Ordine del giorno del consiglio provinciale di Teramo contro gli aumenti di pedaggio sull'A24. E' stato approvato nella seduta di ieri. Lo aveva presentato il consigliere di Rifondazione Raimondo Sfrattoni. Nel documento si impegna la Provincia a inoltrare "richiesta di accesso agli atti per un eventuale ricorso", nonché ad "incontrare la dirigenza della società" per concertare politiche a vantaggio delle popolazioni locali, "vessate dagli oneri dei pedaggi autostradali", e ad incontrare le stesse popolazioni. In particolare, si sottolinea che l'ultimo aumento (del 6 agosto scorso) è stato attuato "quando era ancora in discussione al Tar Lazio la causa sugli aumenti precedenti". Sono infatti ancora pendenti i contenziosi avviati dalla Provincia, insieme alla Comunità montana del Gran Sasso, contro gli aumenti praticati dalla società negli anni passati a fronte di assenze e ritardi - questa l'accusa - nell'attuazione del piano di investimenti sulla rete viaria previsto nella concessione.
Un caso locale che è il riflesso di un problema che riguarda tutto il paese, ovvero gli effetti della privatizzazione della rete autostradale che non tutela i consumatori e consente profitti da capogiro ai gestori. Sulla questione ha dedicato un bel libro Giorgio Ragazzi, "I signori delle autostrade" di cui riportiamo un breve estratto:
"La rete autostradale italiana è stata costruita quasi interamente negli anni ’60 e ’70.
E’ stata finanziata quasi interamente a debito. Al tempo tutte le
autostrade facevano capo o all’Iri o agli enti locali, comuni,
province, eccetera, il loro debito era spesso garantito dallo Stato. A
fine degli anni ’90, cioè dopo 25 anni, questi investimenti erano stati ammortizzati,
i debiti rimborsati. Il capitale azionario investito nelle autostrade
era minimale, allora alla fine degli anni ’90, per logica, o si
dovevano abolire i pedaggi e rendere gratuite le autostrade, come d’altronde sono in Germania e in Inghilterra
perché l’investimento era stato ammortizzato coi pedaggi, oppure il
grosso degli utili delle concessionarie avrebbe dovuto essere passato
allo Stato come imposte o quello che sia com’era previsto dalle Leggi
al tempo.
Che cosa è successo però? L’Iri aveva bisogno di soldi e aveva deciso di privatizzare la società Autostrade, che è la più importante con circa il 65% della rete autostradale di sua proprietà, per agevolare questa privatizzazione sono state fatte delle concessioni, quelle che io chiamo regali enormi
a queste concessionarie. Già prima gli era stato concesso di fare la
rivalutazione monetaria, quindi di aumentare molto il valore di libro
del loro patrimonio che poi doveva essere remunerato coi pedaggi, poi
sono state prorogate le concessioni più o meno
gratuitamente per mediamente 10 anni. Di questo gli utenti non si sono
accorti, non hanno percepito il fenomeno perché loro vanno, pagano il
pedaggio e non sanno particolarmente, ma è facile rendersi conto
dell’enormità del regalo che riceve una concessionaria se si fa una
leggina e gli si proroga di 10 anni la concessione. Il problema oggi è
che queste concessionarie fanno enormi profitti, non
hanno investito nel settore perché non è stato costruito più nulla,
quindi hanno investito in operazioni finanziarie, in titoli
diversificando nel settore immobiliare, ora stanno investendo anche
all’estero eccetera, quindi noi abbiamo pedaggi molto elevati e una rete autostradale ormai vecchia, del tutto insufficiente in una situazione triste ed anomala.
Il vero problema è che questi pedaggi una volta completato l’ammortamento sono in realtà delle imposte e allora se dobbiamo pagare le imposte tant’ è che le incassi lo Stato non dei concessionari che non hanno mai investito nulla
nella concessione. Per dire se le autostrade sono molto care in senso
generale non si può, nel senso che a volte vengono raffrontati pedaggi
pagati in Italia con quelli, ad esempio, pagati in Francia. E’ chiaro
che il pedaggio deve riflettere il fatto che l’autostrada sia costata
molto poco, sia stata ammortizzata, quanto traffico ci passa eccetera,
quindi non conta guardare il livello assoluto del pedaggio ma
rapportarlo alla redditività delle concessionarie perché il pedaggio,
oltre che coprire i costi, dovrebbe servire ad assicurare una
remunerazione ragionevole e congrua sul capitale investito, quindi è
importante nel valutare il livello del pedaggio andare a vedere qual è il capitale investito.
A partire dal ’99 è stato introdotto in Italia il cosiddetto price-cap
che è una formula con la quale vengono determinati gli incrementi
tariffari di anno in anno.
Qui il sistema ha due difetti
fondamentali: primo è il dato di partenza, ossia è stato regolamentato
l’incremento delle tariffe ma si sono prese per buone le tariffe
esistenti all’epoca, quando il capitale investito da queste
concessionarie era bassissimo, quindi senza tenere conto del fatto che
queste già avevano un livello di profittabilità assolutamente
ingiustificato. Questo viene fatto sulla base di un piano finanziario,
c’è una parte che compensa l’inflazione, una parte che invece tiene
conto di una serie di fattori, tra cui anche l’incremento previsto dal
traffico. Per cui cos’è successo fino ad oggi? E’ successo che l’Anas faceva delle previsioni di incremento del traffico prudentissime, bassissime, che sono state sempre molto inferiori alla realtà. Tutto l’incremento del traffico superiore a queste previsioni è andato come profitto netto nelle tasche delle concessionarie,
quindi era anche facile, avendo buon rapporto con l’Anas, io credo (con
una certa malizia) fare un piano finanziario con previsioni bassissime
di traffico e poi fare profitti in più.
Un terzo elemento è la cosiddetta remunerazione della qualità,
che è un concetto fantasioso perché la qualità viene misurata sia in
rapporto a un indice sulla qualità della pavimentazione, sia a un
indice di mortalità. Se diminuisce la mortalità aumentano le tariffe.
Però non c’è nessuna relazione fra i costi investiti dalle
concessionarie per migliorare la qualità e i benefici che hanno in
termini di aumento delle tariffe. Cioè se viene introdotta una
regolamentazione più stringente, la patente a punti, i limiti di
velocità eccetera, diminuisce la mortalità, sia sulle autostrade che
sulle strade statali, ebbene loro come conseguenza hanno un incremento della tariffa assolutamente ingiustificato.
Sono chiare varie cose: primo che occorrerà aumentare gli investimenti nelle infrastrutture in autostrade perché il Paese non investe più da 30 anni
quindi siamo rimasti assolutamente indietro. Secondo: costruire oggi
autostrade costa enormemente più di quanto costava in passato, faccio
un esempio, oggi costruire un’autostrada costa fra i 25 e i 50 milioni
di euro al chilometro. La società Autostrade è stata
privatizzata all’inizio del 2000 ad un prezzo che rapportato ai
chilometri gestiti equivale a due milioni e ottocentomila euro per
chilometro, quindi hanno pagato quell’importo per la rete esistente,
per farne nuove ci vuole dieci volte tanto. Allora è chiaro che per
costruire nuove autostrade con concessioni in project financing
è necessario applicare pedaggi molto elevati, mentre la rete esistente
giustificherebbe pedaggi molto più bassi di quelli che sono in vigore
oggi. Allora quello che io ho proposto in questo libro è rescindere il legame tra il pedaggio pagato dall’utente e il pedaggio incassato dalla concessionaria.
Perciò avere una tariffa nazionale omogenea che viene pagata dagli
utenti. Nelle autostrade dove si riconosce al concessionario meno
perché l’autostrada nel frattempo è stata interamente ammortizzata, la
differenza dovrebbe essere recuperata a un fondo strade che l’utilizza
per ridurre i pedaggi e finanziare le nuove iniziative."
ACCADEVA NEL 2006
Una notizia che fa esultare la Regione Abruzzo e i tanti pendolari che ogni giorno percorrono le autostrade A24 e A 25: il Tar del Lazio ha infatti accolto il ricorso con cui venivano contestati gli aumenti tariffari applicati, a questo punto in modo illegittimo, dalla Società Strada dei Parchi, gestore privato di una delle più importanti arterie viarie abruzzese. Negli ultimi tre anni la Società del costruttore Carlo Toto ha aumentato del 50% i pedaggi ma, come più volte denunciato da Enti locali e associazioni dei consumatori, non ha rispettato la convenzione sottoscritta con la regione, che prevedeva investimenti economici per la manutenzione, la sicurezza ed i servizi del tratto autostradale. Nel calcolo tariffario inoltre la società avrebbe fatto rientrare tratti nuovi non ancora costruiti come la Villa Vomano-Teramo: lavori per i quali la Strada dei Parchi sarebbe inadempiente e l´Anas colpevole di non aver controllato. Soddisfazione per l´esito del giudizio è stata espressa dal presidente della regione Del Turco "Non passerà mai l´idea - ha affermato - che un settore così strategico come le vie di comunicazione siano sottratte al controllo della Regione". La convenzione, ha aggiunto Del Turco, dovrà essere a questo punto rinegoziata e gli investimenti da parte della società di gestione non sono più rimandabili. I cittadini dal canto loro si aspettano ora una riduzione delle tariffe, considerato che l´autostrada dei parchi è una delle più care d´Italia, e soprattutto che non si verifichino i gravi disservizi dell´inverno passato con tanti automobilisti bloccati dalla neve sull´A24 e lasciati a se stessi per ore.