Ambiente. L’Earth Day e l’abbraccio degli alberi

Gli otto principi di Ecologia profonda

23 Aprile 2010   16:55  

Si è tenuta il 22 aprile scorso la quarantesima edizione dell’Earth Day, il movimento per la Terra. Oltre un miliardo di persone si sono mobilitate per la salute del Pianeta, organizzando manifestazioni, progetti di cura ambientale e veri e propri presidi informativi sulla possibilità di un’esistenza più verde e a basso impatto ecologico.

Organizzata e gestita dall’Earth Day Network, la manifestazione globale ha puntato, in occasione dello speciale anniversario, al coinvolgimento di ogni singolo cittadino, chiamato a dar prova del proprio impegno ecologico attraverso una qualsiasi azione che facesse bene al Pianeta.

La campagna promossa dal movimento, intitolata “Miliardi di azioni verdi”, è stata basata infatti, sulla consapevolezza di quanto sia importante il contributo di ognuno, indipendentemente dalle possibilità personali e sociali connesse al proprio status.

Rinunciare all’aria condizionata quando non strettamente necessaria, riciclare i rifiuti, consumare meno acqua ed elettricità, rispettare gli animali e ridurre gli sprechi, sono solo alcuni esempi di quanto potere l’essere umano ancora disponga per cambiare le cose, e invertire la marcia del pauroso sfruttamento ambientale degli ultimi tempi.

Stando al rapporto “State of the World” del Worldwatch Institute , la popolazione umana sarebbe ad un passo dal collasso. Ogni giorno un quantitativo di risorse pari a 112 grattaceli come l’Empire state building di New York(alto la bellezza di 381 metri) e un peso stimato intorno alle 275.000 tonnellate viene spazzolato dalla nostra civiltà. Consumi eccessivi, che negli ultimi 5 anni sarebbero aumentati di quasi il 30%.

Se aggiungiamo i 60 miliardi di tonnellate di risorse estratte annualmente dalla Terra( il 50% in più rispetto a 3 decenni fa), e i disagi ambientali e igenico-sanitari che tali attività di norma comportano all’ecosistema, risulta chiara l’urgenza di una seria rivisitazione del nostro modus vivendi, pena il decadimento dell’intero scenario naturale che pure ancora ci tollera.

In occasione dell’Earth Day, e del movimento per l’acqua, che aprirà la sua raccolta firme pro referendum a partire da domani, seguono gli otto principi della piattaforma di Ecologia profonda, proposti e sottoscritti dai filosofi ambientalisti Arne Naess e George Sessions nel 1984.

Nella filosofia di Ecologia profonda la natura non va salvata unicamente per salvare noi stessi. C’è molto di più. La considerazione dell’ambiente come qualcosa di vivo, palpitante, infinitamente interconnesso, che mai ha smesso di essere parte della nostra vita e del quale siamo intimamente responsabili:


1. Il benessere e la prosperità della Vita umana e non umana sulla Terra hanno un valore proprio (sinonimi: valore intrinseco, valore inerente). Questi valori sono indipendenti dall’utilità che il mondo non umano ha per soddisfare gli scopi umani.

2. La ricchezza e la diversità delle forme di vita contribuiscono alla realizzazione di questi valori e sono inoltre valori per se stessi.

3. Gli uomini non hanno il diritto di ridurre questa ricchezza e diversità tranne che per soddisfare i bisogni umani vitali.

4. La prosperità della vita e delle culture umane è compatibile con una sostanziale diminuzione della popolazione umana. La prosperità della vita non umana richiede tale diminuzione.

5. L’attuale interferenza umana nei confronti del mondo non umano è eccessiva e la situazione sta rapidamente peggiorando.

6. I comportamenti devono quindi essere modificati. Questi comportamenti hanno influenza sulle strutture economiche, tecnologiche e ideologiche di base. La situazione risultante sarà profondamente differente da quella odierna.

7. Il cambiamento ideologico è principalmente quello di apprezzare la qualità della vita (vivere in condizione di valore inerente) piuttosto che cercare un tenore di vita sempre più alto. Ci sarà una consapevolezza profonda della differenza tra il grande fisico (big) e il grande metafisico (great).

8. Coloro i quali sottoscrivono i punti precedenti hanno l’obbligo di cercare, direttamente o indirettamente, di attuare i necessari cambiamenti.

 

Disponiamo di infinite angolazioni per conoscere la vita.

L’albero può essere visto in vari modi. Come legna da ardere, da vendere, o da utilizzare  per altri scopi, o come particolarissimo essere dal Dio nascosto, silenzioso, ancorato alla terra e proteso verso il cielo.

L’albero beve, vive, respira e ci permette di respirare. La nostra esistenza è ancorata al suo esistere, la sua vita connessa alla nostra.

Una delle iniziative più belle e intense dell’Eart Day 2010 italiano è stato un incontro organizzato in provincia di Trieste, al rifugio Premuda in val Rosandra. Per ringraziare la Terra gli amanti della Natura presenti  hanno abbracciato gli alberi, danzando e cantando in loro onore.

In conclusione, una splendida pagina sugli alberi tratta dall’opera del grande Hermann Hesse, “La Natura ci parla”.


"Per me gli alberi sono sempre stati i predicatori più persuasivi. Li venero quando vivono in popoli e famiglie, in selve e boschi. E li venero ancora di più quando se ne stanno isolati. Sono come uomini solitari. Non come gli eremiti, che se ne sono andati di soppiatto per sfuggire a una debolezza, ma come grandi uomini solitari, come Beethoven e Nietzsche. Tra le loro fronde stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito; tuttavia non si perdono in esso, ma perseguono con tutta la loro forza vitale un unico scopo : realizzare la legge che è insita in loro, portare alla perfezione la propria forma, rappresentare se stessi. Niente è più sacro e più esemplare di un albero bello e forte. Quando un albero è stato segato e porge al sole la sua nuda ferita mortale, sulla chiara sezione del suo tronco - una lapide sepolcrale – si può leggere tutta la sua storia: negli anelli e nelle con crescenze sono scritte fedelmente tutta la lotta, tutta la sofferenza, tutte le malattie, tutta la felicità e la prosperità, gli anni magri e gli anni floridi, gli assalti sostenuti e le tempeste superate. E ogni contadino sa che il legno più duro e più pregiato ha gli anelli più stretti, che i tronchi più indistruttibili, più robusti, più perfetti, crescono in cima alle montagne, nel perpetuo pericolo. Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità. Essi non predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la legge primigenia della vita. Così parla un albero : in me è celato un seme, una scintilla, un pensiero, io sono vita della vita eterna. Unico è l’esperimento che la madre perenne ha tentato con me, unica la mia forma e la venatura della mia pelle, unico il più piccolo gioco di foglie delle mie fronde e la più piccola cicatrice della mia corteccia. Il mio compito è quello di dar forma e rivelare l’eterno nella sua marcata unicità. Così parla un albero : la mia forza è la mia fede. Io non so nulla dei miei padri, non so nulla delle migliaia di figli che ogni anno nascono da me. Vivo il segreto del mio seme fino alla fine, non ho altra preoccupazione. Io ho fede che Dio è in me. Ho fede che il mio compito è sacro. Di questa fede io vivo. Quando siamo tristi e non riusciamo più a sopportare la vita, allora un albero può parlarci così : Sii calmo! Sii calmo! Guarda me! La vita non è facile, la vita non è difficile. Questi sono pensieri infantili. Lascia che Dio parli in te ed essi taceranno. Tu hai paura perché la tua strada ti allontana dalla madre e dalla patria. Ma ogni passo e ogni giorno ti riconducono di nuovo alla madre. La patria non è in questo o quel luogo. La patria è dentro di te, o in nessun posto. La nostalgia di vagare senza meta mi prende il cuore, quando a sera, sento gli alberi stormire nel vento. Se li si ascolta a lungo, in silenzio, anche la nostalgia di vagare rivela appieno il suo significato più profondo. Non è desiderio di scappare via dal dolore, come sembra. E’ nostalgia della propria patria, ricordo della propria madre, struggimento per nuovi simboli di vita. Conduce a casa. Ogni strada conduce a casa, ogni passo è nascita, ogni passo è morte, ogni tomba è madre. Così sussurra l’albero nella sera, quando abbiamo paura dei nostri pensieri infantili. Gli alberi hanno pensieri duraturi, di lungo respiro, tranquilli, come hanno una vita più lunga della nostra. Sono più saggi di noi finché non li ascoltiamo. Ma quando abbiamo imparato ad ascoltare gli alberi, allora proprio la brevità, la rapidità e la precipitazione infantile dei nostri pensieri acquistano una letizia incomparabile. Chi ha imparato ad ascoltare gli alberi non desidera più essere un albero. Non desidera essere altro che quello che è. Questa è la patria. Questa è la felicità."(H.Hesse)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovanna Di Carlo

 

 

 

 

 

 

 


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