Teatino ucciso al Cairo, la famiglia non è al corrente degli atti dell'inchiesta

Bara tornata in Italia sigillata

18 Aprile 2014   10:23  

Ancora troppi i punti oscuri che permangono nella tragica vicenda di Enio Petini, il 65enne originario di Chieti ucciso a pugnalate nel proprio appartamento al Cairo lo scorso 13 gennaio.

In apparenza, il caso sembrerebbe risolto, essendo stato arrestato il presunto omicida, un egiziano, ed individuato il movente in una rapina, ma mancano del tutto vari dettagli fondamentali, a partire dall'identità e dal volto del rapinatore, tuttora sconosciuti alle quattro sorelle (Paola, Annamaria, Grazie e Mirella) della vittima.

Del loro congiunto, trasferitosi in Egitto dopo essere andato in pensione, le donne non hanno nemmeno potuto riavere gli effetti personali e, cosa ancor peggiore, non sono neanche riuscite a vederne il corpo, poiché la bara in cui la salma è tornata in Italia tre giorni fa era sigillata, ed altro non è rimasto da fare che celebrarne i funerali e seppellirlo nel cmitero del capoluogo teatino.

Ma non solo: le familiari di Petini non hanno nemmeno potuto venire a conoscenza degli atti giudiziari riguardanti l'omicidio. Alla loro richiesta formale in merito, le autorità egiziane hanno infatti risposto limitandosi ad inviare tre fax pressoché illeggibili, su uno dei quali era riportata l'immagine del corpo del fratello, ridotto però ad una sagoma.

Le quattro donne, di conseguenza, hanno deciso di rivolgersi alla Procura della Repubblica di Chieti che, tramite il sostituto procuratore Marika Ponziani, ha provveduto ad aprire a sua volta un fascicolo sulla morte di Petini, ma di fatto può solo limitarsi a sollecitare l'autorità giudiziaria del paese nordafricano a fornire copie leggibili degli atti.


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