Abolizione dei vitalizi ai consiglieri regionali abruzzesi: che sia la volta buona?

Indignati d'Abruzzo: il vitalizio ai politici va abolito

14 Settembre 2011   11:02  

Il gruppo consiliare del Partito democratico ha chiesto che che venga messa finalmente all'ordine del giorno la proposta di legge per l'abolizione del vitalizio agli ex-consiglieri regionali, finora giacente in commissione.

Se ci sarà il via libera la proposta approderà in aula il 20 di settembre.

Il provvedimento epocale prevede l'abolizione del vitalizio ma a partire dalla prossima legislatura. Senza dunque toccare i cosiddetti diritti, o privilegi acquisti.

L'assegno vitalizio, lo ricordiamo, viene percepito dagli ex-consiglieri a 65 anni con una legislatura, a 60 anni con due legislature, ed è pari a pari a 2.984 euro lordi al mese con cinque anni di legislatura, 4.476 euro con due legislature, 5.968 euro al mese con 3 legislature, 6.267 euro con più 5 legislature. Una pensione ovviamente cumulabile con altre.

Non solo: con un integrazione di 200 euro la pensione diventa reversibile a favore dei parenti stretti.

Argomento tetragono della riforma l'evidente sproporzione tra quanto versato da un consigliere regionale, dai 1300 e 1550 al mese anche per soli per cinque anni, e trattenuti da uno stipendio molto alto, rispetto a quanto poi si percepisce come pensione per tutta la vita.

Un trattamento neanche lontanamente paragonabile a quello riservato ai comuni mortali, alla stragrande maggioranza dei cittadini e lavoratori. Un operaio Fiat per una pensione di 1.250 euro ha dovuto lavorare e versare contributi per 35 anni. Per non parlare dei milioni di giovani precari che non percepiranno la pensione, perché non hanno modo di versare i contributi regolarmente e nella misura minima sufficiente. Una bomba sociale ed economica che prima o poi esploderà.

A creare qualche perplessità è il carattere non retroattivo provvedimento. Dalla mannaia si salveranno infatti gli ex-consiglieri regionali che già percepiscono il vitalizio, ed anche quelli in carica, che intanto stanno versando i contributi. Così viene argomentata la decisione: se l'abolizione del vitalizio dovesse toccare i diritti acquisti la Regione dovrebbe restituire tutti i contributi già versati, e questo provocherebbe un deficit di bilancio. Si potrebbe ribattere che questo sarebbe il male minore rispetto al dover poi pagare vitalizi per tutta la vita agli attuali consiglieri.

Non regge neanche l'argomento secondo il quale giuridicamente non si possono toccare i diritti acquisti. Se infatti ad un disabile è possibile ridurre l'assistenza a cui ha sacrosanto e acquisito diritto, esisterà una via giuridica per azzerare, o almeno ridurre in modo consistente anche il vitalizio a - due nomi a caso - l'onorevole Lamberto Dini che di pensione percepisce 27mila euro al mese, o a Vittorio Sgarbi, che percepisce un vitalizio di ben 8.455 euro mensili che si aggiungono a i consistenti redditi provenienti delle sue molteplici attività lavorative.

Più convincente allora , per la schiettezza, un secondo argomento: difficilmente i consiglieri voterebbero una legge che abolisce un loro privilegio. In Italia del resto a pagare e fare sacrifici devono essere sempre quelli che vengono dopo.

Il disegno di legge del Pd ricalca quello già approvato in Emilia Romagna. Ed anche lì l'abolizione dei vitalizi "solo" dalla prossima legislatura è stata da molti definita una furbata di "chi si fa bello andando a toccare le tasche altrui e non le proprie".

A queste critiche ha però risposto il presidente del consiglio regionale Matteo Richetti: ''La legge attualmente in vigore parla chiaro: le trattenute dallo stipendio per i vitalizi sono obbligatorie e l'obbligatorietà di questo istituto non è reversibile.'' E aggiunge: ''Tutto sommato, sono piuttosto orgoglioso di essere il Presidente dell'Assemblea dell'unica regione a cui si può rimproverare di aver tolto il vitalizio solo a partire dalla prossima legislatura.''

In effetti rispetto al Parlamento, l'Emila Romagna, ci ha fatto un figurone. Come spiegano molto bene Gian Antonio Stella Antonio Rizzo sul Corriere della Sera, nei piani più alti della casta dei politici, gli sbandierati tagli epocali dei costi e dei privilegi sono spariti dalla Finanziaria lacrime sangue.

''Nella prima bozza della manovra di luglio – scrivono Stella e Rizzo - si diceva che dopo la scadenza dell'incarico nessun «titolare di incarichi pubblici, anche elettivi, può continuare a fruire di benefici come pensioni, vitalizi, auto di servizio, locali per ufficio, telefoni, etc...» Nel testo approvato, sorpresa sorpresa, è sparito ogni riferimento a «pensioni e vitalizi». Anche lì, la solita manina?''

E ancora: ''Nella prima bozza Tremonti del 23 giugno era previsto che «i compensi pubblici erogati a qualsiasi titolo, politico o di pubblico servizio, ed a qualsiasi livello, tanto centrale quanto regionale, provinciale o comunale, non possono superare quelli erogati per i corrispondenti titoli europei. Traduzione: basta con le indennità e gli stipendi troppo alti rispetto alla media Ue. Decisione sacrosanta. Ma una misteriosa manina ha nottetempo infilato nel testo di un emendamento di poche paroline e la media europea di riferimento è diventata «ponderata rispetto al Pil» e limitata ai «sei maggiori Paesi», così da tagliar fuori i Paesi che avrebbero fatto abbassare le buste paga. Un giochetto che, secondo una nota interna della Cisl, avrebbe messo in salvo circa mille euro al mese.''

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