Salta dalla legge comunitaria la norma, battezzata 'bavaglio al web', secondo la quale un "qualunque soggetto interessato", e non più solo le autorità competenti, avrebbe potuto chiedere al provider la rimozione su internet di informazioni da lui considerate illecite o la disabilitazione dell'accesso alla medesima. Inoltre il fornitore del servizio avrebbe avuto l'obbligo di monitoraggio preventivo delle attività o dei contenuti potenzialmente illeciti, o altrimenti ne avrebbe risposto in concorso di colpa.
La legge in discussione mercoledì alla Camera avrebbe avuto, secondo gli emendatori, come conseguenza che chiunque avesse scritto a un server o un provider avrebbe ottenuto la censura di una notizia o di qualsiasi altro contenuto, compresa la pubblicità. Sarebbero stati toccati, secondo chi contesta la norma Fava, tutti i siti (anche quelli giornalistici) e i social network come Facebook e Twitter.
A pensare l'articolo 18, fu il deputato della Lega Giovanni Fava. La norma in sede di commissione delle Politiche Ue era stata approvata, fu invece contestata in Aula con l'approvazione di sei identici emendamenti soppressivi presentati da Pdl, Idv, Fli, Api, Pd e Udc.
L'articolo 18 In pratica,sarebbe stato una specie di "Sopa" italiano, la proposta americana di legge antipirateria che nei giorni scorsi ha provocato un'insurrezione sul web.
Soddisfazione trasversale in parlamento dove, a favore della legge di "bavaglio al web" vota solo la Lega.