Camorra e 'ndrangheta nella ricostruzione dell'Emilia

11 Febbraio 2013   18:13  

Accade in Emilia. L'articolo di Giovanni Tizian  per il settimanale Espresso.

Emilia, i camion dei clan
di Giovanni Tizian

Lo smaltimento delle rovine dopo il terremoto è finito in mano ad aziende legate alla 'ndrangheta. Un affare gigantesco: migliaia di tonnellate di calcinacci portati via con i soldi pubblici, molti dei quali finiti alla malavita

I padrini delle macerie. Il primo step della ricostruzione post sisma in Emilia inquinato dalla presenza di imprese vicine alla 'ndrangheta. I camion di aziende vicine alle cosche dominano la rimozione delle rovine nei paesi colpiti dal terremoto. "L'Espresso" rivela l'allarme choc dell'Antimafia e dei gruppi investigativi interforze creati ad hoc per vigilare sulla ricostruzione. I primi dossier denunciano l'utilizzo massiccio di mezzi per il trasporto delle macerie intestati a imprenditori "vicini" alla mafia calabrese.

Le cosche del Crotonese sono quelle più attive al momento. E non hanno dovuto fare molta strada, da decenni hanno stabilito proprie basi operative proprio tra Mantova, Reggio Emilia, Modena e Bologna.

Fino a dicembre sono già state smaltite 242 mila tonnellate di calcinacci, travi, mattoni, cemento e legno: per portarle via sono stati necessari 14 mila viaggi. Molti dei mezzi coinvolti nell'operazione, però, apparterrebbero ad aziende legate alla ndrangheta, che da tempo ha investito nelle province devastate dal sisma. Nelle prime giornate dopo il sisma si pagavano anche cinquanta euro per ogni tonnellata rimossa, mentre da giugno le tariffe oscillano da dieci a venti euro per ogni mille chili.

Quello formulato dagli inquirenti è più di un sospetto. Il Girer, un comando interforze creato per vigilare sulla ricostruzione, e la neonata Direzione investigativa antimafia di Bologna stanno monitorando tutto il business delle macerie nelle tre province devastate: l'attenzione è concentrata soprattutto su quella di Modena, la più colpita e anche quella dove le cosche sono più attive.

L'analisi adesso si è focalizzata sui contratti assegnati dalla Aimag di Mirandola, un colosso delle municipalizzate che ha gestito quasi il 70 per cento di tutta l'operazione rimozione: si è occupata di far portare via oltre 160 tonnellate di detriti. Raramente ha agito con camion di sua proprietà: si tratta di un gruppo che si occupa di rifiuti e gas, senza strumenti per fronteggiare una simile emergenza. Così ha affidato la missione ad altre ditte che a loro volta hanno noleggiato i mezzi. Ed in questo meccanismo di affitti che si sono infilate le aziende ritenute vicine ai clan calabresi, gli specialisti del movimento terra nei cantieri.

Nel mirino degli investigatori, da quanto risulta a "l'Espresso", ci sono già due imprese. Entrambe fanno capo ad Antonio Tipaldi e alla moglie, incensurati con parentele di peso. Antonio è nipote di Pasquale Tipaldi, un imprenditore «affiliato alla cosca Arena». Gli Arena sono una dinastia potente, che da Isola Capo Rizzuto ha creato un impero criminale in Calabria, Emilia, Lombardia e Germania.

L'Aimag si è rivolta alla modenese Scaviter e alla mantovana Ge.Co., che hanno lo stesso procuratore e identico dirigente preposto alla vigilanza. Il 14 dicembre la prefettura di Modena ha negato alla Ge.Co. l'iscrizione alla White List, l'albo di fornitori e subappaltatori per la ricostruzione. «Sussistente e attuale il pericolo di infiltrazione mafiosa» che potrebbe condizionare le scelte della ditta per la «contiguità a esponenti della 'ndrangheta crotonese».

Scaviter e Ge.Co hanno mosso quasi 70 mila tonnellate di macerie. Metà è stata affidata ai camion della famiglia Tepaldi mentre una piccola quota, circa il cinque per cento, Aimag l'ha concessa alla Baraldi Spa, un nome di spicco in Confindustria dell'Emilia Romagna, anch'essa bandita dalla White List, con un provvedimento che segue l'interdittiva antimafia decisa dal prefetto di Modena un anno e mezzo fa.

Adesso il dossier raccolto dagli investigatori è sul tavolo della procura antimafia di Bologna, ma intanto quei camion continuano a lavorare senza sosta.

 


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