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Ci piace concludere la settimana lasciando la parola, o meglio la voce, ad Alessio Runci e Paolo Santini, ultimi testimoni di un'antichissima tradizione popolare abruzzese, il canto a braccio, ancora vivo nelle zone di Borbona e Amatrice.
Il canto a braccio è un aspetto tipico della società contadina. E' una vera e propria tenzone in ottava rima incatenata, come i versi di Tasso, Ariosto, Pulci, Dante e Omero, che i pastori, dall'alto della loro ignoranza, conoscevano anche a memoria, a differenza di molti assessori alla cultura.
" Non è difficile diventare cantore a braccio - ci ha spiegato Alessio nella serata di cui siamo stati testimoni al circolo Querencia dell'Aquila - bisogna solo imparare a pensare e sentire in endecasillabi e rime incatenate".
Il canto a braccio è un dialogo o una sfida, che trae forza soprattutto dall'improvvisazione. Ogni cantata è unica e non ammette repliche.
Bravura del cantore è quella di mettere in difficoltà l'avversario, suscitando ilarità e sorpresa, per l'arguzia o per la bellezza poetica della sua ottava. Il suo compagno di duetto deve riprendere l'ultima rima, e imbastire una nuova ottava. In un crescendo che arriva, a seconda del momento, alla poesia o al rifrego da cantina, generi comunque che trovano talvolta una lontana corrispondenza. Nel primo brano, che oggi vi proponiamo, Paolo e Alessio difendono due tesi contrapposte: il primo interpreta la parte del libertino, il secondo esalta la fedeltà coniugale.
Nel corso della prossima settimana la campagna elettorale ci farà assistere agli ultimi stanchi fuochi di artificio, prima del voto. Non è escluso qualche colpo basso, qualche sparata dell'ultima ora. Nulla di cui stupirsi, fa parte del gioco, delle regole metriche della politica.
La speranza è però che il candidato che vincerà le elezioni non se la suoni e se la canti, una volta diventato presidente e che possa imparare invece, dai nostri amici cantori, soltanto a mettere amore, sincerità e buon senso nelle parole e nelle opere.
FT
