"Ultimo tango a Parigi", pm Amato: "La censura? Non mi sognerei di ripetere quel provvedimento"

A 40 anni dall'uscita del film

14 Marzo 2012   15:01  

Sono passati 40 anni dall'uscita del capolavoro di Bernardo Bertolucci "Ultimo tango a Parigi". Nel 1972 il film fu censurato per le esplicite scene di sesso. Il pm che ne ordinò il sequestro, Niccolò Amato, ha rilasciato un'intervista a 'Adnkronos' e parlando del provvedimento preso nei confronti del film di Bertolucci ha dichiarato che se fosse uscito ora non avrebbe preso la stessa decisione: "Non mi sognerei di ripetere quel provvedimento, oggi non considererei quel film scandaloso. Se c'è un concetto accolto nel sistema giuridico, che varia di epoca in epoca, è il concetto di pudore: 40 anni fa 'Ultimo Tango a Parigi' era un film che poteva colpire. La lesione della norma mi sembrava esigesse quel provvedimento. Il concetto del pudore - aggiunge l'ex pm della procura di Roma - per quanto riguarda la sfera sessuale, nel corso degli anni si è evoluto in modo radicale: in compenso ci sono fatti osceni e scandalosi nella lesione di interessi pubblici e nel senso di decoro sociale che fanno impallidire quelle lontanissime offese al pudore. Alla luce degli scandali di oggi quelli di allora assumono un aspetto patetico".

"Ultimo tango a Parigi" venne proiettato in versione integrale per la prima volta a New York nell'ottobre 1972, sempre nello stesso anno arrivò al Festival di Venezia ma venne bocciato dalla commissione ministeriale dopo la visione di alcune scene. Il film venne proiettato sia a Roma che a Milano il 15 dicembre ma pochi giorni dopo, per la precisione il 21 il pm Amato ne ordinò il sequestro con l'accusa di 'esaperato pansessualismo fine a se stesso'.

Amato, pur apprezzando il film ("era fatto bene e interpretato molto bene"), immaginò "che non ci fosse neppure un'intenzione di fare scandalo, ma che la forzatura fosse dettata dall'ispirazione artistica". All'epoca, quindi, si è visto costretto ad ordinarne il sequestro ben consapevole delle polemiche che ne sarebbero conseguite ma il suo compito era quello di applicare la legge: "Capisco anche le ragioni delle polemiche: quello che non si capiva allora e che a volte non si comprende oggi è che il magistrato, o chi deve svolgere un servizio difficile, come è quello di giudicare, si trova diviso tra esigenze diverse. Ma il giudice non fa la legge, la applica".


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