Bendandi, l'uomo che anticipava i terremoti

La scienza lo emarginava, i governanti lo cercavano

15 Febbraio 2011   15:57  

Testardo e cocciuto, incazzoso dicono alcuni, ma geniale ed umile.

Un artigiano di altri tempi, nato il 17 ottobre 1893 Bendandi non era avvezzo alla moda del tempo sempre vestito con papalina e pantaloni sporchi di unto, mai in cravatta, unico vezzo che il buon Dio gli aveva dato degli splendidi occhi azzurri dietro gli spessi occhiali.

Era un autodidatta faentino, scontroso, ma sempre ricercato da tutti, la Rai ad ogni scossa lo interpellava, le redazioni dei giornali pubblicavano sempre i suoi "comunicati".

Ci azzeccava spesso, sempre dicono alcuni, ma l'accademia, gli scienziati lo odiavano, non potevano concepire l'autodidatta, colui che non spiegava e sottoponeva il suo metodo agli altri per controllo e per lo sviluppo ulteriore.

Che bisogno c'era di spiegare che i movimenti della crosta trerrestre non erano causati dal "di sotto" ma dal "di sopra", cioè dalle forze di attrazione gravitazionale dei pianeti.

Peccato che il Bendandi nacque povero, figlio di agricoltori, frequentò fino alla sesta elementare, ma fu tanto geniale da costruirsi ad appena 12 anni il suo primo telescopio.

Diventò apprendista orologiaio, ma di notte volgeva lo sguardo al cielo, era letteralmente rapito dalle stelle, le costellazioni, i pianeti a cui poi dedicò ogni sforzo in vita. Divenne mastro intagliatore e fece quel mestiere per quasi tutta la vita, ma nel tempo libero continuava ad interessarsi di terremoti.

Dopo il sisma di Messina si costruì il suo primo sismografo e la leggenda narra che invece del piombo, troppo caro per le sue tasche, inserì nel macchinario un busto di Seneca impiccandolo.

Durante la Grande Guerra si ritrovò meccanico in una squadriglia aerea, ma il suo interesse rimase quello per i terremoti stimò nel 10431 prima di Cristo la sommersione tellurica del continente di Atlantide. E aveva previsto inoltre un'altra fine del mondo, certissima, per la primavera del 2521.

Uno così poteva badare solo ai terremoti d' influsso planetario. Ed iniziò coi suoi rudi ma efficienti apparati a far concorrenza ai sismologhi ufficiali, diramando pure comunicati «Ieri i miei strumenti alle 20.36 hanno segnalato scosse con epicentro 123 chilometri ad est di Tahiti». La stessa notizia arrivava poco dopo confermata dagli osservatori tedeschi e giapponesi. E lo stravagante ci prendeva anche, di molto prima.

Fu così che il 4 gennaio in terza pagina del Corriere della Sera uscì l' articolo: «L' uomo che prevede i terremoti». Tal Agamennone capo dell' osservatorio sismico di Roma aveva già ammesso il nostro nella società sismologica italiana. Ma dopo quell' articolo la scienza accademica non poté che detestarlo, ferita nella vanità da un autodidatta. 

Più pratici gli americani e il libero mercato: nel 1925 Thomas Morgan della United Press stipulò regolare contratto in cambio della sua collaborazione. E Bendandi poté smettere il mestiere d' artigiano con cui aveva campato fino ad allora. Nel 1927 Mussolini lo fece nominare cavaliere dell' Ordine della Corona d' Italia, ma era innervosito dalle previsioni e gli intimò di non darne notizia. Passarono i decenni; ma che erano per chi bada alle stelle? Con Gronchi arrivò pure il titolo di Cavaliere della Repubblica e lettere grate di governanti da quasi ogni nazione della terra. Ma a lui premevano più i fogli protocollo dov' erano i tracciati e i conti di ventimila terremoti. Reticente Bendandi non badò troppo neppure al suo sindaco comunista che giudicatolo scienziato proletario gli fece intestare un milione e mezzo di lire per le ricerche. Era ottantaseienne nella modesta casa laboratorio di Via Manara 17 a Faenza ai primi di novembre dell' anno 1979 morì.


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