50 bis: la libertà della rete e il retino del senatore D'Alia

L'emendamento proposto al pacchetto sicurezza

14 Febbraio 2009   17:44  

Fa discutere e incendia il dibattito in rete e fuori la rete l'emendamento al Pacchetto sicurezza a firma del senatore Udc Giampiero D'Alia approvato pochi giorni fa,  che prevede l'oscuramento di un sito nel caso esso veicoli contenuti in cui è ravvisabile l'apologia di reato. Per la precisione, citando il testo di legge all’articolo 50-bis:   "Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet" accadrà che su segnalazione del magistrato il ministro dell’Interno avrà il potere di emettere un decreto che impone agli Internet Service Provider (cioè chi ci fa connettere alla rete) di oscurare entro  24 ore i contenuti illegittimi (in questo caso si può oscurare solo il sito nella sua completezza rendendo irraggiungibile di fatto il suo nome un po' come si è già fatto con i siti di gioco d'azzardo online esteri che non potevano esistere in Italia in quanto unici titolari sono i Monopoli di Stato). Pena una multa al provider da 50 mia a 250 mila euro, e l'accusa di concorso di "apologia o di istigazione in via telematica sulla rete Internet". Si rischia cioè da 1 a 5 anni per l'istigazione a delinquere  e l'apologia di reato, da 6 mesi a 5 anni per l'istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico o all'odio fra le classi sociali.

IL GIORNALISTA DELL'ESPRESSO GIGLIOLI INTERVISTA IL SENATORE D'ALIA

 

La libertà di internet è minacciata? La rete è sotto attacco? Il mite D'Alia è Savonarola dell'era digitale?

Ciò che afferma D’Alia, giova sottolineare per prima cosa , è ineccepibile dal punto di vista normativo: “Se io dico che le Brigate Rosse hanno fatto bene a uccidere Moro, questa si chiama apologia di reato. Che io lo faccia sul blog, o lo faccia con un telegramma, lo faccia con un bigliettino o lo faccia con un comunicato stampa non cambia, sempre di reato si tratta”.  

La sua iniziativa legislativa, per altro condivisa da esponenti di tutte le forze politiche, nasce dal tentativo di porre un freno a consessi telematici che  elevano ad eroi squallidi taglia-gole, mafiosi e truci stupratori. Per dirla con D’Alia:"In questo modo diamo concretezza alle nostre iniziative per ripulire la rete, e in particolare il social network "Facebook", dagli emuli di Riina, Provenzano, delle Br, degli stupratori di Guidonia e di tutti gli altri cattivi esempi cui finora si è dato irresponsabilmente spazio. Non possiamo accettare su internet ciò che combattiamo nella realtà: ora sta a Facebook adeguarsi e dimostrare di non essere una giungla virtuale senza regole nè rispetto". 

Già, adeguarsi, è questo il punto. Internet non è una piazzetta di paese che si può “ripulire” dalle cartacce armati di buona volontà e ramazza. La rete è un qualcosa di tremendamente più complesso. E il filtro immaginato da D’Alia  non è un retino per catturare le farfalle.  

Obblighi di filtraggio  e azioni di oscuramento già  sono previste nel nostro ordinamento, dal decreto legislativo 70 del 2003,  e concernono il materiale pedo-pornografico, i siti non autorizzati che effettuano scommesse, e il materiale coperto da diritto d’autore.  

L’oscuramento funziona grosso modo cosi’: tutti i siti internet hanno un DNS cioè un Nome a Dominio per intenderci l'indirizzo che noi digitiamo per esempio il nostro sito ha DNS "www.abruzzo24ore.tv", il DNS a sua volta fa riferimento al vero nome del sito e cioè all'indirizzo univoco e fisico detto IP nel caso del nostro sito 89.97.XXX.XXX

Quindi quando l'utente digita il nome www.abruzzo24ore.tv il DNS si occupa di smistarlo al vero indirizzo fisico che è il codice numerico. La forma più semplice per oscurare un sito è che i vari distributori di collegamento internet (i provider o ISP) oscurino questo reindirizzamento quindi all'indirizzo www.abruzzo24ore.tv non faranno più corrispondere il nostro indirizzo fisico, ma una pagina che potrà essere vuota, ma molto più probabilmente un avvertimento che il sito è posto sotto sequestro o altro.

Si impedisce quindi di poter visitare il sito agevolmente, anche se spesso i siti sono comunque visitabili se si è a conoscenza dell'indirizzo IP  inoltre questa barriera può essere aggirata passando da provider non italiani e senza filtro, come quelli che impuniti continuano ad essere ospitati in Paesi come laThailandia e l’Azerbaigian.  

“La magistratura – spiega inoltre Elvira Berlingieri su Apogeo-online -  ha già adesso tutti i poteri per chiedere la rimozione di un video su You Tube in cui quattro ragazzi picchiano un loro coetaneo disabile senza che sia necessario l’intervento del ministero”.  La novità introdotta dal 50 bis è invece proprio l’intervento diretto del Ministero dell’Interno, come misura immediata e cautelare. E soprattutto l’imputabilità del provider di servizi per omissione di controllo su tutti i contenuti che esso ospita. 

E’  il  "canale di comunicazione"  il vero destinatario della norma, il proprietario del cavo che collega il nostro computer di casa attraverso un reticolo di fibre ottiche e cavi telefonici, alla grande dorsale che passa sotto l'oceano Atlantico, e ci connette con tutto il mondo.  Ciò che preme a D’Alia è isolare immediatamente, in Italia, il corpo del reato per  renderlo inaccessibile. Poi toccherà alla magistratura e alla Polizia postale perseguire penalmente il diretto responsabile dell’ istigazione a delinquere e apologia.  

“L’oscuramento tramite Dns contemplato  dal 50-bis – spiega ancora Berlingieri -  non si rivolge ai gestori dei siti bensì ai provider, con l’effetto di impedire il traffico nazionale verso il sito che si ritiene ospiti il contenuto illegittimo, mentre lascia che tale contenuto continui a sopravvivere nel sito di origine.” Non stupisce che i primi a schierarsi ferocemente contro il provvedimento siano proprio i provider, i quali, anche per ragioni tecniche ed economiche, non vogliono diventare i vigilantes della rete 

“Le sanzioni – osserva ad esempio il  presidente di Assoprovider Dino Bortolotto - non tengono in nessun conto né delle capacita operative ed economiche dei provider”. Come a dire:  mica facile agire tempestivamente  e soprattutto in maniera chirurgica per oscurare, o meglio inibire l'accesso a contenuti ritenuti illegali, in quel magma proteiforme di bit e memi che circolano nel web.  Gli  esperti dell'ISOC Italia affermano a tal proposito:  “Gli appositi strumenti di filtraggio richiamati l'art.50-bis non esistono e non esiste una tecnologia per implementarli.”

Le cose si complicano ulteriormente a seconda dei contenuti da isolare. Per oscurare un piccolo blog amatoriale non ci sono ostacoli insormontabili, ma il pallino di D’Alia e il principale obiettivo del 50-bis sono i social network come YouTube, My Space e Facebook, che  non sono caratterizzati da un dominio e da un Ip indipendente. E i provider contestano infatti l’oggettiva difficoltà di isolare un singolo gruppo di discussione  o un video incriminato con un’operazione chirurgica. Dunque in linea di principio quello che dovrebbero fare i provider italiani è isolare nel nostro Paese l’accesso all’intero sito.  Facebook e YouTube compresi…

In realtà questa è un'ipotesi assai improbabile: D’Alia e coloro che hanno votato il provvedimento sono assolutamente consapevoli che  l'unica cosa che potrebbe provocare una rivoluzione in Italia, insieme all’eliminazione dei giochi d’azzardo di Stato e del campionato di calcio, è proprio l’oscuramento di Facebook… 

I provider contestano la norma anche dal punto di vista del principio ad essa sottesa: perche addossare ai provider, che è solo un contenitore, la responsabilità dei contenuti?  Bortolotto fa un illuminante provocazione: "Per catturare tutti i latitanti perchè allora non obbligare tutti gli esercizi pubblici ad effettuare l'identificazione e ovviamente, in caso di mancata identificazione di un latitante, erogare una multa da 50 a 250 mila euro.  

Sulla stessa linea anche  Google Italia. Si legge nel comunicato a firma dell'European policy counsel Marco Pancini: " Quando compro un giornale, so in linea di principio che l'articolo che sto per leggere è stato scritto da un giornalista, approvato da un altro giornalista e scelto per la pubblicazione, allo stesso modo quando guardo la televisione i programmi sono il frutto di una scelta editoriale del canale. Su Internet non è sempre così semplice, lo scenario è diverso, questo non vuol dire che chi scrive qualcosa non sia responsabile delle sue affermazioni, tutto il contrario! Le leggi in vigore sono chiarissime su questo punto: chi produce un contenuto ne risponde completamente. Esistono comunque tutta una serie di figure come il blogger non professionista, chi fornisce la connessione, chi mette a disposizione una piattaforma telematica per ospitare i contenuti forniti dagli utenti, che non fanno lo stesso mestiere di chi gestisce la comunicazione sui media tradizionali. Non c'è dubbio che per chi non è un nativo digitale non è semplice comprendere immediatamente le dinamiche delle nuove tecnologie." 

Internet insomma non e' la televisione e non e' un giornale, puo' essere anche questo ma non e' solo questo. E’ soprattutto  l’estensione delle relazioni umane in uno spazio virtuale e condiviso da un numero potenzialmente infinito di soggetti. E' lo specchio della realtà, che riflette il bello e il brutto,  le virtù e le miserie del mondo reale. 

Vi è poi un'altra questione che sta provocando allarme e dure critiche nel mondo del web nei confronti del provvedimento. E’ il sospetto che il 50-bis sia solo il primo passo per mettere la museruola ad internet, per introdurre la censura e il controllo politico.  E il Governo da parte dei naviganti italiani è avvertito come un  nemico, irretito in una non comprensione della rete.

Dietrologia diffusa nei blog è poi il vedere dietro il 50-bis lo zampino di altri media e interessi economici che da Internet si sentono minacciati. 

Scrive Sonia82: “Si fa la tv digitale terrestre, si fa la "rete amica" per pagare le tasse, ma non si fa nulla per la rete vera e propria quella di tutti! .. anzi si impongono condizioni ai provider per ritardare lo sviluppo e la distribuzione dei contenuti multimediali sulla rete per lasciare il monopolio dell'informazione alla peggiore tv pubblica e commerciale del mondo occidentale.” 

O ancora il blogger Mauro Montemagno: “Che cosa vuoi dire a un politico che ti dice che Facebook e YouTube (= astraendo Internet) vanno chiusi se ci viene caricato dentro materiale che non va bene? E' come dire: se uno fuma, togliamo l'ossigeno a tutti quanti.  Se un tizio è un pirata della strada, chiudiamo le autostrade.  Se nel mondo qualcuno fa una guerra, chiudiamo il mondo. Se c'è un erbaccia in un prato brucio un campo intero. E via così.” 

Sostiene Majamoon: “ E' come se all'improvviso anche le scritte sui muri o sulla bacheca del condominio fossero assoggettate alla stampa e sottoposte alle leggi sulla stampa (per esempio, spesso sono state fatte proposte che cercavano di istituire un direttore di testata per ogni sito pubblicato, proposte che vengono da sinistra e da destra)” 

Navigando in rete troviamo anche questa simpatica provocazione postata su un blog di femministe siciliane: “In Sicilia è notorio che chi dice che la mafia non esiste "ha diritto alla sua opinione". Non penso sia mai venuto in mente a nessuno di bombardare l'isola o meglio di oscurarla (oppure si?) perchè vi sono alcuni suoi abitanti che non manifestano sufficiente opinione critica a proposito di mafia”.  

Più generale la considerazione di Zipzap che afferma: “Trovo incredibile che il Governo italiano si occupi di internet solo per mettere lacci e laccioli. Ma pensassero alle cose serie! L’Italia ad esempio puo' rappresentare l'hub per tutto il traffico internet dall'Africa, e  avere il traffico che inevitabilmente si svilupperà nel continente Africa e in medio Oriente potrebbe essere un grande impulso di crescita .. Oggi le linee dati passano per Marsiglia, noi con un investimento di 6 miliardi di euro, il costo del Ponte sullo Stretto, potremmo far passare tutto il traffico dell'Africa attraverso la Sicilia con una grande impulso per lo sviluppo dell'economia italiana.” 

Tornando nel merito della questione non si può tacere il grido d’allarme lanciato da Beppe Grillo, il settimo blogger più importante del mondo: "Se, in futuro, un blogger dovesse invitare a disobbedire a una legge che ritiene ingiusta, i provider dovranno bloccarlo". Insomma, argomenta Grillo,  Don Milani, il parroco autore del noto pamplet "La disobbedienza non è più una virtù", non avrebbe più diritto di parola nel web.   

“L'istigazione alla disobbedienza delle leggi” potrebbe diventare cioè suscettibile di interpretazioni utili a limitare la libertà e il diritto di critica. Sotto attacco potrebbe essere cioè  la manifestazione del pensiero dell'individuo, un diritto tutelato dall'articolo 21 della Costituzione. Con questa legge poi si rischiano di oscurare contenuti “scomodi” prima dell’accertamento processuale dei reati. Alla faccia del garantismo che invece viene sbandierato per limitare le intercettazioni telefoniche.  

Infine merita di essere oggetto di attenta riflessione ciò che afferma a tal proposito l’ex -procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. E’ stato lui a denunciare per primo il proliferare di gruppi pro-mafia su Facebook, che vogliono fare di Provenzano un santo, e arrivano a propagandare la revisione dei processi e un aggiustamento del 41 bis.

Ebbene lo stesso Grasso afferma: "Oscurare non serve. Contro chi inneggia a quei boss bisogna scatenare una grande reazione civile". Al gruppo che definisce il boss camorrista Cutolo '”O numero uno 'e Napule” sono iscritti 158 utenti. Sono però oltre 50 mila quelli che su Facebook accusano costoro di essere un branco di imbecilli. Una reazione civile da cui qualche collega  di D'Alia dovrebbe prendere esempio...

Fil.Tro  


Oroscopo del Giorno powered by oroscopoore