Da alcuni giorni presso la Casa Circondariale di L’Aquila i poliziotti penitenziari facenti capo al quadro permanente sono stati oggetto di una vera e propria spoliazione in tema di diritto. Gli stessi, infatti, in virtù di una discutibile ed unilaterale presa di posizione della locale Direzione del penitenziario aquilano sono stati oggetto di un autentico “sfratto” rispetto a quanto è dato da riferirsi all’art. 18,c.4 della L.395/90 laddove è evidenziata per il personale del Corpo la facoltà di pernottare in caserma, a titolo gratuito, compatibilmente con la disponibilità di locali.
L’oggetto del contenzioso apertosi con la Direzione a mezzo attivazione dello stato di agitazione e sciopero bianco della fame consistente nella mancata fruizione della mensa obbligatoria di servizio e che alla S.V. viene messa a conoscenza è da ricondurre allo stravolgimento numerico dei posti letto che si è avuto a seguito dell’attivazione di lavori di riattazione dei locali fino a poco prima di allora nella disponibilità di tutti.
La medesima Direzione senza che abbia minimamente coinvolto le organizzazioni sindacali di settore( almeno noi della UIL mai abbiamo ricevuto una convocazione per discutere nel merito) ha provveduto, infatti, a dare seguito ad una richiesta di ristrutturazione della locale caserma agenti che, seppur ha restituito una migliore vivibilità in termini di salubrità, non ha fatto che ridurre i posti letto preesistenti e gettato nel caos più totale le aspettative di tutto il personale di polizia penitenziaria ( alcuni di loro provenienti finanche dalla non vicina Puglia) e che fino ad allora aveva potuto contare proprio sul disposto dell’art.18 sopra evidenziato.
Il tutto è avvenuto ad esclusivo “vantaggio” degli addetti di cui al Gruppo Operativo Mobile i quali, proprio in virtù della priorità che hanno (gli stessi sono ivi comandati in regime di missione) nella rassegnazione dei posti stessi. Chi ci rimette, invece, sono quelle persone che non solo hanno potuto sempre contare in un alloggio presso la caserma ma lo ha fatto dando prova di fedeltà alla causa aquilana rinunciando finanche ad essere trasferiti vicini alla loro terra di origine.
La Uil a dir la verità era a conoscenza della questione e non Le nascondiamo che temevamo uno “sgambetto” da parte dell’Amministrazione penitenziaria. Purtroppo, anche se fino all’ultimo speravamo non accadesse, lo “sgambetto” è puntualmente arrivato. Con sgomento, infatti, nei giorni scorsi abbiamo appreso della politica di “sfratto” che la Direzione del carcere dell’Aquila ha praticamente adottato nei confronti del “suo” personale di polizia penitenziaria.
Ill.mo Dr. Linardi quello al quale ho assistito nei giorni scorsi, nel momento in cui mi è pervenuta la nota indirizzata a tutta la polizia penitenziaria del quadro permanente ad esclusione, quindi, di quello facente capo al GOM (Gruppo Operativo Mobile) e vertente sulla nuova politica di assegnazione degli alloggi all’interno del contesto carcerario, è stato il peggiore atto amministrativo che abbia mai potuto verificare nella storia sindacale che mi riguarda.
La nota che ovviamente non potevamo che rimandare al mittente , accompagnandola con la pronta attivazione dello stato di agitazione di tutto il personale, crediamo fermamente butti fango addosso a chi, con spirito di sacrificio ed innata abnegazione ha offerto e tuttora lo fa “sangue” pur di non far mancare il proprio contributo alla causa di un carcere tra i più pericolosi d’Italia ed al cui interno, lo ricordiamo, sono ristretti circa 170 detenuti di cui al regime speciale del 41 bis. Quel personale che come Le dicevo finanche dalla non vicina Puglia assicura il proprio contributo, addirittura accettando di non trasferirsi nella propria terra pur di consentire che un siffatto penitenziario potesse far leva sulla esperienza maturata in tantissimi anni di applicazione, si vede praticamente chiudere la porta in faccia. Cosa ancor più grave è che questa azione parte da un’Amministrazione che bene invece avrebbe fatto a “coccolarseli” i suoi uomini piuttosto che mandarli, attivando la convenzione C.A.S.E. col Comune dell’Aquila ( che a questo punto paradossalmente conviene ai poliziotti sloggiati in mancanza di sufficienti alloggi collettivi), fuori il perimetro carcerario privandosi, conseguentemente, del loro pronto intervento nel qual caso in un istituto di tale portata ci fosse stato bisogno del loro contributo.
Egregio Sig. Prefetto converrà con lo scrivente che si può anche accettare l’idea che per un pò di tempo si debbano fare sacrifici per consentire il restauro di un ambiente che faceva pietà; tuttavia di lì a stravolgere la vita dei colleghi rivedendo la ridistribuzione degli alloggi in maniera così scriteriata e a tutto vantaggio del GOM proprio non va giù. l’Amministrazione penitenziaria, altresì, ha fatto molto male a prevedere una diversa soluzione salvaguardando l’interesse dei propri dipendenti e per due ordini di motivi legati alle opzioni date agli “sfrattati” vale a dire o restare all’interno del perimetro carcerario facendo leva su alloggi demaniali il cui costo addirittura potrebbe superare il costo di un affitto esterno ( qualora infatti fosse solo uno a chiedere l’utilizzo di un alloggio demaniale si ritroverebbe a dover pagare fino a 560 euro mensili) oppure optare per il progetto C.A.S.E. che non solo renderebbe più oneroso il contributo richiesto ai baschi blu rispetto a quello previsto per i soli 4 alloggi collettivi( per questi ultimi il canone mensile non supererebbe quota 67,00 euro) ma li allontanerebbe dal carcere e quindi da un loro potenziale utilizzo in caso di sommosse, rivolte e/o eventi disastrosi quale potrebbe essere ad esempio un terremoto.
Nel frattempo è arrivata ai massimi livelli la rabbia dei poliziotti defraudati del loro diritto a vivere facendo perno sulle direttive emanate dalla legge di riforma 395/90. Gli stessi come la UIL, arrivati a questo punto, si chiedono che senso ha mantenere l’aliquota del GOM che di fatto occuperà tutti gli spazi della caserma prima in grado di ospitare tutti, compresi gli agenti del quadro permanente, se molti dei servizi facenti capo alle esigenze del circuito speciale del 41 bis sono coperti proprio da chi in malo modo è stato “cacciato” dalla sua camera in caserma. Ergo…che senso ha avere ancora un circuito del genere se poi è chi si spende con innato sacrificio a pagarne le conseguenze?
Premesso quanto sopra si chiede, consapevoli della Sua innata vocazione alla garanzia del diritto altrui, un personale interessamento alla causa e l’attivazione di un tavolo volto a ricercare una soluzione condivisa sulla delicata vicenda.