Bertolaso: ''Mancato allarme? Non potevamo fare diversamente''

3e32 un anno dopo

03 Aprile 2010   22:18  

Intervista al Capo della Protezione civile Guido Bertolaso sui tempi della ricostruzione, e sul mancato allarme della Commissione Grandi rischi prima del sei aprile 2009. ''Non potevamo fare diversamente - spiega - i terremoti non si possono prevedere''

BERTOLASO AD ADNKRONOS

Una notte molto difficile, molto lunga e complicata": ad un anno dal sisma del 6 aprile che ha devastato L'Aquila e provincia, il Capo Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso ripercorre, in un'intervista all'ADNKRONOS, le prime ore successive alla tragedia: "ricordo ovviamente l'immediata convocazione del nostro comitato operativo che di fatto si è riunito un'ora dopo la scossa delle 3.32 - spiega - e ricordo di aver sempre avuto davanti agli occhi l'immagine delle prima pagina del 'Mattino di Napoli' quando nel 1980, dopo il terribile terremoto in Irpinia, tre giorni dopo quella tragedia, titolava a caratteri cubitali 'Fate presto'".

 

"Il mio obiettivo e l'impegno di tutti è stato quello di fare presto e ridurre le giornate di attesa al massimo ad alcuni minuti di attesa - sottolinea - Lo abbiamo fatto convocando e coinvolgendo tutto il sistema nazionale dai primi minuti, arrivando all'Aquila praticamente all'alba di quel giorno"

 

"L'immagine che ricordo perfettamente è quella di Onna, che è stata la prima delle frazioni che abbiamo raggiunto con l'elicottero perché ci avevano già detto che Onna era rimasta praticamente tutta distrutta da questa scossa di terremoto - conclude - Allora la prima cosa che abbiamo fatto è stata proprio quella di sorvolare Onna per vedere, da un lato, che erano già presenti i mezzi dei vigili del fuoco e, dall'altro, appunto l'entità dei danni che apparivano, anche dall'alto, molto gravi e molto seri".

 

Il capo della Protezione civile rivendica il lavoro svolto per la sistemazione dei terremotati: "Abbiamo dato una sistemazione confortevole praticamente a tutti", assicura. La situazione oggi nelle zone terremotate mostra, secondo Bertolaso, "un quadro sicuramente confortante e soddisfacente". Ora, sottolinea il Capo dipartimento, sulla costa sono circa "550-600" le persone che aspettano "un alloggio di quelli realizzati dalla Protezione civile, in attesa di poter ricostruire la loro abitazione" mentre, alcune centinaia di famiglie, con la casa danneggiata ma non distrutta, rappresentano quella parte di popolazione che "si deve sbrigare a fare i lavori di sistemazione che possono essere fatti in tempi rapidi".

 

"Se calcoliamo che nelle prime ore del terremoto di fatto 70mila persone erano fuori casa, 35mila nelle tendopoli, 35mila presso gli alberghi lungo la costa, piu molti altri che hanno trovato ricovero in modo autonomo presso amici e familiari anche a Roma o in altre città d'Italia, abbiamo davanti il dato impressionante di questo terremoto - sottolinea il capo della Protezione civile - che è stato molto diverso rispetto a quelli dell'Irpinia, del Belice, dell'Umbria e delle Marche, del Friuli, dove tanti piccoli paesi furono colpiti ma non una grande città come è stata la vicenda dell'Aquila".

 

"In questo contesto la nostra preoccupazione è stata quella di verificare e valutare i tempi per la ricostruzione, che anche il presidente del Consiglio pochi giorni fa ha quantificato in un periodo intermedio tra i cinque e i dieci anni", aggiunge. "Partendo da questo concetto - sottolinea - abbiamo fatto in modo che chi non poteva tornare nelle abitazioni, perché erano state completamente distrutte e molte danneggiate dal terremoto, non dovesse andare a finire nei container, in scatole di latta ad aspettare anni, anni e anni al freddo e al caldo una ricostruzione che sarà comunque difficile".

 

"Siamo intervenuti con case antisismiche - spiega il capo della Protezione civile - queste villette di legno che di fatto ci hanno consentito di mettere sotto un tetto confortevole circa 25mila persone tra aquilani e gli abitanti di tutti gli altri comuni del cratere. Una buona parte, circa altre 30mila persone, non sono andate spontaneamente presso amici o parenti a trovare un alloggio di fortuna ma hanno scelto deliberatemente di potersi avvalere del cosiddetto contributo di autonoma sistemazione che lo Stato ha garantito a tutte quelle famiglie che si trovavano prive di una casa".

 

"Rimangono ancora da sistemare alcune centinaia di famiglie che hanno la casa che non è stata completamente demolita ma che invece debbono fare dei lavori che possono presupporre un tempo che può variare dai sei mesi fino a uno o due anni - precisa Bertolaso - Queste famiglie hanno da tempo un provvedimento del governo che consente loro di fare le attività di ristrutturazione ma che adesso ovviamente devono accelerare". Infatti, prosegue Bertolaso, "è questa la parte di popolazione aquilana che non ha le case antisismiche o le villette di legno, non viene ospitata da noi negli alberghi e nelle scuole della Guardia di finanza e dell'esercito dell'Aquila e che di fatto in qualche modo è un po' la responsabile del proprio futuro e del proprio destino perché si deve sbrigare a fare i lavori di sistemazione che possono essere fatti in tempi rapidi".

 

"Sulla costa in questo momento - ricorda - vi sono circa 550-600 persone che attendono ancora di avere un alloggio di quelli realizzati dalla Protezione civile, in attesa di poter ricostruire la loro abitazione. Quindi, al di là dei numeri e cifre che si danno, ognuno ne tira fuori di vario genere e di vario tipo, possiamo dire che comunque abbiamo dato una sistemazione confortevole praticamente a tutti. Ora l'impegno, la grande sfida e grande incognita del futuro - aggiunge - è quella della ricostruzione pesante del centro storico dell'Aquila, degli altri quartieri che sono stati drammaticamente colpiti dal terremoto".

 

Bertolaso non ha dubbi poi sulla decisione di trasferire il G8 dalla Maddalena all'Aquila: "è stata una scelta sicuramente vincente"."Tra i tanti aspetti positivi, che magari non sono stati sottolineati, c'è stata un'assoluta assenza di contestazioni per quello che riguarda il vertice G8 che si è tenuto in Italia - spiega - in assoluta controtendenza rispetto a tutti gli avvenimenti internazionali, dove la polizia e le forze dell'ordine sono più impegnate a controllare le decine di migliaia di manifestanti piuttosto che la sicurezza dei grandi della terra che si riuniscono". "E ovviamente - prosegue - non lo abbiamo fatto solo per questo, lo abbiamo fatto perchè l'obiettivo era quello di far toccare con mano ai più potenti della terra la dimensione di una catastrofe naturale, il dolore, le ansie, le preoccupazioni ma anche le attività che si possono mettere in pratica per cominciare a ricostruire. Se se ne fossero ricordati bene - conclude -, magari ad Haiti si sarebbero fatti dei lavori migliori rispetto a quelle che sono state le prime settimane dopo il terremoto del gennaio scorso".

 


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