''Aquilani piagnoni'': il baby-pensionato Sgarbi si esibisce nella ripresa deju lattaro

23 Maggio 2012   13:58  

Dopo la dir poco infelice battuta sugli ''aquilani piagnoni'' il baby-pensionato Vittorio Sgarbi, nonchè protagonista degli ultimi vent'anni di trash televisivo e di decadenza culturale italiana, prova a chiedere scusa, cimentandosi in un'ardita esegesi di quanto affermato poche ore dopo il terremoto dell'Emilia. Ovvero quanto segue: 

''L’aspetto positivo è che, come nel Friuli, la ricostruzione sarà rapida, mentre nel meridione sarebbe stata una catastrofe. Gli emiliani non staranno certo con le mani in mano, mentre in Abruzzo, all’Aquila si vive d’inerzia, tutto è fermo come all’inizio, si aspetta solo che lo Stato faccia qualcosa e intanto ci si piange addosso.''

Parole che non sembrano lasciar dubbi ad interpretazioni di sorta: secondo lui, il signor Sgarbi, gli aquilani si piangono addosso, da meridionali piagnoni e avvezzi all'assistenzialismo quali sono. Un'affermazione falsa, qualunquista, rozza, razzista e arrogante.

E invece no: non lo avevamo capito...Infatti l'arguto critico d'arte nonchè invidiato sciupafemmine, offre sfoggio di ficcante abilità ermeneutica e ci spiega a posteriori il vero significato di quello che voleva dire.

Esibendosi, si potrebbe però sospettare, nella più classica della ''ripresa degju lattaro''. 

''Nessuno può minimamente pensare che io abbia una qualunque ragione polemica nei confronti dei cittadini aquilani.

Ho semplicemente detto le stesse cose che oggi il sindaco dell’Aquila ha confermato dichiarando che non è tollerabile che non siano ancora iniziati i lavori di ricostruzione del centro storico, denunciando le inadempienze del commissario.

Io sono, tra i non abruzzesi, forse l’italiano che più è tornato nei luoghi del terremoto, anche recentemente, presentando alcune opere d’arte concepite per il restauro di edifici religiosi, recuperati grazie a un finanziamento della Fondazione Roma.

Ma L’Aquila  resta un teatro di fantasmi, spopolata e senza cantieri aperti. Ho parlato quindi della rassegnazione degli aquilani e della loro disperata attesa di una soluzione traumaturgica, di un soccorso dall’alto che non verrà.

E ho immaginato e auspicato che lo stesso non accada nelle aree tra Ferrara e Modena colpite oggi dal terremoto. 

Nessuna contrapposizione e nessuna polemica semplicemente la considerazione degli aquilani e degli abruzzesi dei luoghi terremotati come “cittadini impotenti”, ovviamente contro la loro volontà.

Nient’altro. L’attesa di una ricostruzione affidata a commissari, con lo sdegno ma senza una viva reazione dei cittadini, è la fotografia di una situazione tragica e insopportabile.

Ma posso aggiungere che nell’assenza dello Stato, se non vi saranno umani miracoli non resterà altro che piangere.

E fra 10 anni l’Aquila sarà ancora in rovina, deserta e abbandonata. Le mie affermazioni  non erano contro gli aquilani, troppo pazienti, ma contro lo Stato. E se qualcuno ha inteso il “piangersi addosso” come un’accusa e come una polemica, mi dispiace. Era, come non può non essere, una constatazione e un riferimento a una impotenza patita, sofferente'.

Nota

Ripresa deju lattaru" (la ripresa del lattaio)

ovvero cercare di recuperare (riprendere) in extremis e con esiti poco credibili una situazione irrecuperabile.

Molte le spiegazioni per questo modo di dire aquilano, la più diffusa racconta di un giovane lattaio che ogni mattina, quando consegnava le bottiglie di latte a un certo domicilio, veniva accolto da una donna discinta e provocante.

Il giovane lattaio iniziò ad inorgoglirsi per tale comportamento fino a credere che la donna lo stesse provocando perché interessata a lui.

Così il giovane lattaio prese coraggio ed una mattina si presentò nudo all'indirizzo della donna. Suonò il campanello e attese tutto eccitato la bella signora, gli andò ad aprire invece un energumeno in canottiera e pantaloni (il marito della signora).

Il lattaio, nudo come un verme, non fece una piega e si giustificò dicendo: "ha detto mio padre che se non vi decidete a pagare il latte con 'sto ... che continuiamo a portarvelo".

Convinto anche lui di quello che aveva appena detto, il giovane lattaio si girò sui talloni e se ne andò via illeso.

Filippo Tronca


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