"Zingari delinquenti" non si dice, è reato. Lo ha ribadito la Cassazione

12 Dicembre 2012   16:43  

Affermare che gli zingari sono "delinquenti", "assassini" e "canaglie" e' espressione di discriminazione razziale.

Lo sottolinea la Cassazione, annullando con rinvio la sentenza con cui la Corte d'appello di Trento aveva assolto un imputato, all'epoca dei fatti consigliere comunale del capoluogo trentino, finito sotto processo per un intervento, tenuto durante una seduta consiliare, con cui, secondo l'accusa, aveva diffuso "idee fondate sull'odio e sulla discriminazione razziale nei confronti delle comunita' Rom e Sinti".

I giudici del merito avevano assolto l'imputato ritenendo che, nel caso in esame, non si potesse parlare di propaganda di idee fondate sulla superiorita' o sull'odio razziale ed etnico, ma piuttosto di diffamazione. Del tutto diversa la tesi della Cassazione, secondo la quale, nell'intervento del consigliere comunale, vanno evidenziate note razziste, come sollecitato dal pg di Trento il cui ricorso e' stato accolto dalla Suprema Corte. Il discorso tenuto in Consiglio comunale dall'imputato riguardava, in particolare, la mancata frequenza della scuola da parte dei bambini nomadi: in un punto del suo intervento, il consigliere aveva parlato di "sedicente cultura" e "discutibili tradizioni", manifestando l'idea di fondo secondo cui "l'unica possibilita' di salvezza per i bambini di detta etnia era quella di sottrarli alle famiglie d'origine", si legge nella sentenza n.47894, della prima sezione penale, operando un vero e proprio "sequestro di Stato".

Per la Suprema Corte, "l'elemento che caratterizza la fattispecie e' la propaganda discriminatoria, intesa come diffusione di una idea di avversione tutt'altro che superficiale, non gia' indirizzata verso un gruppo di zingari (magari quelli dediti ai furti), ma verso tutti gli zingari indicati come assassini, ladri, pigri, canaglie, aguzzini e via dicendo, quindi verso il loro modo di essere, verso la loro etnia evocata espressamente, avversione apertamente argomentata sulla ritenuta diversita' e inferiorita'".

La Cassazione, nelle sue motivazioni, ricorda anche la sentenza con cui la stessa Corte, nel 2009, confermo' la condanna, tra gli alti, del sindaco di Verona, Flavio Tosi, per i manifesti diffusi nella citta' scaligera, con scritto 'via gli zingari da casa nostra'. Inoltre, gli 'ermellini' ribadiscono che "la funzione di consigliere comunale non legittima sicuramente, in esplicazione del mandato elettorale, di esprimersi con frasi di generalizzazione" espressive di "inferiorita' legate alla cultura e tradizioni di un popolo". L'assembla del Consiglio comunale, infine, e' "di norma pubblica", ed i suoi lavori "sono per lo piu' oggetto di diffusione ad opera dei mezzi informativi", rileva la Corte, "ma anche in caso contrario nulla verrebbe meno per l'integrazione dell'ipotesi delittuosa attesa l'apertura al pubblico dei lavori del Consiglio comunale". Sulla base dei principi fissati dalla Cassazione, sara' la Corte d'appello di Brescia a riesaminare la vicenda. 


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