L'Italia che frana e il disastro della mancata prevenzione

06 Novembre 2010   08:28  

Puntuale ed inevitabile come il maltempo invernale, si accende la polemica sulla disastrosa mancanza di politiche di prevenzione dal rischio idrogelogico nel nostro paese. A causa di frane ed inondazioni, in Italia, va ricordato fra il 1950 ed il 2008, ci sono state almeno 6.380 vittime (morti, dispersi, feriti) per frana, e almeno 2.699 vittime di inondazioni. Il bollettino e in costante aggiornamento.

Ieri il  ministro dell'Ambiente Stefania  Prestigiacomo ha litigato ferocemente con Tremonti chiedendo conto del miliardo stanziato dal Cipe un anno fa per far fronte ai dissesti idrogeologici, ma ancora bloccato. "Siamo di fronte a continue emergenze nazionali e io non posso usare quei soldi", dice la responsabile del Territorio. E alla risposta di Tremonti "Te lo spiego fuori" è esplosa in un "Non fare il cretino, non ci trattare da scolaretti". Con conseguenti minacce di dimissioni da parte di Tremonti.

Intanto Fausto Guzzetti, direttore dell'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) ha così sintetizzato la situazione in cui versano la gran parte dei territori del nostro Paese:

"Frane e inondazioni, come la maggior parte dei fenomeni naturali, sono del tutto naturali, e contribuiscono a scolpire il paesaggio italiano così come noi lo conosciamo.

Il problema si pone quando frane e inondazioni interferiscono con la sfera degli interessi e delle attività umane: le persone, gli edifici pubblici e privati, le infrastrutture, ma anche i beni culturali, e il patrimonio agricolo e forestale". In questi casi, il danno prodotto "può essere molto rilevante".

Guzzetti si riferiva al maltempo che negli ultimi due giorni ha causato vittime in seguito a frane facilitate dall'incuria del territorio.

Ed ha continuato dicendo: "E' indubbio che  servirebbe un più adeguato utilizzo del territorio per ridurre gli effetti, anche tragici, degli eventi di frana e di inondazione".

Ma purtoppo  "veniamo da un lungo periodo di scarsa o totale mancata attenzione all'utilizzo del territorio". Sistemare le cose adesso "sarebbe certamente possibile ma estremamente costoso e, soprattutto, richiedebbe uno sforzo di lungo periodo. In questo campo, non esistono scorciatoie o soluzioni miracolistiche".

L'emergenza riguarda anche l'Abruzzo: i dati sul dissesto idrogeologico riportati dal Piano per l’Assetto Idrogeologico dei Bacini Abruzzesi sono eloquenti: sono 258 su 305 i comuni abruzzesi che fanno parte delle “Località abitate instabili”,   24 nella provincia dell’Aquila, 101 in quella di Chieti, 37 nel pescarese e 94 nel tramano. Nel dettaglio 103 Comuni sono a rischio movimenti franosi, 19 a rischio alluvione e 56 che rischiano sia frane che alluvioni.

Le cause del dissesto sono da ricercarsi quasi sempre nelle radicali modificazioni degli equilibri idrogeologici lungo i corsi d’acqua e nella scarsa manutenzione del territorio da parte dell’uomo che fa si che ogni qual volta piova un poco più del normale interi paesi vadano in crisi, come nel periodo  2003-2005 quando furono emessi ben 4 decreti di “calamità naturale” a causa degli ingenti danni subiti che, in gran parte, potevano essere evitati solo con una normale manutenzione del territorio.

Purtroppo a questi eventi si sono associati anche fenomeni di proporzioni notevoli come la frana di Caramanico (PE), che con una superficie di almeno 5.000 metri quadrati sta scivolando a valle verso il Fiume Orta, o l’imponente movimento franoso che interessa la località Colle Grande nel  territorio del Comune di San Martino sulla Marrucina (CH)”.

Spiega Nicola Tullo, Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Abruzzo: “I geologi da sempre chiedono maggiori attenzioni e investimenti per la conoscenza del territorio –  Tullo - e per la prevenzione dei rischi idrogeologici. Chiedono una maggiore attenzione nei confronti della cultura geologica che significa conoscenza delle dinamiche e sensibilità nei confronti del territorio che cambia.

L’Ordine dei Geologi dell’Abruzzo da anni chiede che venga istituito un Servizio Geologico e Sismico Regionale: una Struttura tecnica specializzata, orientata all’analisi di tutte le problematiche geologiche, idrogeologiche, sismiche, che possa dare assistenza tecnica e scientifica per la prevenzione dei rischi geologici e della difesa del suolo e che possa proporre leggi specifiche.

Che si intraprenda l’unica strada oggi percorribile che è quella della prevenzione, della manutenzione del territorio e della sua messa in sicurezza”.
 
Proponiamo a tal proposito un esaustivo articolo di www.greenme.it

Dissesto idrogeologico: ecco come prevenire frane e alluvioni

Con l'arrivo delle prime piogge torna puntuale anche la polemica sul dissesto idrogeologico nella nostra Penisola. Perché in Italia di maltempo si muore. I fatti avvenuti in questi giorni si vanno a sommare alle tanti disastri dovuti a frane e alluvioni che si trasformano sistematicamente in tradegie annunciate.

“Disgustose le polemiche politiche sulle tragedie. Per il dissesto idrogeologico per la prima volta sono stati stanziati fondi rilevanti e finalmente è stato avviato un serio programma di prevenzione. È veramente disgustoso che su tragedie che sono costate la perdita di vite umane si inneschi una polemica politica su ciò che il governo ha fatto o non ha fatto sul dissesto idrogeologico. Polemica innescata con dichiarazioni retoriche, spacciando carte false per vere e seminando numeri a caso”. Con queste parole il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha voluto spegnere i toni e le polemiche di questi giorni presentando il suo piano di finanziamento.

Secondo la Prestigiacomo, l’operato del governo è lodevole, perché ha messo fine alla parcellizzazione dei finanziamenti ai singoli comuni che ne facevano richiesta, per stanziare un finanziamento complessivo di 2 miliardi di euro.

Intanto, però il dramma delle alluvioni nel nostro Paese non è ancora finito. Anzi! Con il ritorno delle piogge massicce, che da nord a sud stanno mettendo in ginocchio diversi abitati e molte infrastrutture, si è riaffacciato pesantemente il pericolo di alluvioni e valanghe.
Per arginare il problema è necessario superare una volta per tutte la logica dell’emergenza e dell’intervento tampone (molto comune e frequente nel nostro Paese) e puntare su soluzioni efficaci, strutturali e definitive.

In particolare per il WWF sono 5 i punti fondamentali su cui intervenire  per risolvere il problema in maniera sinergica e adeguata:

1) istituire le Autorità di distretto, come previsto dalle direttive europee, affidando loro il coordinamento delle misure e degli interventi per difendere i terreni e le acque della zona;
 
2) in secondo luogo, per redigere programmi adeguati per la difesa, la gestione e la manutenzione del suolo sarebbe opportuno riferirsi al bacino idrografico e non ai confini amministrativi regionali, come avviene oggi.

3) è necessario recuperare i finanziamenti per la difesa del suolo che sono stati drasticamente tagliati nell’ultima finanziaria;

4) garantire una progettazione multidisciplinare. Per pianificare e difendere il territorio è necessario mettere in campo competenze diverse, che vanno dalla idrogeologia all’ecologia, passando per le scienze forestali.

5) Il quinto punto della ricetta del WWF riguarda l’avviamento di un’azione diffusa per rilanciare il territorio, che prevede il ripristino di piante e arbusti in grado di impedire le frane e le valanghe. 

Secondo l’associazione ambientalista, se il nostro Paese riuscisse a mettere in atto e portare avanti questi cinque punti, il rischio idraulico italiano si ridurrebbe sensibilmente. 

Dello stesso avviso Legambiente, che conferma come la volontà politica (se solo ci fosse) potrebbe mettere in sicurezza ogni anno ben 600 comuni.

Per capirlo basta guardare le cifre spese per affrontare l’emergenza e quelle destinate alla prevenzione e alla tutela del territorio.
Il budget del 2009 destinato al recupero di zone già colpite da alluvioni ammonta a 238.394.400 di euro, mentre per la messa in sicurezza – utile quindi ad evitare i danni futuri – è stato stanziato un miliardo di euro.

Secondo la ricetta lanciata da Legambiente, basterebbe un milione e mezzo di euro per realizzare sette tipologie differenti di intervento e mettere fine al disastro idrogeologico italiano, organizzando tanti interventi possibili sul reticolo idrografico minore, ovvero fiumi, torrenti e fossi che oggi sono la vera emergenza dell’Italia.

“L’ennesima gravissima tragedia legata al maltempo e al dissesto idrogeologico ci impone di ragionare concretamente e rapidamente sugli effettivi interventi necessari a mettere in sicurezza il Paese e la popolazione che purtroppo, sempre più spesso, a causa dei fenomeni climatici estremi, saranno esposti al rischio – ha detto Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente -. Più che continuare a pensare a quanto può costare una generica messa in sicurezza complessiva del Paese, bisognerebbe cominciare ad agire concretamente e utilizzare il famoso miliardo di euro stanziato dal ministero dell’Ambiente per mettere in sicurezza 600 comuni ogni anno”.

“Senza considerare gli interventi sui grandi bacini, più complessi e costosi – ha continuato Cogliati Dezza –, con circa un milione e mezzo di euro è possibile intanto realizzare opere come la manutenzione ordinaria dei tratti cittadini, la stabilizzazione del movimento franoso, gli interventi di ingegneria naturalistica, la demolizione delle case in alveo ecc.

Tutti interventi necessari e concretamente realizzabili che, con le debite proporzioni, possono essere riproposti in tantissimi comuni per rendere sicuri i territori solcati da torrenti e fiumare. E se questo non bastasse a sistemare tutte le emergenze e le situazioni a rischio del Paese, permetterebbe però di agire con esiti determinanti in tante località, circa 600 ogni anno, che sarebbero messe al sicuro concretamente  invece di perdere tempo a pensare a quale enorme cifra potrebbe servire per sistemare tutta la Penisola”.

Ma dal Ministero non ci stanno e spiegano come invece l'operato del Governo sia lodevole: Il Governo ha fatto ciò che era giusto fare. - spiega la Prestigiacmo - Ha posto fine al regime della parcellizzazione degli interventi. Ha predisposto uno stanziamento straordinario di un miliardo di euro che sommati alle risorse per l’anno in corso sono diventati un miliardo e 300 milioni di euro, da raddoppiare con gli stanziamenti delle regioni.

Con un budget di oltre 2 miliardi e mezzo di euro si può cominciare a fare prevenzione in modo serio, intervenendo sulle aree più a rischio attraverso accordi di programma con le regioni, stilando scalette di priorità assieme alla protezione civile nazionale e regionale, alle autorità di bacino e agli enti locali. E’ quello che stiamo facendo. Abbiamo già firmato 5 accordi con Abruzzo, Lazio, Liguria, Sicilia e Umbria.

A giorni saranno siglati gli accordi con Campania, Emilia Romagna, Lombardia, Sardegna e Toscana per un impegno complessivo di 1 miliardo e 345 milioni di euro, di cui 679 milioni di euro statali e 666 regionali.

Entro la fine dell’anno saranno definiti gli accordi di programma con tutte le altre regioni e si procederà alla realizzazione degli interventi con procedure semplificate e urgenti. Naturalmente si tratta solo di una prima tranche di finanziamenti, altri ne serviranno in seguito per continuare negli interventi.

Ma allora perché sembra sempre di vedere un film già visto?

Verdiana Amorosi


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