Nel piccolo comune abruzzese, due candidati sindaco ottengono lo stesso numero di voti, mentre la presenza massiccia di agenti penitenziari tra i candidati solleva interrogativi sulle norme elettorali.
Nel suggestivo borgo montano di Bisegna, situato nel cuore del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, si è verificato un evento elettorale senza precedenti: i due principali candidati alla carica di sindaco, Maurizio Conte e Donato Buccini, hanno ottenuto esattamente 83 voti ciascuno, su un totale di 212 abitanti. Con due schede annullate e un solo voto disperso tra le altre 23 liste, si rende necessario un ballottaggio, previsto per l'8 e 9 giugno .
La particolarità di questa tornata elettorale non si esaurisce nella parità di voti. Il comune ha registrato la presentazione di ben 25 liste, un numero sorprendente se rapportato alla popolazione residente. Di queste, 21 sono state promosse da agenti della polizia penitenziaria, provenienti da diverse regioni italiane. La motivazione principale risiede nella possibilità, per i membri delle forze dell'ordine, di usufruire di un mese di aspettativa retribuita per partecipare alla campagna elettorale, come previsto dalla normativa vigente.
Questa situazione ha sollevato un acceso dibattito a livello nazionale. L'ex parlamentare Gianni Melilla ha definito il fenomeno come un "comportamento scorretto permesso da una legislazione che non ha alcuna giustificazione", sottolineando la necessità di riformare le norme che regolano le candidature nei piccoli comuni. Melilla aveva già presentato in passato proposte di legge per abolire questo privilegio, senza però ottenere risultati concreti .
Il caso di Bisegna evidenzia una falla nel sistema elettorale italiano, dove la normativa, pensata per favorire la partecipazione democratica, può essere sfruttata per ottenere benefici personali, come l'aspettativa retribuita. La presenza massiccia di candidati non residenti rischia di distorcere la rappresentanza locale e solleva interrogativi sulla legittimità di tali candidature.