La campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale
dell’Abruzzo, qualunque sia l’esito finale, fa segnare un
dato che appare quantomeno significativo: per la prima volta entrambi
i candidati dei due schieramente che quasi certamente si
contenderanno la posta in palio finale provengono
dall’amministrazione locale, essendo stati sindaci.
Gianni
Chiodi nella città di Teramo, uomo “senza tessera di
partito”, come è stato più volte definito, a capo
di una coalizione di centro-destra, Carlo Costantini a San Giovanni
Teatino, come esponente del Ppi e del centro-sinistra. Il fatto che
due ex primi cittadini siano in corsa per la carica di Presidente
della Regione lascia ben sperare per il futuro del sistema delle
autonomie locali che, negli ultimi tre anni, ha conosciuto una fase
di delegittimazione abbastanza evidente.
La maggioranza che ha
governato fino ad oggi, tranne qualche rarissima eccezione, non ha
mostrato alcun interesse per le sorti dei comuni, in particolare di
quelli più piccoli: fondi per le opere pubbliche distribuiti
con il contagocce, mancanza di qualsiasi coinvolgimento
nell’individuazione delle infrastrutture prioritarie per il
riequilibrio territoriale, assenza di concertazione sulle riforme
della governance locale e si potrebbe andare avanti a lungo.
È
ora di invertire la rotta, perché gli enti locali
rappresentano lo sportello avanzato delle istituzioni nei confronti
dei cittadini, che ne ascoltano le esigenze e i bisogni e,
soprattutto, che si fanno carico delle maggiori responsabilità
nella gestione del territorio. Rilanciare l’azione regionale in
settori strategici quali la tutela ambientale e la prevenzione del
rischio idrogeologico, i trasporti e la mobilità, la
valorizzazione dei beni culturali, l’alleggerimento del carico
fiscale per le imprese che operano nelle zone svantaggiate, è
una necessità non più rinviabile. E farlo con una
Regione forte e legittimata dal consenso popolare è una
possibilità che oggi abbiamo e che dobbiamo saper sfruttare al
meglio, per recuperare il tempo che si è perso.
Perché
costruire la casa di tutti gli abruzzesi senza il coinvolgimento del
livello amministrativo che sta alle fondamenta dell’assetto
istituzionale significherebbe lasciare fuori un segmento
significativo della società regionale e ricadere negli errori
del passato.
Un lusso che non possiamo permetterci.