Ad Interculturiamo la Storia di Abdel: teatro di denuncia contro la

22 Giugno 2007   09:57  
Il teatro del gli offesi di Pescara, in occasione di "Interculturiamo" ha portato in scena a Fossa la Storia di Abdel. E´ uno spettacolo che in primo luogo rappresenta un pugno allo stomaco dei benpensanti, che sbatte in faccia, a chi quotidianamente pratica la strategia della disattenzione, la realtà non edulcorata, fatta di tante ingiustizie di cui sono vittime i lavoratori precari in Italia, non importa di quale nazionalità, e a cui i giornali dedicano di solito un trafiletto in cronaca, ma solo se il fatto si colora di sangue e tragedia. Storia di Abdel è teatro che fa politica, che prende coscienza che non è possibile un teatro che non faccia politica. Un teatro che dunque sceglie da che parte stare e attacca con puntualità le ingiustizie di cui la Legge 30 e la legge Bossi Fini sono causa. Storia di Abdel, più che un occhiuta critica che ne svisceri lo spessore estetico, suggerisce semplicemente di raccontare altre storie simili, altre ingiustizie, avendo ben cura, come fa il Teatro gli offesi, di scandire con chiarezza i nomi e i cognomi dei colpevoli e delle vittime. "Mi chiamo Abdel Rahim Belgaid. Sono nato in Marocco. Sono arrivato in Italia 15 anni fa. Ho frequentato la scuola per infermieri all’ospedale Maria Vittoria di Torino. A causa di una legge dello Stato Italiano, non ho potuto accedere a concorsi pubblici per Lavorare e mi sono dovuto rivolgere ad un’agenzia che si chiama Vita Serena. Io so che se avessi fatto un regolare concorso pubblico un’ora del mio lavoro costerebbe alla Azienda Sanitaria molto di più di quello che invece paga alla cooperativa. Era per avere quei pochi soldi che mi spettavano che quella mattina andai dal signor Arcuri: erano 3 mesi che non pagavano ed io non sapevo come fare per vivere. Lui cominciò subito ad insultarmi, mi disse che sapevamo solo chiedere soldi ed invece dovevamo ringraziare il cielo per l’opportunità che la cooperativa ci stava dando a noi morti di fame che venivamo da paesi alla fame. Era pieno di rabbia e mi fece capire che i soldi non li avrei visti almeno per il momento. Gli dissi che non sarei uscito di lì fino a che non avrei avuto quanto mi spettava. Accadde allora. Accadde senza che io potessi aspettarmelo: cominciò a colpirmi, io caddi a terra, sentii un violentissimo dolore alla schiena. Poi nulla. Lui continuava a picchiarmi ma non sentivo più i suoi colpi sul mio corpo. Avevo gli occhi chiusi. Anche le sue urla mi sembravano lontane. Forse mi addormentai. O persi i sensi. Ho subito 3 interventi alla schiena. I medici sono gentili. Anche gli infermieri miei colleghi. Il primario mi ha detto che sono fortunato perché conserverò l’uso della braccia. Sono venuti in ospedale giudici ed avvocati ad interrogarmi. Il signor Arcuri dice che sono accidentalmente caduto a terra battendo contro uno spigolo del bancone della segreteria nel tentativo di sferrargli un pugno. Il signor Arcuri è un bugiardo. Volevo solo i miei soldi. Nient’altro." FT

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