Calafati: vi spiego in che senso il turismo per l'Aquila è meno strategico dell'Università...

03 Ottobre 2012   10:02  

L'economista Antonio Calafati risponde alla critiche che hanno fatto seguito all'illustrazione dei contenuti della ricerca ''L’Aquila 2030 una strategia di sviluppo economico''.

''Lo studio promosso dal Ministro per la coesione territoriale, che ho coordinato, si propone, esplicitamente, come “uno strumento per pensare, come un ausilio ai processi decisionali”. Il punto di partenza di una discussione sul futuro economico del sistema urbano di L’Aquila;  un’occasione per precisare meglio, per contrasto, altre ipotesi interpretative, altre visioni e strategie, altri progetti.

Nello studio si formula l’ipotesi – molto contestata – secondo cui il turismo non diventerà un elemento fondamentale della base economica del sistema urbano di L’Aquila nei prossimi due decenni.

In termini più precisi, si argomenta che il settore turistico non potrà generare, nel sistema urbano di L’Aquila, un’occupazione aggiuntiva (rispetto a quella attuale) significativa, di 3.000-4.000 unità.

Non potrà, cioè, arrivare alla stessa dimensione che ha, ora, il settore manifatturiero di base – settore che rappresenta, comunque, una quota limitata della base economica di una città amministrativa come L’Aquila.

Come potrebbe, peraltro, nella lunga fase della ricostruzione del suo patrimonio storico-artistico, che è l’oggetto principale della fruizione turistica?

Nello studio si prende atto dello straordinario valore del patrimonio storico-architettonico di L’Aquila.

Ma, forse, Ferrara, Siena o Pisa non hanno un altrettanto straordinario patrimonio storico-architettonico?

Per non dire di Firenze o Bologna e di tante altre città italiane.

E vi è una sola di queste città nelle quali il turismo è diventato l’elemento fondamentale – o uno degli elementi fondamentali – della base economica?

Non è sufficiente questa constatazione per suggerire una riflessione sul ruolo del turismo nello sviluppo economico di L’Aquila nel prossimo decennio e oltre?

Nello studio si propone di riflettere sul ruolo economico del turismo anche da un’altra prospettiva, una prospettiva che non poteva non essere abbracciata in un esercizio promosso dal Ministro per la coesione territoriale: la prospettiva, appunto, della “coesione territoriale”; vale a dire, dello sviluppo degli altri micro-sistemi territoriali – molti di straordinario valore anch’essi – dell’area colpita dal terremoto.

Se l’Aquila è il punto focale di un sistema territoriale molto ampio non si può evitare – certo, non può evitarlo il Ministro per la coesione territoriale – di percorrere questo sistema muovendo dai suoi confini: da Castel del Monte, da Calascio o da Santo Stefano di Sessanio; da Fontecchio o da Tione degli Abruzzi e così via.

E, se si arriva a L’Aquila partendo da questi paesi o da uno degli altri centri minori del sistema territoriale di L’Aquila, la prospettiva si arricchisce, emergono aspetti nuovi della coesione territoriale.

Se arrivi a L’Aquila da uno di questi sorprendenti luoghi, quale altra possibilità di sviluppo – e di manutenzione del patrimonio fisico e dell’identità storica –, ti chiedi, essi hanno se non il turismo sostenibile?

E quanta parte del territorio dell’Abruzzo ha nel turismo sostenibile il più importante fattore di sviluppo – in molti casi integrato con l’agricoltura?

Gli straordinari valori ambientali e paesistici del sistema territoriale di L’Aquila dovrebbero essere fruiti a partire dal comune di L’Aquila?

Certo, si può immaginare, progettare che sia ciò che accadrà. Ma, poi, provate a immaginare che cosa resterà agli altri paesi del sistema territoriale. Quanto dovrebbe essere ampia la domanda di servizi turistici per soddisfare tutta questa offerta? Di quanto questa domanda dovrebbe crescere rispetto a quella esistente e sulla quale un’economia è già stata costruita? Perché il turismo in Abruzzo già c’è e il tema è di quanto debba (e possa) crescere ancora.

Il comune di L’Aquila ha accentrato le funzioni amministrative,  le funzioni commerciali di rango più elevato, la formazione, i servizi avanzati, l’industria.

E, infatti, non è restato nulla nel suo territorio di riferimento, che ha subito una drammatica riduzione della popolazione negli ultimi decenni.

E ora vorrà accentrare il turismo congressuale, il turismo religioso, il turismo dei campeggiatori, il turismo culturale, il turismo degli eventi.

Non sarebbe più opportuno – come si suggerisce nello studio – esplorare la possibilità che, almeno in parte, la fruizione della città di L’Aquila, dei suoi valori, avvenga partendo da questi paesi? Non sarebbe più opportuno – ed equo – decentrare l’offerta dei servizi turistici per dare una possibilità di sviluppo a questi luoghi?

Le città non hanno soltanto una vocazione ma anche delle responsabilità nei confronti del territorio sul quale si esprimono gli effetti delle loro scelte.

Come ha correttamente sottolineato l’OCSE nei suoi documenti preliminari, il “turismo sostenibile” è – e dovrà continuare a essere – un elemento importante dell’economia della Regione. Ma questa affermazione non può essere interpretata – e certamente non è scritto nei documenti che sono circolati – nel senso che tutti di sistemi locali dell’Abruzzo devono affidarsi al turismo.

Per ampie parti del territorio abruzzese – proprio per gli straordinari valori naturalistici e storici che incorpora (peraltro, riconosciuti da molto tempo e valorizzati con politiche pubbliche da molto tempo) – il turismo sostenibile è un elemento fondamentale della base economica, ma ciò non può valere per tutti i sistemi locali della Regione.

Le città hanno una vocazione e una responsabilità. L’Aquila è una città amministrativa e questa funzione è un dato di fatto, un portato della sua storia – e la manterrà. Ma L’Aquila dopo la nascita dell’Università, dei Laboratori del Gran Sasso e della formazione di un nucleo industriale di qualità è qualcosa di più di una città amministrativa.

È una città con un potenziale economico molto rilevante. L’Aquila ha, oggi, un capitale territoriale che le permetterebbe di diventare una città dell’università e della ricerca di rilievo europeo – di costruire su questo settore un pilastro fondamentale della sua economia del futuro.

Ha un capitale territoriale che le permetterebbe di seguire una traiettoria di sviluppo economico che nessun’altra città di dimensioni simili è in grado di seguire nel Mezzogiorno. L’Aquila ha la responsabilità di diventare ciò che altre città non possono diventare.

Nello studio si richiama questa responsabilità: la responsabilità di L’Aquila di utilizzare il suo capitale territoriale per “aggiungere” e non per “sottrarre” economie al territorio. La metafora proposta dall’OCSE “Sulle ali di L’Aquila” è molto bella.

Richiama le potenzialità di questa città, la sua possibilità di essere un motore dello sviluppo economico regionale, rimanda a ciò che L’Aquila può dare all’Abruzzo in termini economici nei prossimi due decenni.  E ciò che può dare lo può dare diventando una città dell’alta formazione, della ricerca, dell’innovazione di rilievo europeo e globale, come Pisa, Cambridge, Jena, Tubinga e così via.

Lo studio esplora questa ipotesi e la propone alla riflessione. Se, poi, si dimostra, discutendone criticamente, che questa interpretazione è sbagliata, abbiamo fatto tutti un passo avanti.

Se, invece, questa interpretazione diventa – come mi tocca leggere –  “un insulto alla città”, allora posso solo rispondere che ciascuno ha le proprie opinioni e anche il proprio stile (argomentativo).''

 


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