisito implica che debbano avere guadagnato tra 5mila e 11.516 euro lordi. E soprattutto devono avere lavorato anche nel 2009, per almeno 3.560 euro lordi, prima della “fine lavoro”. L’indennità per quanti potranno accedervi sarà compresa tra 1.000 e 2.300 euro, il 20 per cento della retribuzione del 2008, in media saranno circa 1.600 euro.

Quanti otterranno la prestazione? Oltreché dall’andamento del mercato del lavoro, dipenderà dai criteri di accesso che verranno specificati in un futuro decreto del ministro del Lavoro in base alla definizione di “fine lavoro”. Che succede ad esempio se Gianni, che soddisfa tutti i requisiti, vede scadere il proprio contratto a progetto ad aprile, a maggio resta senza lavoro e stipula un nuovo contratto a progetto a giugno? Ottiene l’indennità o no? Se sì, la ottiene esattamente come e per lo stesso importo di Amanda, il cui contratto scade ad aprile, ma che non trova più lavoro per tutto l’anno? Indipendentemente da tutto ciò, l'aspetto più importante è che potranno comunque avere accesso alla prestazione circa 69mila co.co.pro, su un totale di circa 550mila: il 12,5 per cento. In sostanza, se tutti i co.co.pro oggi occupati in Italia perdessero il lavoro, solo uno su otto potrebbe reclamare la prestazione.

Segue video tratto da Ballarò con intervento di Tito Boeri sulla questione degli ammortizzatori sociali in Italia:


 

UN "INDENNIZZO ALLA SOTTO-OCCUPAZIONE"

Per Sacchi, Richiardi e Berton tale prestazione non può in alcun modo essere definita come un'indennità di disoccupazione, ma piuttosto come un "indennizzo alla sotto-occupazione concessa soltanto ad alcuni co.co.pro" e preclusa a tanti altri collaboratori nelle stesse condizioni di difficoltà economica: "... Per tornare all’esempio di prima, è possibile che la ottengano Gianni e Amanda, mentre invece ne sarebbe esclusa Sonia, che soddisfa tutti i requisiti, ma il cui contratto da mille euro al mese è scaduto a marzo, e ha quindi guadagnato meno di 3.560 euro. E poi, perché solo i co.co.pro? I contratti di collaborazione scadranno anche nella pubblica amministrazione, si suppone".

QUANTO COSTA LA VERA INDENNITA'

Un'indennità di disoccupazione che possa definirsi tale per tutti i collaboratori coordinati e a progetto, e che garantisca quindi "il 60 per cento dell’ultima retribuzione per un massimo di 6 mesi e la contribuzione figurativa per le pensioni, modellata sui requisiti attualmente in vigore per le prestazioni di malattia e maternità per questi lavoratori", costerebbe, secondo le stime dei tre economisti, circa un miliardo di euro l'anno a fronte dei 120 milioni di euro "necessari per l’indennità di reinserimento, nell’improbabile caso in cui tutti i 69mila potenziali beneficiari perdessero il lavoro".

Anche in tal caso tuttavia- avvisano i ricercatori- circa il 40% dei collaboratori coordinati e a progetto non avrebbero accesso alla prestazione, come accade attualmente per il 50% dei somministrati, il 40% dei lavoratori a tempo determinato e l'80% degli apprendisti. Ma l'esecutivo si è espresso nettamente sulla concessione automatica del sussidio, mostrando di non gradirlo in quanto alibi potenziale delle aziende che intendono liberarsi dei lavoratori nei periodi di crisi. Un timore che gli autori non condividono:

"La posizione del governo è chiara: non concedere diritti “automatici” ai disoccupati, ma eventualmente solo benefici su base negoziale. La giustificazione starebbe nel fatto che la negoziazione dovrebbe disincentivare l'espulsione di forza lavoro. In realtà, questo non farà che privilegiare ulteriormente i lavoratori più forti, quelli a tempo indeterminato delle grandi imprese, più rappresentati. Con buona pace degli altri, che sono anche quelli più a rischi. La necessità, soprattutto in un periodo di crisi, di estendere su base certa i diritti al sostegno del reddito a tutti i lavoratori è invece sostenuta a gran voce da molti commentatori. Tito Boeri e Pietro Garibaldi hanno stimato in 15,5 miliardi il costo di un sussidio unico per tutti i disoccupati, una cifra non lontana dai 18 miliardi da noi indicati in un precedente articolo..."

IL MODELLO EUROPEO

"In alternativa- scrivono i tre economisti sulla Voce.info- abbiamo proposto di adottare un sistema di sostegno al reddito di tipo europeo, articolato su tre livelli, oltre alle integrazioni salariali che potrebbero restare su base volontaria: un sussidio di disoccupazione con requisiti contributivi, quindi non per tutti i disoccupati; un sussidio di disoccupazione senza requisiti contributivi ma sottoposto allaprova dei mezzi, quindi per tutti i disoccupati, purché in effettivo stato di bisogno; un livello minimo di assistenza rivolto a tutti i cittadini e non solamente ai lavoratori, purché in stato di necessità: il reddito minimo di inserimento, auspicato, tra gli altri, anche da Boeri e Garibaldi. Secondo le nostre stime, tutto il pacchetto costerebbe 15,5 miliardi di euro all’anno e sarebbe relativamente facile da finanziare".


I precedenti servizi di economia sul modello danese della Flexicurity e sul sussidio unico di disoccupazione teorizzato da Boeri



gdc

 

 


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